La società contemporanea nell’era post Covid o, almeno, a due anni dall’inizio di una pandemia che ci si augura possa al più presto finire, sta conoscendo una progressiva perdita di certezze, di quelle su cui si reggevano i pilastri della sua economia, del suo sapere  e del suo benessere pre pandemico. Questa graduale crisi delle certezze, sicuramente provocata dalla comparsa improvvisa di un virus che ha sconvolto, seppur in maniera differenziata, le esistenze di tutti, richiama il pensiero pirandelliano, in particolar modo quello magistralmente espresso in uno dei suoi romanzi più celebri, “Il fu Mattia Pascal”. Pirandello, uno tra i più significativi scrittori del Novecento e uno dei massimi interpreti della crisi  dell’uomo contemporaneo, in questo romanzo inserisce anche efficacemente il tema dell’alienazione dell’uomo stesso, rappresentata allegoricamente dalla presenza delle marionette in quel teatro romano diretto da Anselmo Paleari, presso la cui pensione trova alloggio il protagonista del romanzo, Adriano Meis. L’uomo pirandelliano, che emerge da questo romanzo, vive e si muove meccanicamente, fino a quando non interviene un evento a sconvolgere quelle che sono state fino ad allora le sue presunte certezze. Nulla mi pare più profetico di ciò nell’anticipare il ritratto dell’uomo contemporaneo, che ha vissuto questi due ultimi anni di pandemia, un individuo che era, nei tempi precedenti, travolto dal vortice dei ritmi quasi meccanici e frenetici della vita quotidiana e che, dopo la comparsa del virus, ha dovuto fare i conti con un nemico tanto invisibile quanto insidioso. Ed è allora che ha provato in se stesso tutta la sua debolezza e la difficoltà nel continuare a portare avanti “la sua parte”. Le abituali  certezze si dissolvono nell’opera pirandelliana come si sono dissolte nella nostra società contemporanea, di fronte a un nemico sconosciuto e inatteso, quale è stato il virus del Covid 19; nella società stessa si è, così, verificato uno strappo. Nel romanzo pirandelliano si è  trattato di quello ipotizzato nel cielo di carta del teatrino romano, nel momento culminante della riduzione dall’Elettra di Sofocle, quando la marionetta che rappresenta Oreste, nel momento culminante in cui sta per uccidere la madre, per vendicare il padre, potrebbe, appunto, venire distratta proprio da quello strappo stesso. Lo strappo metaforico provocato dalla pandemia da Covid 19 non è una possibilità visibile nel cielo di carta narrato nel romanzo pirandelliano, ma è una realtà altrettanto, se non più  profonda. Si trova nelle coscienze e nei cuori di tanti individui che, durante questa pandemia, hanno magari perso i loro cari, hanno sofferto per l’isolamento e il distanziamento imposto giustamente dalle norme anti Covid e, in certi casi, hanno anche perduto il loro lavoro. Lo strappo pirandelliano si è riflesso, durante questi due anni di pandemia, non soltanto negli animi degli adulti, ma anche in quelli dei  bambini. Ma a differenza del teatrino presente ne “Il fu Mattia Pascal”, sono convinta che la società contemporanea  che ha percorso il labirinto del Covid 19, non sia costituita di marionette. Gli strappi, anche se a fatica, si possono ricucire, con la presenza di un giusto tempo necessario, e grazie a uno sforzo comune di impegno solidale e condiviso. In fondo Pirandello era convinto che ciò  che distingue l’uomo dagli altri esseri viventi fosse la coscienza della propria esistenza, il sentirsi vivere, il ritenere il nostro sentimento della vita quale realtà, una sorta di “lanternino, che facesse vedere all’uomo il bene e il male  e che proiettasse, tutt’intorno a noi, un cerchio più o meno ampio di luce, di la dal quale è l’ombra nera”. Questo lanternino, presente in ciascuno di noi, rappresenterà  uno strumento prezioso per ricucire lo strappo avvenuto nelle nostre esistenze.