L’incontro DIRITTI UMANI E FRATELLANZA, UN CONFRONTO TRA DIRITTO CANONICO, SHARI’AH E HALAKHA che si è tenuto martedì 9 gennaio al centro culturale DAR Al-HIKMA, è stato interessantissimo ed estremamente utile. I relatori ed i contenuti espressi hanno fornito la chiara idea, direi tangibile, che nella profonda diversità delle forme di credo rappresentate, vi siano altrettanto profondi punti di convergenza nelle finalità ultime del sentire religioso. Nella sala conferenze di fronte a giornalisti, addetti ai lavori e cittadinanza hanno dimostrato che le religioni:
- si comprendono e si rispettano reciprocamente
- si pongono domande e si danno risposte intellettualmente consapevoli sul modo appropriato di interagire in una società secolare che cambia velocemente
- nelle rispettive dottrine contengono i precetti laici dei diritti/doveri Universali dell’Uomo
In questo caso si trattava di Cristianesimo Cattolico, Ebraismo ed Islam, ma si potrebbe assistere ad atmosfere del tutto analoghe in incontri interconfessionali che coinvolgono anche moltissime altre realtà minoritarie o molto più recenti. Fatto sta che nella parte finale, dedicata agli interventi da parte del pubblico, una persona – tra il serio e il faceto – si è detta “dilaniata” nell’assistere a tutto ciò, poiché di fronte a sé aveva sperimentato una realtà completamente diversa da quella che si sarebbe immaginato al punto da chiedere ai relatori se fosse tutto vero.
Mi sarei sentito di rispondere, ma ci ha pensato uno dei relatori, confermando. Al tempo stesso avrei voluto a mia volta intervenire, ma il tempo era ormai scaduto e forse la mia era una riflessione personale piuttosto che una domanda, partendo però proprio dalla curiosa affermazione di chi si è sentito “dilaniato”. Da cosa nasce questo sentimento di contrasto interiore? A mio modo di vedere è mosso dall’ossimoro “guerra-religione”. Siamo così abituati a sentir parlare di guerre di religione, di guerre religiose, di motivazioni religiose dietro attacchi terroristici che le due parole sembrano viaggiare in simbiosi.
Questa “figura retorica che consiste nell’unione sintattica di due termini contraddittori, in modo tale che si riferiscano a una medesima entità” [Enciclopedia Treccani Online] è stata detta, scritta, ripetuta così tante volte, in così tante occasioni dolorose che si è “incistata” nelle nostre menti divenendo, appunto, una stessa entità: guerra e religione, un tutt’uno. Un bel prodotto tecnico della “propaganda”. Non è l’intento di questa personalissima riflessione analizzare i motivi, o meglio, i moventi di tale propaganda, ma semplicemente l’analisi di un qualcosa che è tanto evidente quanto sconcertante. L’autentica essenza pacificatrice delle religioni è stata quasi cancellata dall’opinione pubblica attraverso la ripetizione frastornante di questo ossimoro.
Se volessimo fare un paragone, sarebbe come attivare una campagna diffamatoria nei confronti della scienza, scrivendo “scienza assassina” ad ogni colpo di pistola che viene sparato per uccidere; ad ogni esperimento atomico ai danni di terre, piante e animali; ad ogni persona che si toglie la vita assumendo barbiturici; ad ogni paziente morto per cause iatrogene. Non inizieremmo a stare alla larga dalla “scienza” se quasi tutto ciò che ci venisse detto, ripetuto, insegnato, non fosse altro che questo? Non inizieremmo a dire che tutte le scienze sono distruttive e che sarebbe meglio non insegnarle più a scuola? Che le scienze sono dannose per l’umanità e che sono nella migliore delle ipotesi “oppio dei popoli”?
La scienza è il tentativo dell’essere umano di avere ragione delle forze materiali e degli elementi per favorire la propria e altrui sopravvivenza.
Se però qualche individuo o gruppo di individui utilizza le conoscenze acquisite per conquistare altri esseri umani o i possedimenti e i territori di altri esseri umani, ecco che la scienza diventa uno strumento distruttivo. La religione è il tentativo dell’essere umano di comprendere gli aspetti che vanno oltre le forze e le questioni umane materiali per favorire la propria e altrui sopravvivenza.
Se però qualche individuo o gruppo di individui utilizza la grande forza catalizzatrice ed estetica della religione per conquistare altri esseri umani o i possedimenti e i territori di altri esseri umani, sta usando strumentalmente il nome di quella religione.
In conclusione in qualsiasi modo la si voglia propagandare, non c’è motivo davvero religioso che possa portare a guerra, violenza a tentativi di sopraffare. Se c’è violenza, guerra, sopruso, tentativo di sopraffare la religione è la prima cosa ad essere stata violata dalle intenzioni alterate di qualche criminale. Le barbarie nella storia e nell’attualità sono frutto di criminali capaci, purtroppo, di usare scienza e religione per i propri fini di prevaricazione. Non lasciamo che la loro confusione entri nelle nostre menti e ci faccia credere ciò che non è. Ciò che ho potuto osservare una volta di più durante questo incontro è che la religione è sinonimo di pace.
Le persone di fede, quando si attengono sinceramente agli insegnamenti dei rispettivi fondatori comunicano in una lingua universale e agiscono in una armonia che trascende le differenze dottrinarie al punto che la pace, anziché apparire un miraggio che si allontana ad ogni passo che compiamo, diventa un concetto chiaro e ripetibile quanto la legge di gravità.
Giuseppe Cicogna
membro del Coordinamento Interconfessionale NOI SIAMO CON VOI
vicepresidente di FEDINSIEME ApS
portavoce della Chiesa di Scientology (Piemonte occidentale, Valle d’Aosta, Liguria)