Qualche giorno fa si sosteneva un’idea e cioè che i dittatori alla fine si scavano la fossa (non in senso figurato) con le proprie mani perché si innamorano della loro idee e non hanno la possibilità di verificare se queste idee hanno senso oppure no, perché, in quanto dittatori, hanno eliminato tutto quell’insieme di sistemi logici che servono per produrre nuove idee, testarle, scartarle o tenerle. Quei sistemi hanno nomi molto precisi, si chiamano liberal-democrazia, economia di mercato, metodo scientifico. Ora appare sempre più evidente che Vladimiro ha passato troppo tempo davanti allo specchio delle sue brame e si è innamorato delle sue fantasie e cioè che a Kiev ci fosse una banda di tossicodipendenti che sarebbero scappati alla prima spallata, che gli Ucraini avrebbero accolto i Russi come liberatori e che l’esercito si sarebbe dissolto. Niente di tutto questo è successo. Ma di questo ne parleremo domani. Qui si vuole parlare di un’altra idea infondata, che per certi versi è la madre di tutte queste e cioè che gli Stati Uniti e l’Occidente sono in declino e che, quindi, anche se avessero voluto, non sarebbero stati in grado di presidiare due fronti, quello del Pacifico su Taiwan e quello europeo sull’Ucraina. In questi giorni si sente spesso dire che è probabile che Putin sia deluso dal comportamento del suo amico cinese, perché, almeno al momento, non ha aperto un altro fronte. Chi scrive pensa invece che per Putin fosse sufficiente far pensare che su Taiwan potesse esserci l’imminenza di una minaccia (di qui il viaggio a Pechino prima in apertura delle Olimpiadi), per tenere occupati gli Americani da un’altra parte, sapendo che la dottrina della guerra su due fronti (poter combatte due grandi guerre su due diversi fronti) era stata abbandonata a Washington. E questo è stato forse il più grande errore strategico commesso da Putin. Non perché gli Stati Uniti ora possono permettersi politicamente di essere attivi su due fronti, ma perché per la prima volta nella storia recente le grandi potenze dei due rimland, quello orientale e quello occidentale, si stanno organizzando per poter essere loro stesse un bastione contro la minaccia di Russia e Cina. Per la prima volta nella storia, Australia, Giappone e Corea del Sud (e Taiwan) cooperano in ambito difesa così come prima, singolarmente, facevano con gli Stati Uniti. Per la prima volta nella storia contemporanea la Svizzera, la Svezia, la Finlandia rompono la loro neutralità ed entrano nella partita; per la prima volta nella storia contemporanea, la Germania esporta armamenti, mette nella difesa d’un sol colpo cento miliardi di dollari e si impegna, con se stessa, a aumentare le spese per la difesa fino al 2% del PIL. Per la prima volta, l’Unione Europea si mobilita militarmente e si muove la forza di reazione rapida NATO. Il risveglio per Putin sarà amarissimo, pensava di potersi prendere gioco di potenze in declino e di un anziano presidente, si ritrova a dover fronteggiare tre attori, e cioè gli Stati Uniti, un blocco asiatico e un blocco europeo, che in quarantotto ore hanno superato remore e vincoli che sembravano strutturali e impossibili da modificare. Per dirla diversamente, il Giappone e la Germania si riarmano tra gli applausi della comunità internazionale. Le morali da trarre da questa storia saranno tante, ma qui se ne vuole individuare una sola, per il momento. Gli autocrati pensano che anche gli altri paesi siano gestiti come i loro e che tutto dipenda dalla forza o dalla debolezza di questo o quel leader, così che si possa calcolare la forza e la debolezza di un paese. Non arrivano a pensare che una democrazia liberale sia un intero sistema, non questa o quella persona, fatto per correggere gli errori. C’è di più, visto che gli autocrati ragionano solo in termini di dominio o sudditanza, non comprendono la natura dell’ordine liberale internazionale, che è un ordine di pari. Il che vuole dire che se in un ordine gerarchicamente organizzato solo il vertice lavora per la tenuta del sistema e nessuno dei subordinati si sognerebbe di lavorare spontaneamente per preservare il proprio giogo. In un sistema di stati liberi, tutti cooperano per la tenuta del sistema quando è minacciato, perché lavorano per la loro stessa libertà. C’è una cosa che gli autocrati non capiranno mai le democrazie liberali funzionano perché la libertà crea dipendenza.

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