Come per i giornali, in Italia esiste un problema: non esistono, o sono pochi, gli intellettuali indipendenti. Non perchè non ci siano le condizioni per esserlo, ma perchè gli intellettuali in Italia aspirano ad altro e cioè al consenso popolare, all’applauso, che forse è l’unica cosa dalla quale un intellettuale dovrebbe rifuggire. Nessuno meglio di Bertrand Russell ha espresso questo concetto: “Per tutta la vita ho provato il desiderio di sentimi all’unisono con grandi masse di uomini, come deve essere per chi fa parte di una folla entusiasta. Il desiderio è stato spesso così forte da indurmi ad ingannare me stesso. Sempre l’intelletto scettico, quando più avrei desiderato che tacesse, ha mormorato i suoi dubbi, mi ha tagliato fuori dai facili entusiasmi e mi ha trasportato in una solitudine desolata. Durante la guerra, pur collaborando con quaccheri membri del movimento della resistenza passiva e socialisti, pur essendo pronto ad accettare l’impopolarità e le noie che sempre accompagnano chi sostiene attivamente opinioni non gradite a tutti, non esitavo dal dire ai quaccheri che, secondo me, molte guerre storiche sono state giuste e ai socialisti dicevo che temevo l’instaurazione della tirannia dello Stato. Gli uni e gli altri mi guardavano di traverso e, pur accettando il mio aiuto, non mi consideravano uno di loro” (Autobiografia, pp.51-52, vol 2).