A Torino un centro di ricerche di eccellenza, il NICO (Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi), ha individuato una riserva di “neuroni immaturi “, aprendo nuove frontiere nella prevenzione dell’invecchiamento cerebrale
Di Mara Martellotta
A Torino esistono eccellenze in campo scientifico ed una di queste si chiama NICO. E’ l’Istituto di Neuroscienze della Fondazione Cavalieri Ottolenghi in cui i ricercatori studiano i meccanismi con cui funzionano e si ammalano i neuroni. La sede dell’Istituto è in una palazzina all’interno del complesso dell’ospedale San Luigi Gonzaga. Al NICO è molto attivo il gruppo di ricerca condotto dal professor Luca Bonfanti, docente di Anatomia Veterinaria nell’ateneo torinese, i cui studi hanno portato all’individuazione dei cosiddetti “neuroni immaturi”, presenti in zone inedite del cervello.
“Questa scoperta dei cosiddetti “neuroni immaturi” – spiega il professor Luca Bonfanti – è iniziata già a partire dagli anni Novanta, quando erano stati individuati nei roditori di laboratorio, confinati nella parte più antica della corteccia cerebrale, la cosiddetta “paleocortex”. Studi successivi hanno portato a dimostrare che gli stessi neuroni si trovano anche nella parte più nobile e recente della corteccia cerebrale, detta “neocortex”, presente in altre specie di mammiferi che hanno un’aspettativa di vita più lunga rispetto a quella dei roditori”.
“Abbiamo inoltre scoperto – aggiunge il professor Luca Bonfanti – che lo stesso numero di neuroni risulta abbondante anche in altre parti del cervello, tra cui alcune sue regioni “inedite” per questo tipo di plasticità, che appaiono fondamentali nella gestione delle emozioni e degli stati coscienti. Questi risultati si sono dimostrati assolutamente sorprendenti in quanto hanno confermato l’importanza dei neuroni immaturi per alcune specie animali vicine all’uomo. Hanno, inoltre, aperto, la possibilità di disporre di una riserva di “neuroni giovani”, proprio all’interno della parte più nobile del cervello, formulando un’ipotesi assolutamente innovativa per il ruolo che essi possono rivestire nella prevenzione dell’invecchiamento cerebrale”.
“Questo studio – aggiunge il professor Bonfanti – è stato possibile marcando i neuroni in divisione, già a partire dalla vita fetale, usando come modello animale la pecora, che presenta un’aspettativa di vita estesa, intorno ai 15-20 anni, ed un cervello relativamente grande e girecefalo, situandosi a metà tra il topo e l’uomo. I risultati di questi studi suggeriscono che questo tipo di plasticità possa essere stato scelto nel corso dell’evoluzione da specie che presentano ridotte capacità di neurogenesi, come quelle presentate dalla specie umana”.
Il progetto che intende proseguire queste ricerche si chiama “Neuroni alternativi” e propone un approccio alternativo al problema delle demenze senili, puntando sulla prevenzione, aspetto fondamentale ed indispensabile.