Il “Corriere della Sera“ pubblica da molti giorni delle lettere che ricordano Indro Montanelli, mancato vent’anni fa il 22 luglio 2001. Si tratta di testimonianze assolutamente banali che non aggiungono nulla alla figura del grande giornalista neppure sotto il profilo della sua umanità quotidiana. Ma oggi è in edicola con il “Corriere“ l’edizione del suoi diari (1957 – 1978) a cura di Sergio Romano, una testimonianza davvero di prim’ordine che merita la massima attenzione. Montanelli va storicizzato, non va né mitizzato, né demonizzato. Ha il merito storico di aver reagito alla demagogia che stava travolgendoci, fondando “Il Giornale nuovo“ nel 1974: una boccata di ossigeno e di libertà il grigiore plumbeo di una sinistra egemone, espressione di un ‘68 che in Italia durò oltre cinquant’anni. L’esaltazione a Genova di Giuliani che voleva uccidere un carabiniere è un episodio estremo dell’onda lunga giunta fino a noi di quel clima da caccia alle streghe contro il quale Indro scese coraggiosamente in campo, dando forza a tutti coloro che non accettavano la deriva che stava portando l’Italia al compromesso storico. L’Italia liberale si trovò al suo fianco anche quando molti di noi votarono Dc, turandosi il naso ,seguendo il suo consiglio nel 1976 contro il sorpasso da parte del PCI che venne fermato. Venne gambizzato dalle Br e i radical-chic brindarono in modo indecente alla notizia del suo ferimento. Ebbe l’intelligenza di dar voce ad un’Italia silenziosa che subiva le prepotenze di contestatori , partiti di sinistra e sindacati .Io esibii il suo giornale- dove scrivevano tanti che avevano scritto sul “Mondo” di Pannunzio – in aule dove circolavano liberamente volantini delle Br e sono orgoglioso di averlo fatto. Mi spiace invece di non aver accolto il suo invito a collaborare al Giornale, restando fedele ad una “Stampa” che oggi è divenuta simile all’Unità, perdendo ogni tratto liberale che le diede il suo fondatore Alfredo Frassati. Io serbo di lui un ricordo indimenticabile. Venne a Torino a Palazzo Lascaris a far rivivere nel ventennale della sua morte Mario Pannunzio nel 1988 e fui io ad introdurre il suo discorso che forse rappresenta in assoluto la più bella testimonianza su Pannunzio. Dopo quella grande manifestazione che portò centinaia di persone a Palazzo Lascaris, messo a disposizione dal presidente Aldo Viglione, andammo a cena al “Cambio”. Si rivelò una persona straordinaria. Non voglio violare la privacy citando i suoi liberissimi e piacevoli discorsi. Nel 1991 venne a ricevere il Premio Pannunzio. Ho scritto di lui nel mio libro “Figure dell’Italia civile“ e mi capitò di essere contestato per averlo inserito tra quelle figure da gente faziosa ed ignorante. Chiamai sbagliando Mario Cervi che doveva la sua notorietà a Montanelli, a ricordarlo a Torino ma Cervi si rivelò mendace e meschino, appropriandosi dell’intera “Storia d’Italia “montanelliana, che a suo dire fu quasi interamente opera sua. Forse il più grave errore di Montanelli fu quello di assumere, su incredibile raccomandazione di Giovanni Arpino, il futuro diffamatore seriale Travaglio e a contribuire a lanciarlo. Chissà cosa direbbe oggi Montanelli di questo personaggio incredibile? Ed appare davvero incredibile che il Tg1 abbia scelto di intervistare Travaglio per ricordare Montanelli.
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