La vicenda della liberazione della cittadina italiana Silvia Romano ha rubato la scena al Covid 19 e preso il posto sui Media degli infiniti articoli a lui dedicati, dei proclami dei saccenti tuttologi e dei bollettini di Guerra delle 18 della Protezione Civile. Certo un po’ di aria fresca ci voleva, ma purtroppo quella arrivata con le folate africane, odora di miasmi fognari. Come da copione, si sono sollevate le fazioni pro e contro, come sempre i duelli sui social si sono scatenati tra odiatori seriali e patrioti da salotto, ognuno latore tanto di inesattezze, quanto di alcune verità; da nessuno ho però visto arrivare una valutazione onesta e senza partigianerie dell’accaduto. C’è chi ha scritto che si sono sollevate polemiche perché la fanciulla è diventata muslim, altri perché non era livida ed emaciata, perché si è sposata, forse incinta, altri perché non ha chiesto scusa, non ha ringraziato il Governo e i cittadini, altri perché è stato pagato un riscatto, in barba alle difficoltà del popolo in emergenza pandemia etc. etc. Insomma nessuna trattazione oggettiva. La questione, per sua natura, si presta ad essere cavalcata da ogni fazione e attaccata da ogni scontento-livoroso-opinionista-della-domenica, ma quali sono i fatti veri? In puro rigore giornalistico, cosa è accaduto, con tanto di luci ed ombre?
Provo ad esporre i dati raccolti qua e la da fonti attendibili.
Silvia Romano si reca in Africa il 5 novembre 2018 con la lodevole intenzione di cooperare con le no profit locali, legate alla associazione di Fano Onlus Africa Milele (che pare sia legata a personaggi dalla fedina penale grigia, in debito con la Giustizia italiana, rifugiatisi in Kenia), sicuramente affascinata dal lavoro o dallo studio all’estero (peccato che l’Africa non sia l’Irlanda e credo che la pianificazione del viaggio non sia stata delle migliori, poiché l’organizzazione non ne ha garantito la sicurezza, mandandola allo sbaraglio) e atterra nella terra dei Masai. Pare che la ragazza viaggiasse con un visto turistico e non come cooperante segnalata dalla stessa onlus alla Farnesina, quindi non con un ruolo ufficiale. Quale il suo compito? Aprire una ludoteca in Kenia, dove far giocare i bambini del posto: bizzarra idea, se posso aggiungere; quel continente ha bisogno di tecnici altamente specializzati, medici, chimici, agronomi, formatori, i bambini africani hanno bisogno di vaccini, farmaci, scuole, acqua e sono capaci a divertirsi da soli, con quel niente che hanno, al contrario dei nostri bambini annoiati, che necessitano di stimoli continui; trovo piuttosto inutile una attività di questo tipo. Mi scuso, ma il dubbio che si sia scambiata la periferia di Malindi per un luogo ameno da fotografare e in cui farsi fotografare, seppure mossi da lodevoli intenzioni, è forte.
A questo punto inizia l’attività di Silvia a Chakama, che teoricamente non è in zona rossa, cioè altamente pericolosa, ma è comunque luogo non idoneo agli europei, dove il 20 novembre viene rapita dalle milizie di Al Shabaab, le terribili squadre di islamisti che seminano il terrore anche nella vicina Somalia.
