Le sensazioni di fame e sazietà sono influenzate da molti fattori. I fattori del “quanto cibo ingeriamo” e di “quanto nutrimento necessitiamo” sono solo 2 fra i tanti in gioco anche se, considerandoli in maniera semplicistica come i 2 più “oggettivi”, si tende a sopravvalutarli.
I centri nervosi della fame e della sazietà sono situati in un organo del cervello chiamato ipotalamo. Ogni nostro centro nervoso in realtà assolve a più funzioni ed inoltre è sempre in relazione con tutte le segnalazioni nervose ed ormonali del resto del corpo dalle quali è influenzato e che a sua volta influenza. Questo perché il corpo funziona come un network ovvero un sistema, una rete di nodi tra loro integrati in circuiti. Uno di questi importantissimi circuiti di cui l’ipotalamo fa parte è quello della risposta da stress. Quindi, l’ipotalamo, sarà sensibile da lato a tutte le segnalazioni chimiche che il cibo ingerito procura e alle segnalazioni che il corpo invia quando necessita di nutrienti. Ma dall’altro lato sarà sensibile a tutte quelle stimolazioni anche visive che l’ambiente gli fornisce e che veicolano messaggi che il cervello elaborerà per farsi una idea di quanto sia più o meno stressante la vita “la fuori”.
Il primo e fondamentale elemento fonte di stress è stato dalla origine dell’uomo e per milioni di anni (fino “all’altro ieri”) la carenza e imprevedibilità del cibo. In realtà ancora per i due terzi della popolazione mondiale è così….ma occupiamoci per adesso del nostro fortunato terzo in cui viviamo e che pone il nostro corpo erroneamente preoccupato di patire la fame:
- da un lato davanti ad un “bombardamento” anche visivo ed estetico di abbondanza alimentare (il marketing che stimola i bisogni più redditizi);
- dall’altro lato a brusche riduzioni dell’introito calorico (le diete “aggressive “spesso “fai da te”).
Cibo bello e abbondante e cibo brutto e scarso. Senza via di scampo nella stimolazione della fame?
I nostri centri dello stress sono sempre in allerta alla ricerca di segnali esterni che confermino, anche lontanamente, che si possano ripresentare situazioni di carestia: lo stimolo stressante numero uno. Potrete ben immaginare che lo stimolo più grande che confermi il pericolo di carestia sia di colpo mangiare meno cibo e cibo meno bello e buono. Vuole dire che ci si sta accontentando di quello che c’è……… è non è un segnale rassicurante. Ciò mette in moto l’asse dello stress che agisce attraverso l’ipotalamo per aumentare la fame e sull’ipofisi e sulla tiroide per diminuire i consumi energetici. Questa situazione oggi nel nostro terzo di mondo fortunato può verificarsi nelle diete aggressive e/o fai da te quando si passa dalla lasagna allo zucchino scondito. Dopo poco si avrà sempre fame e si penserà solo al cibo! E se inizialmente si perde peso poi l’organismo prende le contromisure e diventa sempre difficile perderne altro col risultato di trovarsi affamati e poco gratificati. Devo però specificare che non è sempre così! Per fortuna, ci sono delle variabilità individuali che possono anche venire “allenate” di proposito con metodi e tecniche psicologiche. La reazione da stress è fortemente soggettiva. Una persona in sovrappeso che da anni si sovralimenta è quasi inevitabile che percepirà la dieta restrittiva come un evento fortemente stressante. Un monaco in estasi mistica invece percepirà addirittura il digiuno come un momento di profondo appagamento.
