L’affermazione del pensiero di Rousseau è più vicina di quanto non si creda e le democrazie nel mondo sono in calo. Nelle sempre più remote stanze del potere si sta discutendo della proposta del Governo di prorogare lo stato d’emergenza. Condizione che -limitando alcune libertà costituzionali- permette ad un gruppo limitato di persone di prendere decisioni e adottare provvedimenti aggirando il filtro del controllo democratico. Della gravità di questa deriva democratica gli italiani sembrano preoccuparsi ben poco. Parrebbe ovvio: la crisi sanitaria ha messo in ginocchio milioni di persone, che hanno ben altro di cui preoccuparsi; e anche i privilegiati dallo stipendio garantito preferiscono godersi i vantaggi del lavoro da casa, piuttosto che andare incontro a quell’altra metà di disperati (gran parte dei quali titolari di partita IVA) che minacciano chissà quali insurrezioni. Purtroppo è in momenti come questo che il valore di diritti fondamentali dell’uomo, acquisiti attraverso secoli di rivoluzioni e battaglie, perde consistenza e appare sempre all’orizzonte qualcuno che trova a il modo di approfittarne. Che valore può avere un semplice voto, quando il principale problema è la sopravvivenza? La risposta ce la diede già Giovenale quando ai tempi dell’antica Roma rappresentava le aspirazione della plebe imperiale con una semplice locuzione: “Panem et Circenses“. E cosa scriveva in proposito il filosofo ispiratore del principale partito di Governo,Jean-Jacques Rousseau? Ne “Il Contratto sociale” ribadiva: “Il popolo inglese crede di essere libero, ma si sbaglia di grosso; lo è soltanto durante l’elezione dei membri del Parlamento; appena questi sono eletti, esso torna schiavo, non è più niente”. La sottovalutazione dell’importanza dei valori liberali sfociata proditoriamente, attraverso la conquista del consenso democratico, in dittatura è caratteristica delle tirannie dell’ultimo secolo, da Mussolini a Maduro, da Hitler a Duterte… e sembra conservare pienamente il suo potenziale. L’illusione di qualche, spesso insospettabile leader politico, di considerarsi l’uomo (o la donna) della Provvidenza ha sempre portato a pericolosi declivi. “È l’ebbrezza del potere, bellezza!” ci direbbero parafrasando Humphrey Bogart dal film “L’Ultima Minaccia”, “e tu non ci puoi fare niente”. Mi è capitato di seguire in TV la puntata finale di una serie inglese prodotta dalla BBC incentrata sulle vicende della famiglia di un magnate dell’editoria (interpretato da Richard Gere) che ha l’ambizione di determinare l’elezione del Primo Ministro. Nella narrazione della serie ci riesce e contribuisce a portare a Downing Street una leader populista agguerrita, che così si esprime con la direttrice della testata di questo “Tycoon” in occasione del loro primo incontro dopo la proclamazione:”Sono stata a Las Vegas con mio marito, che è un appassionato giocatore. Attraversavo quelle sale enormi piene di slot machines: la gente stava lì per ore e continuava a far girare la ruota sperando in qualche vincita miracolosa che cambiasse la sua vita. E mentre ero lì che vagavo ho capito chi mi ricordavano quelle persone: gli elettori, coloro i quali una volta ogni cinque anni sono chiamati a girare la ruota. Nella speranza di vincere una casa, un buon lavoro …e ad ogni elezione ecco che perdono. Ma nessuno deve disperare, potranno riprovarci dopo altri cinque anni. Ma se io dicessi loro: “avrete una casa, un lavoro pagato, la vostra dignità e il rispetto per voi stessi… se rinunciate al diritto di far girare la ruota, quella slot machine che troppe volte vi ha deluso”, cosa crede che risponderebbero in quel caso?”. Eccola la visione di Rousseau magistralmente raccontata in chiave moderna! Spero di non far rivoltare nella tomba il filosofo torinese Costanzo Preve, marxista e studioso critico del capitalismo, se mi permetto di rubare un periodo del suo saggio “Il popolo al potere: Il problema della democrazia nei suoi aspetti storici e filosofici“, e riproporlo in chiave liberale: “Non c’è nulla di più facile, e nello stesso tempo di più inutile, dell’elencare forme di Stato e di governo, che magari sulla carta sembrano quasi perfette e poi crollano come un castello di carta, non appena i pochissimi oligarchi, titolari degli arcana imperii e del diritto unilaterale di decidere quale sia lo stato di emergenza, fanno saltare il tavolo delle regole del gioco fra lo stupore impotente degli sciocchi, che hanno veramente creduto alla favola per bambini, per cui le regole del gioco sono più importanti del tessuto umano e sociale dei cittadini che costituiscono una comunità”. Non sottovalutiamolo: il pericolo c’è. Nel 1941, solo 11 paesi al mondo erano organizzati secondo principi democratici. Nel 2000 ben 116 paesi (il 69 per cento del totale) erano considerati democrazie. Ma il sistema democratico nell’ultimo decennio ha cominciato a perdere terreno; negli ultimi quindici anni, molti paesi sono diventati meno democratici. La crisi del 2008 ha accentuato il trend. Alla fine del 2017, erano democrazie 97 paesi su 167 (il 58 per cento del totale). Le derive autoritarie – come quelle guidate da Viktor Orbán e Andrzej Duda – sono alle porte, addirittura dentro la casa comune europea, ma –ripeto– non stiamo dando sufficiente importanza al fenomeno. Scriveva sferzante Longanesi: “Soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia”… Forse è quello che ci aspetta.
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