A tal proposito si può obbiettare che siano state commesse leggerezze sia sulla necessità di una operazione di questo tipo, la ludoteca, sia riguardo ai livelli di sicurezza che si potevano garantire alla ragazza, tant’è vero che è stata rapita senza alcun problema, cosa che i genitori di Silvia sostengono e che credo produrrà una causa risarcitoria nei confronti della Onlus; sarebbe stato meglio non si trovasse li…
Dopo il rapimento è ovvio che lo Stato Italiano doveva fare tutto il possibile per liberarla, ogni cittadino deve essere tutelato, anche se questo atteggiamento stimola i rapitori a continuare nelle loro illecite attività. Ricordo che negli anni ’70 lo Stato Italiano promulgò una legge terribile, che congelava i beni delle famiglie dei rapiti, non perché insensibile alle loro sofferenze, bensì per non creare una vera e propria economia del riscatto e quella scelta terribile fu vincente, portando a conclusione quella stagione di nefandezze. Nel sequestro di Silvia è stato quasi certamente pagato un riscatto, che purtroppo finanzierà il terrorismo islamico e arrecherà dolore a molti, cerchiamo di non prestare il fianco a questi scellerati, andando in giro come cappuccetto rosso nella savana… Su questo argomento ho comunque letto commenti inqualificabili del tipo: “con quei soldi si potevano pagare sussidi alle famiglie in crisi per la pandemia!” Ma per favore, di sicuro quei quattro milioni di euro, che pare siano stati pagati, non spostano di una virgola la situazione economica degli Italiani, argomento non ammissibile in questa trattazione.
Capitolo rientro, Silvia è scesa dall’aereo dell’Intelligence italiana con la sua palandrana verde, chiaramente simboleggiante la sua recente conversione, non con una divisa dell’Aise, come sarebbe stato opportuno, piuttosto rotondetta e sorridente; forse nell’iconografia del rapito doc ci devono essere volti tumefatti o quantomeno scavati, sofferenza e segni tangibili dei mesi di prigionia, qui invece abbiamo trovato una giovane donna che ha cercato di sopravvivere ad un fatto brutto, e ce l’ha fatta. Questa mancanza di palese strazio fisico ed emotivo ha fatto scatenare gli odiatori professionisti, che sono arrivati persino ad augurare alla poverina morte e malattie. Partendo dal presupposto che se fossi stata al Governo, avrei accolto Silvia con meno platealità, in maniera defilata, proprio per non attirare troppa attenzione su un fatto ancora da definire nei suoi particolari; aggiungo che poiché siamo in una costante campagna elettorale, all’aeroporto sono arrivati Conte e Di Maio in pompa magna e mascherina tricolore d’ordinanza e sono stati piuttosto snobbati dalla fanciulla. Ecco Silvia, questo non mi è piaciuto. Non dico che dovessi sciorinare una serie di ringraziamenti fiume, ma poiché il costo delle trattative dei 18 mesi, del tuo recupero e del riscatto li abbiamo pagati noi cittadini, almeno un grazie alle Istituzioni e al popolo italiano ci sarebbe stato bene; invece ci hai praticamente ignorati e sei corsa dalla tua famiglia, a favore di telecamera.
Capitolo conversione, altra faccenda spinosa; premettendo che se mi fossi trovata nella condizione di Silvia, credo mi sarei convertita anche allo Zoroastresimo, nessuno deve sollevarsi se sostengo che un dubbio di Sindrome di Stoccolma ci sia. Le condizioni fisiche e psicologiche di una prigionia durata oltre 500 giorni devono essere devastanti, per uscirne sani si cerca di fare forza su tutte le risorse che si possiedono e non c’è nulla di male, se in questo percorso di salvaguardia fisica e mentale, ci si converta al credo dei propri aguzzini, che si arrivi persino ad amare uno di loro; vedremo solo sulla lunga distanza se la conversione è vera, sentita o se è stata frutto di condizionamenti pesanti. Qualunque sarà la scelta di Silvia in proposito, attiene comunque alla sua sfera personale, ma che nessuno si scandalizzi se ora la ritengo non del tutto libera.
Cosa posso aggiungere per chiudere la mia disanima? Posso dire che le vittime non hanno sempre ragione a prescindere, solo perché sono tali, che le azioni vanno ponderate per quel che sono, che alcuni luoghi del Mondo non sono per i paladini della peace and love, che la realtà è molto diversa dal sogno di un mondo giusto e per tutti, e che all’idealismo giovanile andrebbe affiancata una buona dose di realismo, che eviterebbe alle vittime i patimenti, allo Stato i costi e priverebbe gli urlatori dal fiato mefitico, di vomitare cattiverie. Bentornata Silvia.