“Mi scusi, permette?” Questa sarebbe, secondo me, una delle domande più gentili che una persona, in questi tempi di pandemia da Coronavirus, potrebbe formulare prima di entrare in un negozio, dove sono richiesti un numero limitato di persone e il distanziamento. A sentire tale domanda un commesso,  giorni fa, è quasi trasalito, perché oggi la gentilezza è costume ( o dote, a seconda dei pareri), sempre più rara, insomma un’eccezione che desta stupore, quasi sconcerto. Se nella Storia vi sono state civiltà che addirittura hanno ricevuto la denominazione di ‘cortesi’, anche se l’aggettivo aveva un significato non totalmente coincidente con quello attribuito oggi ( vale a dire riferito alla corte, ma anche nell’accezione di eleganza, lealtà e nobiltà d’animo), oggi di gentilezza e cortesia se ne avverte una profonda nostalgia e un altrettanto forte desiderio. Nella società del post Covid e secondo lockdown da pandemia, sono state messe in atto misure di distanziamento, che dovevano essere di tipo ‘fisico’ e che sono state indicate dal governo, da subito, quali misure di “distanziamento sociale”, quasi mettendo in campo, per un lapsus freudiano, quello che poi da disposizione sarebbe stato il risultato. Il distanziamento sarebbe stato sempre più profondo non soltanto fisicamente ( come giustamente preteso) tra i componenti della società), ma soprattutto dal punto di vista psicologico. Le persone si sono trovate, forse inconsciamente, ‘le une contro le altre armate’, per usare un’espressione affine a quella manzoniana contenuta nella celebre ode del ‘Cinque Maggio’; questo è avvenuto in tanti contesti, dai più  banali della vita come quello delle code dei negozi per entrare, cui siamo forse per mentalità troppo poco abituati, fino all’ambito familiare, in cui spesso si sono vissuti e si vivono malumori tra genitori e figli o tra coniugi, dovuti alla più prolungata e forzata convivenza, fino ad episodi di vera e propria violenza, soprattutto a danno di donne e minori. E ora sta per iniziare il periodo di Avvento, quello che, nella liturgia cristiana, indica la preparazione alla Nascita di Gesù, un tempo di quattro settimane destinato al raccoglimento e alla meditazione della futura venuta del Signore. Nell’ideale immagine collettiva tutti dovremmo, in occasione del Natale, come per incantesimo, divenire più buoni, ma credo che questo periodo, coincidente ancora con la pandemia, non sarà, purtroppo, così idilliaco. Non credo che tre, quattro settimane di apparente lucentezza di vetrine natalizie riusciranno a spazzare via malumori e timori accumulati in uno degli anni probabilmente più difficili che gli italiani abbiano vissuto dal dopoguerra ad oggi. Forse riusciranno a far sognare i bambini che sono, a mio parere, gli unici ad essere rimasti innocenti in questa pandemia. Anche se sicuramente hanno patito la mancanza della socialità e dello sport nelle modalità che erano presenti in tempi pre pandemico, a differenza di tanti giovani, i bambini hanno saputo rispondere molto bene non soltanto all’invito ad indossare la mascherina, ma non hanno tradotto il nuovo modo di vivere questa realtà in rabbia da scatenare verso il prossimo, come hanno, invece, fatto tanti adulti. In fondo, i bambini hanno un’anima predisposta alla fantasia, basta loro poco per essere creativi, ed aveva ben ragione un grande poeta italiano, Giovanni Pascoli, ad affermare che ‘c’ è dentro di noi un fanciullino che non solo ha brividi [..] ma lacrime e tripudio suoi”. È però necessario avere un animo predisposto ad accogliere quel fanciullino che è dentro ognuno di noi; forse questi tempi di pandemia non sono i più adatti a consentirlo, ma certo l’esercizio all’apertura verso gli altri e alla gentilezza sarebbe davvero meraviglioso in questi tempi di Avvento. E il Natale, per antonomasia, rappresenta da sempre la festa dei bambini e delle famiglie, la festa dei cuori. Se quest’anno mancherà, probabilmente, almeno in parte, il suo aspetto consumistico, questo potrebbe non essere un male, ma potrebbe, anzi, costituire una preziosa opportunità per rendere questa occasione davvero una festa dei cuori, capace di far ritrovare quei gesti di gentilezza nei confronti di chi ci circonda e di solidarietà verso chi è meno fortunato nella vita.