La Paravia, storica libreria del centro di Torino, ha chiuso gettando nello sconforto molti esponenti della cultura e nostalgici del tempo che fu. Non è un caso isolato, la crisi dei negozi di libri è sempre più profonda e merita una riflessione. È opinione comune che il libro sia la forma di cultura massima e l’enciclopedia quella che fa più arredamento. Ma sono le librerie a fare cultura? O è piuttosto la lettura in senso lato? Dall’ultimo rapporto dell’AIE, la cui si

La Paravia, storica libreria del centro di Torino, ha chiuso gettando nello sconforto molti esponenti della cultura e nostalgici del tempo che fu. Non è un caso isolato, la crisi dei negozi di libri è sempre più profonda e merita una riflessione. È opinione comune che il libro sia la forma di cultura massima e l’enciclopedia quella che fa più arredamento. Ma sono le librerie a fare cultura? O è piuttosto la lettura in senso lato? Dall’ultimo rapporto dell’AIE, la cui sintesi è consultabile a questo link,

https://www.aie.it/Portals/_default/Skede/Allegati/Skeda105-4499-2019.10.16/Rapporto%202019_La%20Sintesi.pdf?IDUNI=h5uqveohkvq4s0cdcz3wb2iq6208

si evidenzia che il settore del libro, nel suo complesso, sta riemergendo dalla crisi, avendo superando i 3,1 miliardi di euro. Nonostante l’Italia rimanga fanalino di coda in Europa per indice di lettura. Se la torta cresce, e potrebbe farlo molto di più, le fette però si redistribuiscono: l’e-commerce arriva al 24% mentre le librerie scendono al 69% del mercato e la GDO al 7%. Tra le librerie però, si fanno largo le catene che con il 45% doppiano le indipendenti a conduzione familiare, ridottesi ad un modesto 24%. Il problema non è quindi la crisi del settore editoriale, semmai il cambiamento del commercio al dettaglio. Di tutto il commercio al dettaglio. Le possibilità enormi date dalle vendite on-line, catalogo e magazzino sterminato, disponibilità rapida, consegna a domicilio, scontistica determinano un cambiamento epocale. Nel film The social network, un esaltato Sean Parker (fondatore di Napster) si vanta con Marc Zuckerberg ed Eduardo Saverin (fondatori di Facebook) di aver cambiato per sempre il modo di distribuire la musica. Saverin gli obietta che hanno vinto le major discografiche e Napster è stato chiuso. La risposta è fulminante: «Sì certo, in tribunale hanno vinto loro. Eduardo, vuoi aprire un negozio di dischi?». Avete ancora negozi di musica sotto casa? Li rimpiangete? La musica è morta per questo? Certo il vecchio droghiere che vendeva di tutto un po’ era una gran brava persona e ci spiace non avere la sua presenza rassicurante, ma il cambiamento è ineluttabile.

Nel futuro i negozi non moriranno, si trasformeranno da rivendite a showroom. Vetrine in cui vedere i prodotti, toccarli con mano, provarli, quindi ordinarli e farli arrivare a casa. Le concessionarie sono già così da sempre. Le filiali bancarie lo stanno diventando. Ricordo bene quando dovevo fare mezzora coda, in orario di sportello, per avere banale estratto conto, adesso ce l’ho sempre in tasca con due click. Alla faccia della nostalgia. Su altre categorie di prodotti, il catalogo è talmente vasto che averlo in negozio è impossibile o antieconomico per le piccole dimensioni, penso a giocattoli, ferramenta, bricolage, articoli per la casa ed anche libri. Per Natale, la mia anziana mamma ha espresso il desiderio di leggere un libro sulla vita di Sant’Agostino. Dopo svariate settimane di infruttuosi tentativi in libreria, anche ordinandolo, si è arresa ed ha chiesto a me. Dopo dieci minuti, l’ho trovato on line, in un paio di giorni mi è arrivato a casa. Con buona pace di quanti sostenevano che le librerie hanno ricchi cataloghi, mentre la grande distribuzione faceva cream skimming, vendendo solo best seller. Con questa argomentazione hanno preteso la legge Levi (128/2011) che vincola gli sconti al 15% sul prezzo di copertina. Oggi si pensa di abbassare questo limite dal 15% al 5%, in aperto contrasto con il principio di libera concorrenza. Quando esiste una domanda pagante che rimane insoddisfatta, in gergo economico, si parla di fallimento del mercato. Davvero si vuole che lo Stato si faccia garante di questo fallimento, a detrimento della libertà dei cittadini consumatori? L’illusione poi, è che la clientela vada on line solo per lo sconto e, togliendolo, torni in libreria. Sbagliato. La clientela va on line per ottenere un servizio nettamente superiore. Togliendo lo sconto, andrà comunque on line, a tutto vantaggio proprio dei siti di e-commerce che venderanno gli stessi libri ad un prezzo pieno, incrementando così i profitti. Meglio sarebbe togliere del tutto il limite, abrogando la legge Levi.

