Un lettore del mio ultimo libro mi ha scritto una lunga mail, lamentandosi legittimamente per il trattamento da me riservato ad un suo zio. Nel corso di questa lettera, vantando una vicinanza ideale con Mario Pannunzio, mi rivelò il cognome del nipote ungherese, acquisito, del direttore de “Il Mondo”, che aveva sposato la splendida ballerina di Budapest, Mary, che io conobbi all’atto della fondazione del Centro “Pannunzio” a casa di Arrigo Olivetti a Roma. Con Mary ebbi un lungo rapporto di amicizia e anche di collaborazione in relazione al Centro intitolato al marito scomparso immaturamente nel 1968. Questo nipote lo vidi una sola volta in un’osteria del quartiere Prati, vicino alla casa di Pannunzio in via Lucrezio Caro, dove ero solito andare per i miei primi studi pannunziani, iniziati quand’ero ancora all’Università‘. Pranzammo il nipote ed io insieme con Mary che ci invitò quel giorno ad assaggiare i tartufi neri di Norcia. Ricordo che di fatto non ci fu conversazione tra noi due forse anche a causa del suo italiano incerto. Fu l’unica volta che lo vidi in decine d’anni di frequentazione di Mary. Approfondendo il discorso su di lui, ho scoperto che si trattava del signor Stefano Tatai, nato a Roma nel 1938 e morto nel 2017 alle Canarie dove si era trasferito. Era stato un famoso campione di scacchi che durante l’invasione dell’Ungheria da parte dell’RSS nel 1956, era fuggito in Italia ,appoggiandosi all’importante zio che, stando a testimonianze non so quanto attendibili, lo avrebbe aiutato, protetto ed ospitato a lungo ,addirittura mobilitando altolocate amicizie del gotha comunista, cosa del tutto improbabile conoscendo il carattere e le idee di Mario Pannunzio. E’ strano che questo nipote non sia mai comparso nelle testimonianze di tanti amici di Pannunzio che ho raccolto negli anni e che la stessa Mary non mi abbia mai parlato del diletto nipote. Mary Pannunzio decise di lasciare, come sua ultima volontà, la biblioteca e i documenti del marito al Centro “Pannunzio” di Torino, come attesta anche una pubblicazione ufficiale dell’Archivio storico della Camera dei Deputati del 2003 in cui viene scritto, senza precisarne il nome, che il nipote di Pannunzio decise, alla morte della zia, con assai poco stile (la valutazione è ovviamente mia), di disattendere la volontà della defunta, vendendo biblioteca e documenti alla Camera dei Deputati allora presieduta da Luciano Violante. Io seppi della scelta fatta quando non c’erano più i tempi per impugnare nelle sedi legali quanto deciso dal signor Tatai che tradì la zia e soprattutto la memoria del suo presunto e vantato benefattore Pannunzio. Ne parlai con gli amici avvocati Vittorio Chiusano e Claudio Dal Piaz che sollevarono dei dubbi sulla legittimità di quella operazione. Sarebbe interessante sapere chi eventualmente consigliò quella scelta e soprattutto conoscere la cifra che ricevette in cambio. La destinazione ultima dell’archivio della Camera poteva anche essere una scelta condivisibile malgrado Pannunzio non fosse mai stato deputato. Da un ulteriore approfondimento, che riferisco con il beneficio d’ inventario, ho appreso che il nipote di Pannunzio sarebbe stato di idee di estrema destra, se non proprio fascista. C’è chi lo ha definito un gentiluomo conservatore, moderando la sua collocazione comunque a destra. Io non sono stato in grado di attingere altre notizie se non quelle relative ai suoi eclatanti successi nel mondo degli scacchi. Un po’ poco per decidere di realizzare dei quattrini sull’eredità destinata al Centro “Pannunzio” di Torino che nel 1988 cambiò anche sede per avere gli spazi necessari ad accogliere, il più tardi possibile, le volontà espresse dalla Signora Pannunzio proprio il 10 febbraio 1988 a Palazzo Lascaris di Torino alla presenza di Indro Montanelli ed Aldo Viglione, che ricordarono insieme a chi scrive il ventennale della morte di Pannunzio.
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