Lo storico della filosofia e delle idee illuministiche Sergio Moravia, già allievo di Eugenio Garin a Firenze, ci ha lasciati ai primi di settembre 2020. Come altri filosofi di ‘scuola’ fiorentina, quali Michele Maggi (curatori dei “Discorsi parlamentari” di Croce ), non aveva in dispetto la tradizione umanistica e storicistica italiana; anzi confermava il ruolo di Vico nella filosofia europea del Settecento e di Croce ( oramai liberato dalle accuse di ‘provincialismo’, dopo la restituzione degli Intellettuali italiani del secolo XIX di Eugenio Garin, per gli Editori Riuniti del 1975 ) in quella del Novecento. Estensore di un equilibrato manuale di Storia della Filosofia per i tipi della Lemonnier, era studioso e prosecutore degli autori dell’Illuminismo francese, dell’esistenzialismo di Jean Paul Sartre e della ermeneutica di Federico Nietzsche. Lo ricordo, in particolare, come relatore nelle Settimane Stresiane degli annuali Convegni rosminiani degli anni Ottanta, cui veniva invitato  in una larga apertura di orizzonti ( insieme con Dario Antiseri, Monsignor Clemente Riva, il bibliografo Ciro Bergamasci, Savino Blasucci, Vittorio Mathieu e altri ); e ospite e relatore nei Convegni sulla Riforma della Scuola Secondaria di secondo grado, per conto della Società Filosofica Italiana di Bari, allora presieduta da Matteo Fabris. Chi scrive queste note, in qualità di componente della Commissione “Brocca” per i Programmi di Filosofia nei Licei, sosteneva, e ancora ritiene valida, la proposta di affiancare al disegno “storico” della Filosofia, la enucleazione e trattazione di alcuni “nuclei fondanti”, che potessero animare la ricerca per problemi da parte dei giovani studenti in ogni tipo di scuola secondaria di secondo grado ( precisamente al biennio ), prima che intervenissero altre proposte riformatrici da Berlinguer degli anni 1999-2000 in poi. Esempi di tali “nuclei fondanti” potevano, e ancora possono essere assunti in casi di divisione delle classi in sottogruppi, individuati e raccolti in: Memoria e Tempo; L’idea di Dialettica; L’idea di Progresso; Utopia e Distopia, o se si vuole Utopia degli Antichi ( Platone, Campanella, Tommaso Moro ) e Distopia dei Moderni ( Orwell, Huxley, Zamiatin ); Totalitarismo e Democrazia; Il Gioco come momento ermeneutico; e così via rassegnando. Sergio Moravia era d’accordo. Poi le cose hanno preso ben altre pieghe, sempre più desultorie per un verso e complicate per l’altro. Ma oggi se ne vede l’attualità e l’incidenza, pur in un mondo ove spesseggiano le proposte cosiddette ‘riformatrici’; le pretese ‘onnicomprensive’; i ‘Don Ferrante della nuova Sociologia’, come l’immortale Manzoni dipingeva nella figura dell’erudito del Seicento che si era creato il suo bel palchetto degli “statisti”, privilegiando tuttavia al “Principe” o ai “Discorsi” di Niccolò Machiavelli ed alla “Ragion di Stato” di Giovanni Botero ( “galantuomo sì, diceva pure, ma acuto” ), “quel libro piccino ma tutto d’oro, in una parola Lo Statista Regnante di don Valeriano Castiglione” ( I Promessi Sposi, al Capitolo XXVII ). Il che vale per i filosofi della cosiddetta école barisienne, i sociologi della “umiltà del male” o della “decrescita felice”, della “riforma costituzionale” e del “linguaggio capovolto”. Invece, la proposta di far sorgere dal gusto dei “problemi” la esigenza della domanda filosofica nei giovani e meno giovani restava importante ( del che Sergio Moravia era consapevole ) e ancora ci  sollecita e punge ( ulteriore acclaramento della ideale “contemporaneità della storia” ).

Giuseppe Brescia – Società di Storia Patria per la Puglia.