“CERTE DONNE, A TORINO- Incontri ravvicinati con figure straordinarie”

di Marina Rota- ed. Buendìa Books, 2024- Illustrazioni di Renata Arnaldi, Tavola di Andrea Maino-Nota di Margherita Oggero

Otto donne straordinarie, vissute fra l’Ottocento e il Novecento in stretto connubio con le atmosfere torinesi; intellettuali e artiste affascinanti e audaci, i cui talenti, non sempre riconosciuti, hanno lasciato un segno indelebile nel panorama culturale italiano, influenzando anche quello internazionale. Sono queste le protagoniste dell’ultimo libro di Marina Rota, che, dopo aver condotto per un anno ricerche accuratissime, accedendo a fonti autorevoli e a documenti inediti, ha volato con la fantasia, immaginando di incontrarle nella loro epoca, per poterle descrivere negli ambienti in cui manifestarono il loro talento. Di volta in volta, l’autrice, giornalista in viaggio a ritroso nel tempo (come raffigurata nella bella tavola finale), verrà invitata nel frequentatissimo salotto letterario di via Garibaldi dalla poetessa Amalia Guglielminetti, icona dello stile Liberty, a torto considerata semplicemente, per decenni, la musa inquieta di Gozzano e di Pitigrilli; si insinuerà nel laboratorio di Helen König, che creò le famose bambole Lenci in seguito al terribile dolore per la scomparsa prematura della sua figlioletta; entrerà nella magica ‘cerchia Gualino’, nella quale l’esule russa Bella Markman Hutter introdusse la sua nuova e rivoluzionaria idea di danza, scandalizzando le famiglie borghesi delle sue piccole allieve, e incontrerà da una modista di via Po, nel lontano 1928, l’enfant prodige Gemma Cuniberti, figlia del direttore del Teatro Rossini; una piccola attrice che fece innamorare tutta l’Italia e folgorò a Trieste i fratelli Svevo per il suo strepitoso talento, tant’è che per lei scrissero copioni teatrali i maggiori drammaturghi dei tempi.

A volte sono queste figure a riemergere dal passato per apparire nella nostra epoca; per esempio, nell’emeroteca della Biblioteca Civica. È il caso di Paola Lombroso, primogenita del grande criminologo Cesare, che, brillante psicologa e giornalista, inventò Il Corriere dei Piccoli, venendo poi estromessa dalla direzione della rivista e relegata alla rubrica della corrispondenza con i piccoli lettori con io pseudonimo di Zia Mariù (un ruolo, come si vedrà, rivelatosi solo apparentemente secondario). E, a dimostrazione del fatto che non si tratta solo di ‘interviste impossibili’, la prima avvocatessa italiana, Lidia Poët, terrà una vera e propria  conferenza stampa in un’aula del tribunale torinese, nel corso della quale rievocherà, davanti ad una platea di giornalisti e di avvocati (molti fra i quali riconoscibili) le fasi del tormentato percorso verso il riconoscimento del suo diritto all’esercizio della professione legale, costellato da pregiudizi ancestrali, ufficializzati nei passi, a tratti paradossali, delle sentenze che le ostacolarono il cammino. Un risarcimento morale, questo capitolo, per la dignità professionale e morale della Poët, snaturata e caricaturizzata da un serial televisivo che di questo grande personaggio riprende con veridicità soltanto il nome. Ogni incontro immaginario con le otto protagoniste di questo libro viene introdotto da una premessa, nella quale Marina Rota descrive come si è imbattuta con loro nella vita reale: in un libro, in un dialogo, nella visita a un museo. Particolarmente interessante la conversazione dell’autrice con Guido Ceronetti, nel corso della quale “il filosofo ignoto”, dopo aver disquisito su Catullo e sulla Szymborska, le racconta del platonico invaghimento giovanile per Isa Bluette, la piccola sigaraia della Manifattura Tabacchi ,divenuta poi stella acclamatissima del varietà, che importò la passerella da Parigi e fece conoscere al grande pubblico Totò e Macario. Singolare e ingegnoso l’escamotage utilizzato dall’autrice per condurre un dialogo attraverso il tempo con Teresina Tua, la grande violinista ammirata da Giuseppe Verdi che si esibì in tutti i teatri e le corti europee; la prima musicista europea a tenere una serie di concerti negli Stati Uniti e in Russia, spingendosi fino in Siberia, regione allora pressochè sconosciuta, viaggiando su un treno speciale messole a disposizione dallo Zar.

Con linguaggio elegante e profondità emotiva Marina Rota coinvolge il lettore nei suoi potenti transfert verso le otto ‘sorelle’: come una medium si immedesima in loro, parla non di loro, ma con loro; ed è da apprezzare anche la “leggerezza”, spesso giocosa e ironica, con la quale ci accompagna nella vita delle protagoniste, evitando di appesantire il testo con le note biografiche e le annotazioni storiche che pure compongono la sua base fondamentale. Il lettore, catturato dallo stile fluido e accattivante, può così apprezzare nella loro vivezza il genio e la personalità di queste eccellenti torinesi, che, riportate brillantemente alla luce dopo tanti anni, riacquistano la loro seconda vita, rivendicando lo spazio e la luce che spetta loro di diritto.  Un libro coinvolgente e appassionante, raffinatamente illustrato dalle opere nostalgiche di Renata Arnaldi, che, se ha concesso all’autrice di appagare la sua ‘malattia dell’età dell’oro’, conduce anche nelle luci e nelle ombre di percorsi esistenziali femminili pesantemente condizionati da ostacoli e pregiudizi non ancora completamente superati. Non è un caso che la targa a Lidia Poët sia stata apposta- a settantadue anni dalla morte-, nell’area dei giochi infantili antistante il Tribunale, quasi a voler richiamare una funzione di accudimento tradizionalmente riconosciuta alle donne, e che non le sia invece stata dedicata un’aula di Tribunale: un accesso negato alla Poët, a quanto pare, anche dopo la morte.

Marina Rota, in questa sua sesta opera, ci mostra un connubio magico fra Torino e le donne. Con la sua scrittura coinvolgente ed elegante, si appropria come una medium delle personalità’ di queste figure straordinarie, volando leggera, con la sua audace fantasia, verso un passato al quale sente di appartenere. Attraverso le sue parole così evocative sembra di sentir sussurrare i messaggi di coraggio, di determinazione e di passione che arrivano da lontano all’anima del lettore, facendogli dimenticare il lavoro rigoroso che lo sottende, grazie ad un linguaggio che diventa poesia. Asseriva Carlo Fruttero che scrivere un libro è come costruire un palazzo: chi lo legge deve apprezzarne l’armonia e la bellezza senza avere la sensazione della fatica che ha richiesto. Ciò  succede con “Certe donne a Torino” del quale ci auguriamo un seguito.

E questo si chiama “talento”,disse della scrittrice Mario Soldati che la apprezzava molto e la conobbe  giovane e molto apprezzata già ‘ nelle sue prime esperienze giornalistiche e letterarie .

Certe donne a Torino- Incontri ravvicinati con figure straordinarie verrà presentato al Centro Pannunzio in via Maria Vittoria 35 H  da Marina Rota in dialogo con lo scrittore e divulgatore scientifico Piero Bianucci, mercoledì 6 novembre alle ore 17,30