In questi giorni di segregazione è riesplosa una vecchia passione: i francobolli. Penso che risalga almeno a quando avevo dieci anni ed a scuola quasi tutti collezionavamo questi pezzettini di carta facendo fra noi i famosi “scambi” di “libretti” (i classificatori non esistevano), dove erano “appiccicati” con le “linguelle” i francobolli nuovi e usati, cioè “timbrati”, per cui, per meglio operare, ci asserragliavamo negli ultimi banchi. Quindi una storia antica, ma le cui origini sono ancora più antiche, quando cioè mio padre, anche lui decenne, fu “iniziato” a questa materia, forse da un ufficiale del 31° Reggimento di Fanteria, di cui era comandante, mio nonno, il Colonnello Domenico Giglio, per cui la pur modesta “Collezione Giglio”, ha 110 anni di vita (1910- 2020).
Quindi ero stato “iniziato” da mio padre, il Dr. Ing. Rocco Giglio, che nella catalogazione di questi pezzetti si basava su di un catalogo universale Yvert-Tellier, scritto in francese ed ancor oggi esistente, usando la stessa meticolosità ed attenzione di quando svolgeva la sua attività professionale di progettista, direttore lavori, collaudatore e via discorrendo. Ed era una scuola di storia, di geografia, di politica e delle guerre ed anche di lingua francese, all’epoca ancora lingua diplomatica universale, di cui imparavo le sottigliezze dei colori che differenziavano i francobolli anche simili fra loro. Ed oltre ai colori si imparava a conoscere e valutare le dentellature, con l’odontometro, perché anche qui vi potevano essere differenze di valutazione, cioè il valore (sempre teorico) dei francobolli, ma utile nei già citati scambi che avvenivano “alla pari”. Poi vennero gli album con le caselle predisposte che si riempivano, ma al tempo stesso segnalavano i vuoti, per cui si preparavano le “mancoliste” da diffondere tra gli altri collezionisti, o per andare da uno degli allora numerosi negozianti, comprese diverse cartolerie, per vedere di trovare i francobolli mancanti. Una variante negli anni del Dopoguerra venne per i francobolli nuovi: linguellati od illinguellati con pesante diversità di valutazione, facendo strappare i capelli ai vecchi collezionisti che avevano appiccicato i francobolli sugli album. Anche gli album, o forse proprio i fabbricanti degli album corsero ai ripari predisponendoli con le taschine trasparenti, e predisponendo anche taschine sciolte per meglio conservare gli esemplari più interessanti. Però negli anni le mode aumentavano e con essi i costi per mantenere aggiornate le collezioni: la quartina (4 francobolli in forma quadrata), poi gli angoli di foglio, poi le buste timbrate il primo giorno di emissione, (FDC – first day cover – in omaggio alla lingua inglese anche in campo filatelico), e poi le cartoline “maximum”, cioè il francobollo applicato su di una cartolina avente soggetto analogo, ed altro ancora, dai foglietti ai libretti e via discorrendo per spillare sempre più soldi.
Nel frattempo per motivi vari aumentavano i “doppi” o “doppioni”, cioè più copie dello stesso esemplare, tanto che fui autorizzato a fare con gli stessi una seconda più modesta collezione mia personale, mentre mio padre proseguiva quella base da me proseguita dal 1983. Passando poi dalla paleofilatelia alla neofilatelia si affermavano i cataloghi italiani per i paesi italiani, cioè Italia, (ex) Colonie Italiane, SCV (Città del Vaticano), San Marino e buon ultimo nel lo SMOM (Ordine di Malta), ed i collezionisti, noi compresi, restringevamo a pochi paesi gli interessi filatelici per questioni di spazio, di tempo e di costo! Oggi, forse o solo la Regina d’Inghilterra se ha mantenuto la passione filatelica della famiglia potrebbe permettersi questo lusso, sia perché sono notevolmente aumentati i paesi emittenti, sia per le emissioni anch’esse enormemente aumentate a scopo propagandistico e ancor più speculativo, mentre l’effettivo uso postale sta sempre più diminuendo. Si va all’assurdo che più piccoli sono gli stati, più francobolli emettono! E mentre poi, specie da noi in Italia diminuisce il numero dei collezionisti, non essendo gli studenti ed i giovani interessati a questa intelligente ed istruttiva forma di collezionismo, che richiede pazienza, senso dell’ordine, attenzione e delicatezza.
Tornando a me queste rivisitazione si era resa necessaria per avere trascurato i pezzettini per altre attività per cui necessitava mettere le cose a posto, negli album, raccoglitori, classificatori, per ridare quell’aspetto ordinato che fino alla fine aveva mantenuto mio padre. Ma che serenità, che riposo dello spirito ho ritrovato. Nulla dei fatti esterni mi interessa , non mi pesa la segregazione , non c’è telegiornale o altro televisivo che turbi il mio lavoro. Una pinzetta per non toccarli, una bella luce ed una lente per meglio osservarli, perché oltre alle differenze già indicate può essere necessario anche vedere la “Filigrana”, ovvero in trasparenza quegli elementi caratteristici che ogni paese aveva inserito contro le contraffazioni e falsificazioni, come per tutto il periodo del Regno d’Italia era stata la bella “Corona Reale”. Povera e nuda vai Filatelia !
Domenico Giglio