Vittorio Badini Confalonieri (Torino, 1914 – Bardonecchia, 1993), avvocato e uomo politico, è stato uno degli esponenti più prestigiosi del liberalismo italiano del Novecento. Segretario regionale e rappresentante del Partito Liberale nella segreteria del CLN piemontese dopo l’8 settembre 1943, membro della formazione partigiana Sap “Mingione”, scampato alla fucilazione in virtù dello scambio di prigionieri con elementi della RSI, il 2 giugno 1946 fu eletto all’Assemblea Costituente in seno alla quale effettuò numerosi interventi sia sul testo della Costituzione, sia su determinati disegni di legge, oltre a varie interrogazioni e commemorazioni. Eletto deputato nel giugno 1953, per cinque legislature (fino al 1976) rappresentò il collegio Cuneo-Asti-Alessandria. Sottosegretario di Grazia e Giustizia nel quarto ministero De Gasperi (1947-48), sottosegretario agli Affari Esteri nel governo Scelba (1954-55) e nel primo governo Segni (1955-57), ministro del Turismo e dello Spettacolo nel secondo governo Andreotti (1972-73), nel 1974 fu autore di una proposta di legge relativa all’istituzione di un ministero dei Beni e delle Attività culturali. Europeista appassionato e convinto (e impegnato in tal senso fin dal 1947) ispirandosi all’alto magistero di Luigi Einaudi (che già nel 1918 prospettava una sorta di unità europea), fu presidente dell’Unione Europea Occidentale nel 1959-60 e nel 1966-69 e presidente nazionale del PLI dal 1967 al 1972. Presidente della Fondazione Luigi Einaudi, vicepresidente dell’Associazione Italia-Israele, presidente del Club Alpino Italiano di Torino e attivo in altri importanti organismi e istituzioni, Badini Confalonieri, uomo di profonda fede cattolica professata nello spirito della più rigorosa laicità, per insanabili contrasti proprio in materia di laicità e laicismo nel 1977 lasciò il partito e la politica, dedicandosi interamente alla professione forense; in quello stesso anno – dopo l’assassinio di Fulvio Croce, presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino, ad opera delle Brigate Rosse – venne nominato Commissario straordinario ministeriale dell’Ordine. Di Vittorio Badini Confalonieri, brillante conferenziere e scrittore elegante e vivacissimo, uomo di vasta cultura con un forte interesse per gli intrecci e gli snodi della politica e della storia, il figlio Luca (professore ordinario di Letteratura Italiana presso l’Università di Torino) ha raccolto in volume scritti redatti tra il 1946 e il ’90 – parte sparsamente stampati o soltanto letti in pubblico, parte affatto inediti – e vertenti su diciassette figure otto-novecentesche di piemontesi illustri nel mondo della politica o in quello della cultura e della vita pubblica e sociale (tra questi Alfredo Frassati, Piero Gobetti, Guido Verzone, Luciano Salza, Vittorio Valletta); tra gli appartenenti al milieu politico, possono considerarsi liberali Silvio Pellico, Giuseppe Barbaroux, Camillo Cavour, Quintino Sella, Marcello Soleri, Luigi Einaudi, Manlio Brosio, Bruno Villabruna, Edgardo Sogno – alcuni a pieno titolo, altri in modo più eccentricamente personale (Sogno, ad esempio). Ma l’interesse, sempre curioso acceso generoso, di Badini Confalonieri si accentra anche su altri ragguardevoli personaggi della politica e della storia italiane non ascrivibili all’area liberale quali Angelo Brofferio, il tenace e implacabile avversario di Cavour (con una simpatia forse alimentata dalla comune professione forense), il discusso Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio (“difeso” con eccezionale quanto obiettivo talento avvocatesco), il senatore Raffaele Cadorna, figlio del Maresciallo Luigi ed eletto come indipendente nelle liste della DC. Nelle pagine di Badini Confalonieri – qui raccolte in base alla diacronia biografica dei personaggi, ma ideate e composte non organicamente e spesso nate da occasioni e circostanze contingenti – scorrono comunque circa centocinquant’anni di storia italiana, dal Piemonte sabaudo, all’Italia unita e monarchica, all’Italia repubblicana – quella, se così la si vuole chiamare, della prima repubblica, per la quale, ad onta dei suoi limiti, delle sue insufficienze, dei suoi scandali, cominciamo a nutrire qualche rimpianto e nostalgia. Una