La dichiarazione del tutto informale del Presidente della Repubblica in cui afferma di aver promulgato leggi secondo lui “sbagliate“, ma approvate dal Parlamento, rivela un evidente conflitto istituzionale mai emerso in precedenza neppure con Giorgio Napolitano che di fatto impose le dimissioni a Berlusconi.
Far emergere dissensi sulla promulgazione delle leggi può creare qualche preoccupazione perché il Presidente è anche il garante della Costituzione . Non dovrebbe mai trattarsi di rifiuti politici e meno che mai personali, né di opportunità. Il Presidente è il primo garante ma è anche il primo cittadino tenuto a rispettare egli stesso la Costituzione. Vittorio Emanuele lII, che tacque nel 1924 davanti al delitto Matteotti, diceva che i suoi occhi e le sue orecchie erano la Camera e il Senato. Era la funzione di un Re costituzionale, ma nel caso specifico alla fine i due rami del Parlamento confermarono la fiducia a Mussolini che riuscì a superare la crisi del 1924 e il Re finì di non intervenire sulla eliminazione fisica di un deputato. Apparentemente anche Mattarella sembra far suo il concetto di un Presidente legato solo ai voti parlamentari. Anche di fronte al delitto Moro il Presidente della Repubblica Leone ebbe una posizione, lui giurista sommo, che suscitò polemiche aspre e che portarono, in seguito alle diffamazioni di Camilla Cederna alle sue dimissioni. La materia relativa ai poteri del Capo dello Stato poteva sembrare appartenere in parte agli “arcana imperii” di cui scriveva Tacito. Oggi, con la dichiarazione di Mattarella, tutto appare più limpido, ma essa può anche far sorgere un distinguo tra leggi promulgate con il consenso o con il dissenso del Presidente. E’ anche facile capire quali leggi non rispondessero ai gusti politici del Presidente e questo può costituire un problema. Mattarella evita conflitti istituzionali piegandosi al volere del Parlamento, ma il solo fatto di rivelare che ci sono leggi in vigore che cozzano con il Presidente non appare rassicurante anche perché non va dimenticato il fatto che egli è il primo magistrato d’Italia ed è ai vertici del CSM. Per altri versi, l’esempio di Mattarella appare anche un monito discreto ai magistrati che ritengono di porsi in pieno conflitto con il potere legislativo. Ci sarebbero altre riflessioni in merito alla delicata questione, ma il rispetto dovuto al Presidente della Repubblica impone di non approfondire il problema del dovere di promulgare leggi che non gli piacciono. Altri Presidenti hanno fatto valere il potere del rinvio alle Camere o del messaggio alle Camere medesime che utilizzò Luigi Einaudi. Mattarella ha preferito ricorrere ad un incontro occasionale con dei giovani per manifestare quella che, secondo Marcello Sorgi, è una grande lezione di diritto costituzionale, ma che è anche un modo assai poco formale di impartire una lezione, anche autobiografica, che ci dà del Presidente un profilo meno algido, ma non per questo privo di motivi atti a provocare discussioni su un Presidente-notaio e/o politico.