Dario Franceschini, preoccupato per la Ue che conta meno di zero, s’è lambiccato il cervello. Insonne ed ansioso ha ricercato, studiato, rielaborato, sino a partorire la proposta di legge decisiva per mettere in ginocchio la Federazione russa, azzittire Elon  e far rinascere più lucente che pria il Vecchio Continente.

Dario ha scoperto che l’ostacolo da abbattere è il deleterio andazzo di assegnare il cognome del padre, presunto cornuto seriale, ai neonati.

Il cognome del cornutazzo rimanderebbe, infatti, al reazionario pater familias, il gerarca fascistone che lanciò la moda del manganello patriarcale e della marcia nuziale anormale, nientemeno che tra un maschio ed una femmina, su Roma.

Per umiliare Vladimiro ed innalzare Ursula, riducendo, inoltre, a stracci gli Stati Uniti di Donald,  basterà dare ai figli un solo cognome: quello della madre, benché sia anch’esso maschilizzato, originando dal nonno.

Di talché, per evitare ogni traccia di mascolinità, bisognerebbe risalire sino ad Eva, che, però, non aveva casato… un gran bel problema.

Di sicuro resta solo il babbo geneticamente più becco di un arbitro di calcio.

Del resto, in pieno patriarcato fu coniato il profetico detto: Mater semper certa, pater nunquam.

A riprova che il cattocomunista Dario ha neuroni europeisti, ad avvalorare la sua alzata d’ingegno v’è la dolorosa Exceptio plùrium concumbèntium, estremarisorsa giudiziaria per coniuge di moglie infedele:

«Dato per certo che non sono il solo a godere delle tue grazie,  esimia consorte cer-bottana, il nascituro potrebbe non essere mio».

Se Franceschini chiedesse alle proprie euromeningi un altro sforzo, come quello prometeico degli euromentecatti che imposero il tappo salvapianeta attaccato alla bottiglia, potrebbe giungere alla conclusione più femminista possibile: chiamare, con apposita cerimonia ecosostenibile, i nuovi nati con la sigla NN (Nomen nescio), affrancando finalmente la donna dal retaggio patriarcal-troglodita d’essere addirittura una potenziale genitrice.

Per raggiungere la vetta delle fatiche di Sisifo, Dario potrebbe delegare l’ardua questione alla sapienza delle nonne, ad esempio a Nonna Papera, che, senza problemi, li battezzerebbe tutti Qui, Quo, Qua.

                           *****

Iosif Stalin è vivo e lotta con noi, in quel di Verona e non solo.  In una moderna e progressiva scuola media la disciplina più importante, tanto da dipingerne le scale, è l’ideologia gender. Un ragazzo di 13 anni, davanti a quella scala trasfigurata in pagliacciata dai colori dell’orgoglio omosessuale, s’è rifiutato di partecipare, evitando di mettere piede sui gradini arcobalenati. La passerella, però, era obbligatoria, essendo abolito, in nome di Sodoma libera in libero Stato, il vetero viziaccio del libero arbitrio. Non solo, il tredicenne con pacatezza espresse pubblicamente il proprio punto di vista: «Non condivido le idee del movimento Lgbt».

Il ragazzo, dunque, s’è così dimostrato deviazionista antipartito, nonché sabotatore del piano quinquennale del Cremlino iridato, peggio di un trockista-bordighista o di un bucharinista.

Il Politbjurò della scuola ha, ipso facto, condannato il pericoloso ragazzino, esponendolo al pubblico ludibrio: nota disciplinare e l’ accusa di  “omofobia”. Infine, il tredicenne al soldo dello sporco capitalismo è stato costretto a salire sui gradini sessuati, per rendere coatto onore alla grandezza della dittatura dell’ellegibitariato.

Non so se il tredicenne dissidente verrà internato nel carcere duro, spedito in un Gulag, fucilato od impiccato in aula magna, certo è che, purtroppo, non somiglia affatto a Pavlik Trofimovič Morozov, l’eroico bambino sovietico che denunciò il padre all’Nkvd, per dimostrare che la fedeltà al partito comunista viene prima di tutto, anche dell’amore e del rispetto dei genitori e di se stesso.

Il leggendario Pavlik, invero, ritenuto causa della fucilazione del babbo, fu poi sculacciato a morte dai nonni, famigerati nemici del popolo. Tuttavia, Morozov rimane il faro e l’emblema della pedagogia lenin-genderista praticata nella biodinamica scuola veronese.

                                   *****

Il parlamentare del Pd, Stefano Esposito,  è stato vittima di malagiustizia, sette anni di sofferenze, esistenza e dignità distrutte, scaricato financo dai forcaioli compagni di partito, e, alla fine dell’Odissea, prosciolto.

Invero, gli poteva capitare di peggio nella poliziesca Polonia di Donald Tusk, dove i magistrati nominati durante la dittatura bolscevica del generale Wojciech Jaruzelski pare siano soliti interrogare a morte anche le persone non indagate, ma soltanto informate dei fatti. Il cuore di Barbara Skrzypek, ad esempio, dopo 5 ore di quel tipo d’interrogatorio cessò dopo poco di battere, altro che la quisquilia delle 500 intercettazioni illegali subite da Esposito.

Essendo persona perbene e garantista, Alfredo si sarà congratulato con l’emerita sezione disciplinare del Csm, il covo innocentista, che non ha cacciato seduta stante dalla magistratura il Pm che “violò tutto il violabile” e la Gup che avallò gli illeciti del collega.

Il primo, Gianfranco Colace, è stato condannato, si fa per dire, alla durissima tortura del trasferimento da Torino a Milano, dove, invece, che nel penale farà rispettare la dura lex come giudice civile. Supererà mai il trauma di quell’infinito percorso di 150 chilometri di autostrada (con gli interminabili 90 minuti d’automobile), invero, assai più gravoso dei miserrimi sette anni di triboli patiti da Esposito? 

90 minuti persi dal faraone valgono, infatti, non 7 ma 77 anni del suddito.

La seconda, Lucia Minutella, è stata sanzionata con la censura, l’atroce buffetto sulla guancia accompagnato dal monito “Prometti, cara, che non lo farai mai più?”.

In tutte le altre attività umane chi semina vento raccoglie tempesta, ma all’interno della casta togata vige la tutela corporativa e il detto appositamente corretto:  Errare humanum est, perseverare autem… angelicum.

Il corporativismo non è acqua. Lo comprese perfettamente Benito Mussolini che istituì la Camera dei fasci e delle… Corporazioni, i cui epigoni si ritrovano nell’Italia antifascista, nata dalla Resistenza al… Diritto ed all’equità, come addetti a preservare l’intoccabilità della divinità togata, quand’anche rovini la vita ai non colpevoli.