Avvolta dal silenzio assordante e innaturale di questi giorni, osservo la mia città da dietro un paio di occhiali diversi, che ne mette in risalto tutta la sua ammaliante bellezza con un contrasto stridente tra i colori cangianti e vividi di una luminosa primavera ed il buio fitto ed amaro di una lotta estenuante verso un nemico occulto e aggressivo che ha stravolto il pulsante ritmo vitale di tutti, in un percorso a ostacoli in cui si brancola disorientati tra continue incognite, nell’attesa di un segno tangibile di speranza e di riscatto.
L’abituale, festoso brulichio della città che si è sempre preparata ad accogliere e festeggiare la Pasqua con rituali e tradizioni che si ripetono ogni anno, cede oggi il passo ad una dimensione di letargo in cui sembra che gli spazi temporali abbiano perso la loro identità, assorbiti da una spirale di sospensione, in cui serpeggiano dubbi e paure e dove forse l’unica cifra che ci accomuna veramente è l’attesa.
E se proliferano rituali magici, catene augurali che spopolano sul web, una fede religiosa che sembra consolidarsi nell’attesa di un evento miracoloso e soprannaturale che metta la parola fine al dramma che ognuno di noi sta vivendo, bisogna anche dire che il popolo napoletano tutto sta dando una grande prova di dignità e maturità, con la rinuncia corale a tutte quelle piccole grandi abitudini, talvolta anche vagamente anarchiche, che lo hanno da sempre caratterizzato, in un impegno comune e solidale a darsi una mano a vicenda, per venir fuori dalla più grande ed inattesa pandemia dell’era digitale.
Quello che sarà il dopo non si riesce ad ipotecare, ma certamente niente sarà più come prima, per la cicatrice profonda che questa pagina lascia in ognuno di noi, con la tristezza delle tante vite umane perse, con le difficoltà economiche che già si fanno sentire e con le nuove regole di distanziamento sociale che per lo meno all’inizio si renderanno ancora necessarie.
Mi mancano in queste ore le abitudini di sempre, la puntata alla fabbrica di cioccolato per acquistare pensieri Pasquali, mi manca il caos disordinato delle vie del centro ed il traffico impazzito nelle ore di punta… Mi manca soprattutto quell’energia vitale che rende brioso ogni angolo della mia città, mi mancano gli odori di fiori d’arancio delle pasticcerie che si preparavano già una settimana prima di Pasqua a confezionare pastiere, mi mancano gli aromi delle fresie e dei fiori primaverili, mi manca soprattutto la libertà di poter disporre del mio tempo e dei miei spazi.
Oggi Napoli, bellissima cartolina dai colori brillanti ed intensi, vive il suo momento di dolore e di ripiegamento, come una delle tante città desertificate del nostro territorio alle prese con un’emergenza drammatica ed inattesa. Ma certamente dal silenzio ovattato di queste ore sospese verrà fuori da parte di ognuno di noi una consapevolezza diversa che ci farà accettare il rombo assordante dei motorini e gli schiamazzi notturni di giovani e adolescenti con uno spirito nuovo, quando il chiasso di sempre tornerà ad impadronirsi delle vie del centro e il suono lacerante delle sirene delle ambulanze sarà sopraffatto dal rumore della vita che ritornerà a farsi valere.
(Annella Prisco)