Piero Angela con il suo distacco cordiale, proprio dell’uomo di scienza che sapeva condividere con gli altri le sue conoscenze , e ‘ stato un unicum non solo sul piano televisivo . La boria dei colti non gli apparteneva  e anche gli incolti refrattari ai temi della cultura scientifica dovevano dargli ascolto. Ricordo che una volta, quando Bobbio concesse l’Aula Magna dell’Accademia delle scienze alla CGIL che confuse quella sede prestigiosa con la Camera del lavoro attivando una polemica dozzinale e faziosa , Angela mi disse il proprio disgusto. Angela veniva da solidi studi costantemente aggiornati nel corso dei decenni come si impone ad un uomo che studia la scienza . Fu certamente un grandissimo divulgatore che rifiutò sempre la semplificazione a cui il piccolo schermo condanna per conquistare pubblico.
Basti pensare ad un suo collaboratore come Alessandro Barbero che gli deve la sua notorietà. Tanto semplificatore e fazioso è Barbero, quanto equilibrato, chiaro e profondo era Angela. Appartenne ad una famiglia illustre del Canavese, il padre medico ebbe una clinica in cui salvò molti ebrei. Aveva vissuto lui stesso il dramma della guerra civile e una volta mi raccontò il suo orrore per la fine barbaramente inumana a cui fu condannato un giovane  repubblichino di Salo’ nei giorni della fine di aprile 1945. Non era un uomo di parte , mantenne sempre l’onestà intellettuale dell’uomo libero. Ha fatto bene l’amico Pichetto Fratin a proporre come viceministro un francobollo a lui dedicato.
Quando gli consegnai il Premio Pannunzio imperversava Santoro in Tv e io lo definii l’antisantoro come definii anni dopo Daverio l’antiArgan. Gli feci un grave torto nell’acccostarlo a questo personaggio, ma lui capi l’intento delle mie parole che volevano evidenziare il rifiuto di ogni facile demagogia nel suo rapporto umano e televisivo. Lo rividi quando inaugurammo la Galleria torinese Enzo Tortora che Angela tra i primi aveva difeso strenuamente dal fango mediatico con cui, insieme a certa magistratura, volevano travolgere una persona onesta e limpida come lui. Noi del Centro Pannunzio dovremo essergli grati. Riporto una frase del discorso che tenne per il conferimento del Premio Pannunzio: “Esprimo la mia gioia per l’assegnazione di questo premio che porta un nome così illustre: quello di un uomo che ho sempre profondamente ammirato, un uomo, Mario Pannunzio, che rappresenta un’Italia diversa “l’Italia che non c’è” e che noi tutti vorremmo che esistesse. Almeno in parte. Chi ha a cuore una crescita culturale moderna del nostro Paese ,un cambiamento del costume politico e seri punti di riferimento morali “non può non dirsi pannunziano“. Angela è stato l’esempio alto dell’Italia civile che pochi uomini hanno rappresentato con dignità solitaria.
Il suo magistero è destinato a restare e il suo esempio rappresenta una delle pagine più alte della vita intellettuale. Parafrasando Croce, potremmo dire che le sue opere parlano per lui e che continueranno a farlo.