Purtroppo non si cura il sovrappeso neanche stando immersi 24h su 24 nell’abbondanza (non si placa la fame se non momentaneamente). Infatti il nostro organismo ha tutta una serie di meccanismi per reagire aumentando la fame proprio quando si esagera trovandosi in un ambiente dove ci sono montagne di cibo ipercalorico, bello e invitante. Questo perché paradossalmente riconferma la possibilità di una carestia! La spiegazione è che negli ultimi milioni di anni di pressoché costante fame (no coltivazioni, no allevamenti, no conservazione del cibo) poteva accadere raramente di avere tra le mani e tutto insieme del cibo ipercalorico, fresco e bello (dopo mesi di bacche, vermi e funghi…..). Accadeva quando incredibilmente una pianta da frutto selvatica non saccheggiata riusciva a maturare tutti i frutti contemporaneamente o un animale di grossa taglia bello grasso e ferito si faceva catturare. In quei casi alcuni uomini riuscivano ad “ingozzarsi” sino a scoppiare per sfruttare al massimo quella manna caduta dal cielo. E’ un meccanismo sano ed estremamente adattivo sul pianeta Terra come è stato conosciuto sino a poche decine di anni fa:
- sano perché era veramente difficile che ci potessero più occasioni ravvicinate di sovrabbondanza e quindi il grasso accumulato aveva tutto il tempo e la necessità per essere poi smaltito;
- adattivo perché permetteva di accumulare calorie in quantità nel grasso, in particolare addominale, e di sopravvivere alle carenze successive in un’epoca in cui non c’era possibilità di conservare diversamente il cibo in eccesso (no frigorifero, no sottovuoto, no conservanti chimici, no salatura……..).
Il risultato finale è che OGGI quando vedete in continuazione uno zucchino bollito nel piatto si attiva, comprensibilmente, la fame di ben altro cibo e la diminuzione del dispendio energetico a causa di un allarme stress/carestia. Ma anche quando siete bombardati in continuazione da cibo bello, invitante, ipercalorico e povero di completezza si attiva comunque la fame e il dirottamento delle calorie ai depositi di grasso. Ovviamente questi fenomeni hanno delle variabilità individuali anche alte ma in linea di massima ho visto più facilmente persone col sorriso sulle labbra abbuffarsi a dismisura di salsiccia alla griglia che di pollo bollito.
La cura integrata del sovrappeso è rappresentata da un’alimentazione che considera la doppia valenza dell’ipotalamo. Un’alimentazione:
- che sfami soddisfacentemente ma che sia anche sempre completa;
- in un contesto e con modalità sempre rassicuranti che non sollecitino lo stress,
- supportata da un movimento fisico che persuada il corpo a sacrificare fiduciosamente il grasso a favore dei muscoli;
- che nutra il microbiota intestinale per disinfiammare e “tranquillizzare” l’organismo.
Lontano dagli occhi lontano dai fianchi? Dipende!
Riuscite a ricordare il nome delle merendine che si trovano al supermercato impacchettate nel sacchetto di carta opaca (e non nella plastica luccicante) con le scritte in bianco e nero senza immagini (e non di mille colori e foto)? Se vi viene in mente il nome probabilmente avete qualche disturbo della memoria perché non esistono. Ogni prodotto ipercalorico che si rispetti deve avere una confezione visibile, riconoscibile e attraente. Inoltre può essere sadicamente ridondante: la scatola è gigantesca facendo immaginare chissà quale abbondanza e poi dentro ci sono 4 biscotti avvolti da una montagna di plastica divisoria. Così sarà ancora più vivido il ricordo del piacere iniziale poi bruscamente interrotto dalla fine dei biscotti stimolando la ricerca di quel piacere iniziale messo in “pausa” troppo presto.
Sono molte le strategie di vendita per stimolare e “cavalcare” l’istintuale tendenza dell’organismo ad accumulare ipercalorie. I prodotti che stimolano i picchi glicemici più alti e repentini sono ad altezza occhi di adulti e bambini e in diversi punti del supermercato. Quando pensi di aver scampato il pericolo e di aver fatto una spesa “sana” evitando gli scaffali più pericolosi ti ritrovi in coda alla cassa bloccato come un pollo da batteria in uno spazio angusto a procedere a rilento dove sei obbligato a vedere altri oggetti fortemente stimolanti che vi descriverò nel prossimo articolo che verrà pubblicato giovedi 12 marzo che tratterà anche
- dell’impatto psicologico del cibo presentato visivamente “sottomisura” e “sovramisura”;
- degli argomenti che verranno presentati al prossimo mercoledi del Pannunzio del 1 Aprile ovvero:
- le strategie per modulare e gestire l’esposizione al cibo
- la “Portion Distortion”.