Torniamo a parlare di mobilità elettrica: l’anno scorso abbiamo affrontato l’argomento mettendo in luce le criticità della rete di ricarica (si veda Quali colonnine elettriche nel nostro futuro? su questa testata). Quest’anno si delinea un netto incremento nell’offerta dei modelli, con chiare prese di posizione da parte dei costruttori; siamo agli inizi di una rivoluzione: qualcuno spinge, qualcuno si lascia tirare, qualcuno frena. A fronte di agende governative sempre più incalzanti, in Europa si punta a vendere soltanto più auto elettriche dal 2035 che è dopodomani, anche negli Usa l’elezione di Biden ha riportato in primo piano un’agenda ecologica simile, alcuni produttori si sono schierati in prima fila, a contendere il monopolio di Tesla. Su tutti Volkswagen; azienda sorta nel 1937 per la lungimiranza di Hitler [N.d.A. Ciò non toglie che Hitler sia e rimanga uno dei peggiori criminali che la Storia annoveri] il quale, guardando al progetto fordista, aveva capito che la potenza della Germania sarebbe dovuta passare attraverso l’industrializzazione e che questa avrebbe potuto svilupparsi solo con la motorizzazione di massa; non sarebbe stato sufficiente fare solo auto di lusso, ma necessario fare auto (wagen) per il popolo (volk). Un’autentica rivoluzione. Oggi Volkswagen si gioca la posizione al vertice dei produttori mondiali, nonostante lo scandalo dieselgate che l’ha travolta nel 2015, anzi è questa crisi che ha portato il management a sterzare decisamente verso un futuro elettrico. General Motors ha fatto proprie questa posizioni, annunciando investimenti per una gamma di trenta modelli entro il 2025. Più cauta, invece, la posizione di Toyota che ha incentrato la propria strategia sui veicoli ibridi e proseguirà su questa strada, presupponendo una transizione più lenta verso la nuova tecnologia. Atri costruttori sono decisamente più scettici sulla rivoluzione in corso: invece che un’intera gamma, propongono qualche modello, magari solo un’utilitaria, pensando che il business dei motori termici continuerà ancora per parecchi anni. Le posizioni sono prese, sarà come sempre la Storia a sancire il vincitore; per il momento molti scommettono sulle aziende in prima linea, da General Motors le cui azioni sono salite da 18$ (minimo di marzo 2020) a 59$ (il 22 marzo 2021), a quella di Wolfsburg da 94€ a 233€, mentre Toyota è passata da 6.084 Yen a 8.362 Yen. Mentre il mondo si chiede se il passaggio sarà graduale o rivoluzionario, soffermiamoci sul significato di questo termine. Stando al dizionario Treccani una rivoluzione è un «Mutamento radicale di un ordine statuale e sociale, nei suoi aspetti economici e politici: In senso stretto, il processo rapido, e per lo più violento…». Che questo sia un cambiamento radicale, irreversibile, non ci sono dubbi; che sia rapido, rispetto al continuo mutare degli eventi, il pànta rèi di eraclitea memoria, anche, ma questo non significa improvviso e men che meno che avvenga in un colpo solo. Il cambiamento che scaturisce da una rivoluzione non assomiglia ad un fulmine o ad un terremoto, piuttosto ad una valanga che inizia con un sasso che rotola ed accelera e, trascinandone altri, aumenta esponenzialmente la massa che cade, come la calunnia, nel più noto dei crescendo rossiniani. Convenzionalmente, il 14 luglio 1789 inizia la Rivoluzione Francese, con la presa della Bastiglia, ma ci vogliono quattro anni di escalation prima che si arrivi all’uccisione del Re ed al Terrore, facendo apparire moderati i passaggi precedenti: Costituzione del 1791, Convenzione, proclamazione della Repubblica. Una situazione simile la ritroviamo nelle rivoluzioni tecnologiche: non avvengono in un giorno, ma in alcuni anni, con una continua accelerazione innovativa che causa una rapida obsolescenza dei primi modelli, ben presto superati. Successivamente, quando ormai l’innovazione rivoluzionaria si è conclusa, i miglioramenti diventano più graduali, aumentando la longevità dei modelli più vecchi che, commercializzati a prezzi inferiori, trovano nicchie di acquirenti: il mercato si è segmentato. Alcuni esempi sono sotto gli occhi di tutti. I televisori sonnecchiano per decenni con i loro tubi catodici, poi arriva la rivoluzione degli schermi piatti, ma ben presto i modelli al plasma sono spazzati dall’escalation della tecnologia: lcd, hd ready, full hd, ultra hd, 4k, 8k, quindi, con l’aggiunta del software, entrano in scena le Smart TV. È sintomatico il fatto che il telecomando, in dieci anni, sia passato da cinquanta pulsanti ad un quindicina. Discorso analogo per gli smartphone, i primi modelli introducono sempre più funzionalità rendendo ben presto obsoleti quelli che li hanno preceduti, gli ultimi modelli migliorano le prestazioni, di volta in volta, ma la longevità dei precedenti è aumentata, inoltre si sono create fasce più basse per utenti meno esigenti, che replicano modelli più datati. Detto in altri termini, dopo quanti mesi è stato necessario cambiare il primo iPhone? Invece il sesto o il decimo modello? Possiamo ipotizzare uno stesso andamento per la mobilità elettrica? Penso che sia la cosa più ragionevole; se rivoluzione sarà, i primi modelli avranno vita breve e saranno soppiantati nel giro di pochi anni da modelli più performanti. Oggi il mercato propone batterie con un’autonomia di tre o quattrocento chilometri, ma è realistico pensare che l’effettivo intervallo di utilizzo sia tra il 20% e l’80%, quindi poco più di metà e parrebbe che a 130km/h in autostrada l’autonomia si riduca drasticamente. I pesanti investimenti dei costruttori porteranno presumibilmente a miglioramenti netti, in un primo periodo, rendendo presto obsoleti i primi modelli in uscita. Comprare una vettura elettrica oggi non è consigliabile come investimento di lungo periodo, se un motore termico, mediamente utilizzato, dopo dieci anni è funzionante, difficile pensare che le batterie oggi sul mercato, tra dieci anni possano avere un qualche valore. Cionondimeno, la rivoluzione è iniziata ed è bene per l’Europa essere in prima fila, con un indirizzo industriale governativo definito. Come Hitler ebbe la lungimiranza di vedere nella motoristica di massa il futuro della Germania, von der Leyen pone l’Europa in prima fila nella rivoluzione elettrica, dandole la possibilità di sfidare gli altri players mondiali, senza subire passivamente gli sviluppi tecnologici altrui, come accaduto per le tante battaglie perdute: dai televisori, ai telefonini, ai servizi internet e, purtroppo, ai vaccini Covid-19.
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