La proposta del presidente Giuseppe Conte di prolungare lo stato d’emergenza passerà – almeno così dicono – dal Parlamento e otterrà il permesso, anche di insistere con i dpcm, i decreti del presidente del Consiglio, “quel simpatico modo di legiferare per cui il premier dispone e impone, col disturbo di doversi accordare con sé stesso, più o meno, e senza nemmeno fare un fischio agli eletti”, scrive Mattia Feltri sull’Huffington post. Un metodo di governo lontano da forma e sostanza a fondamento delle democrazie liberali.
Nel rapporto con la democrazia parlamentare siamo in caduta libera. Si va avanti col taglio punitivo dei parlamentari, prescindendo da una riforma complessiva che salvaguardi la rappresentanza e la qualità degli eletti e non nominati, motivata dall’idea a cinque stelle, fatta demagogicamente propria dagli alleati di governo che l’hanno votata, PD e LEU, di cacciare dal “Palazzo” una buona percentuale di intrallazzatori, ladri e mangiapane a tradimento. Per poi lanciarsi contro i vitalizi di qualche residuale decina di ottuagenari o centenari, in nome della restituzione del bottino, in un andazzo progressivo di governo alla giornata con la lama alla gola della fiducia, della decretazione d’urgenza.
Ora ancora dpcm, con parlamentari carneadi sconosciuti agli elettori in lockdown sostanzialmente ridotti al ruolo di ospiti di talk show che pochi fanatici tifosi guardano o attaccati ai social, e un parlamento immoto. Ci manca solo che dpcm sostituisca nella comunicazione notturna ai sudditi impauriti il vaccino anti covid.
Siamo ormai in prevalenza assuefatti a questa torsione che oscura il ruolo di una reale democrazia rappresentativa e svilisce in sommo grado sino al disprezzo, ruolo e funzione di chi, rappresentante della volontà popolare, dovrebbe essere l’insormontabile muro della nostra libertà personale, la roccaforte della democrazia liberale occidentale e costituzionale. Una mutazione genetica progressiva, segnata da leggi elettorali come l’italicum e il rosatellum, che da lustri hanno privato i cittadini non solo del diritto di scegliere i propri rappresentanti, ma ancor prima del piacere/ dovere civico di essere parte attiva della repubblica democratica e non sudditi di ciò che sempre più si rivela una democratura con tratti illiberali extracostituzionali.
In un tal clima, è prevedibile che nel referendum del 20 settembre il taglio dei parlamentari – tagliando in senso quantitativo una democrazia già abbondantemente tagliata in senso qualitativo – passi. Se ciò avverrà nessuno o quasi se ne accorgerà.
Concludo con Mattia Feltri: “Capite perché un presidente del Consiglio che riproponga per sé altri sei mesi di arbitrio, e lo riproponga con un’enfasi inferiore di quella impegnata per i suoi rendez-vous a Villa Pamphili, ci suggerisca di rinviare la birra e di sollecitare una riflessioncina? ”
La Costituzione democratica non prevede e non consente “stati di emergenza” e di sospensione delle regole. Né stati di eccezione che possano trasformarsi o si trasformino per forza inerziale che si innesti nello spirito del tempo in permanenti deroghe. Capaci di travolgerla e sfigurarla. Non vi è incompatibilità tra democrazia parlamentare rappresentativa e tutele dei diritti fondamentali, come la salute. E’ illusorio e anche stupido immaginare che uno dei tanti dpcm omnibus possa d’incanto sconfiggere pandemia e crisi economico sociale. Il dpcm non è un farmaco e nemmeno un vaccino.