Se le librerie vogliono sopravvivere, devono adeguarsi ai tempi, trasformandosi da semplici rivendite a fornitori di servizi attraenti. Spiace dirlo, ma non sono più i soli consigli del libraio a fare la differenza, data la quantità di classifiche, recensioni e commenti che si trovano on line. Se non sapranno trasformarsi in qualcos’altro, luoghi di incontro, di dibattito, di lancio, o perché no, caffetterie, il loro destino sarà segnato. Non per questo moriranno i libri, né la lettura.

ntesi è consultabile a questo link,

https://www.aie.it/Portals/_default/Skede/Allegati/Skeda105-4499-2019.10.16/Rapporto%202019_La%20Sintesi.pdf?IDUNI=h5uqveohkvq4s0cdcz3wb2iq6208

si evidenzia che il settore del libro, nel suo complesso, sta riemergendo dalla crisi, avendo superando i 3,1 miliardi di euro. Nonostante l’Italia rimanga fanalino di coda in Europa per indice di lettura. Se la torta cresce, e potrebbe farlo molto di più, le fette però si redistribuiscono: l’e-commerce arriva al 24% mentre le librerie scendono al 69% del mercato e la GDO al 7%. Tra le librerie però, si fanno largo le catene che con il 45% doppiano le indipendenti a conduzione familiare, ridottesi ad un modesto 24%. Il problema non è quindi la crisi del settore editoriale, semmai il cambiamento del commercio al dettaglio. Di tutto il commercio al dettaglio. Le possibilità enormi date dalle vendite on-line, catalogo e magazzino sterminato, disponibilità rapida, consegna a domicilio, scontistica determinano un cambiamento epocale. Nel film The social network, un esaltato Sean Parker (fondatore di Napster) si vanta con Marc Zuckerberg ed Eduardo Saverin (fondatori di Facebook) di aver cambiato per sempre il modo di distribuire la musica. Saverin gli obietta che hanno vinto le major discografiche e Napster è stato chiuso. La risposta è fulminante: «Sì certo, in tribunale hanno vinto loro. Eduardo, vuoi aprire un negozio di dischi?». Avete ancora negozi di musica sotto casa? Li rimpiangete? La musica è morta per questo? Certo il vecchio droghiere che vendeva di tutto un po’ era una gran brava persona e ci spiace non avere la sua presenza rassicurante, ma il cambiamento è ineluttabile.

Nel futuro i negozi non moriranno, si trasformeranno da rivendite a showroom. Vetrine in cui vedere i prodotti, toccarli con mano, provarli, quindi ordinarli e farli arrivare a casa. Le concessionarie sono già così da sempre. Le filiali bancarie lo stanno diventando. Ricordo bene quando dovevo fare mezzora coda, in orario di sportello, per avere banale estratto conto, adesso ce l’ho sempre in tasca con due click. Alla faccia della nostalgia. Su altre categorie di prodotti, il catalogo è talmente vasto che averlo in negozio è impossibile o antieconomico per le piccole dimensioni, penso a giocattoli, ferramenta, bricolage, articoli per la casa ed anche libri. Per Natale, la mia anziana mamma ha espresso il desiderio di leggere un libro sulla vita di Sant’Agostino. Dopo svariate settimane di infruttuosi tentativi in libreria, anche ordinandolo, si è arresa ed ha chiesto a me. Dopo dieci minuti, l’ho trovato on line, in un paio di giorni mi è arrivato a casa. Con buona pace di quanti sostenevano che le librerie hanno ricchi cataloghi, mentre la grande distribuzione faceva cream skimming, vendendo solo best seller. Con questa argomentazione hanno preteso la legge Levi (128/2011) che vincola gli sconti al 15% sul prezzo di copertina. Oggi si pensa di abbassare questo limite dal 15% al 5%, in aperto contrasto con il principio di libera concorrenza. Quando esiste una domanda pagante che rimane insoddisfatta, in gergo economico, si parla di fallimento del mercato. Davvero si vuole che lo Stato si faccia garante di questo fallimento, a detrimento della libertà dei cittadini consumatori? L’illusione poi, è che la clientela vada on line solo per lo sconto e, togliendolo, torni in libreria. Sbagliato. La clientela va on line per ottenere un servizio nettamente superiore. Togliendo lo sconto, andrà comunque on line, a tutto vantaggio proprio dei siti di e-commerce che venderanno gli stessi libri ad un prezzo pieno, incrementando così i profitti. Meglio sarebbe togliere del tutto il limite, abrogando la legge Levi.

Se le librerie vogliono sopravvivere, devono adeguarsi ai tempi, trasformandosi da semplici rivendite a fornitori di servizi attraenti. Spiace dirlo, ma non sono più i soli consigli del libraio a fare la differenza, data la quantità di classifiche, recensioni e commenti che si trovano on line. Se non sapranno trasformarsi in qualcos’altro, luoghi di incontro, di dibattito, di lancio, o perché no, caffetterie, il loro destino sarà segnato. Non per questo moriranno i libri, né la lettura.