prima impressione porta a constatare come sia nel complesso evincibile l’inevitabile evoluzione temporale della teoria e della prassi liberale, fermo restando – e questa crediamo sia la più eloquente e significativa lezione del libro – sempre elevato saldo illuminato il concetto di liberalismo concepito (nonché vissuto ed attuato) da Badini Confalonieri nella sua opera di politico e di uomo di legge: un concetto, che attraversa e si irradia come un fil rouge nei profili delle personalità tratteggiate, di fondamentale riguardo per l’uomo, per la persona – per la singola persona, occorre precisare, per l’individuo sempre unico e irripetibile – nel segno di una sovrana tolleranza e di un sovrano rispetto per simili e dissimili, per chi persegue con onestà di intenti idee sentimenti visioni del mondo diverse o alternative, tolleranza e rispetto personali e impegno nella strenua difesa dei diritti inalienabili di tutti alla luce della irrinunciabile libertà e autonomia del singolo. Questa tonalità, questa coloratura pensiamo meriti una qualche meditata e ponderata riflessione, specie ai giorni nostri – ormai alquanto lontani da quelli contemplati e descritti nel volume – in cui i poteri forti (politici, finanziari, tecnocratici, mediatici) ad onta del vantato allargamento degli spazi di libertà non ad altro cooperano che a ridurne i confini. Nella veste di storico (sia pure non professionale) Badini Confalonieri lascia pagine di preziosa importanza in particolare su Cavour e Quintino Sella, così come testimonianze di estremo spessore sono quelle dedicate a Luigi Einaudi (a cui l’Autore fu strettamente vicino e con cui collaborò in svariati contesti) e a Marcello Soleri, l’avvocato e politico cuneese antifascista, ministro del Tesoro nel gabinetto Bonomi, la cui prematura scomparsa nel luglio 1945 privò l’Italia di quello che, nel solco dell’esperienza einaudiana, avrebbe potuto essere uno dei maggiori protagonisti della vita politica ed economica nella ricostruzione postbellica. Impossibilitati a dettagliare caratteristiche e pregi che l’Autore riscontra con sagace perspicacia nei singoli personaggi valendosi di una prosa colta e raffinata, godibilissima anche sul versante letterario (talvolta infiorata di una garbata e ironica aneddotica e di umanissimi squarci autobiografici), non sarà lecito tacere di due profili che, insieme ai citati e forse più di tutti, almeno a nostro parere, spiccano nel panorama badiniano: quelli di Piero Gobetti e di Pietro Badoglio. La complessa personalità gobettiana e il suo problematico “liberalismo” trovano in Badini Confalonieri (in un Ricordo del 1956, nel trentennale della morte del commemorato) un interprete di aperta ammirazione etico-politica e incisiva penetrazione intellettuale e psicologica, volto a coglierne le più genuine note liberali o, almeno, libertarie: «Il fatto è che l’intelligenza del Gobetti era dotata di una vera potenza intuitiva: le intuizioni si succedono in lui con una rapidtà inverosimile che attesta della sua genialità e non concede il tempo necessario per un loro completo ed esauriente approfondimento. La sua capacità di sintesi ci lascia quasi senza respiro: ad una intuizione segue l’altra senza intervallo, senza quasi se ne possa avvertire il nesso logico. Occorre quindi che sia il lettore a ricavarlo da sé con la necessaria riflessione» (p. 115). E ancora: «Il suo credo […] non è il marxismo, la sua fede non è riposta nel movimento operaio in quanto tale: ciò che conta per Gobetti non è il socialismo, ma la rivolta autonoma, religiosa, della classe operaia perché ne esca un élite, perché si formino, anche nella classe operaia, i quadri dirigenti. È questo il motivo dominante di Rivoluzione liberale; egli intende farsi iniziatore di una critica disgregatrice dell’invecchiata intellettualità e per converso di un’educazione degli spiriti liberi» (p. 117). Per approdare a una definizione complessiva: «Questi sono […] i punti fondamentali della psicologia di Gobetti che soli possono spiegarne con esattezza la concezione e la posizione politica: un amore geloso ed esclusivissimo della libertà, ed una intransigenza tragica spinta fino all’eroismo. Apparente e non sostanziale è dunque la contraddizione dei due termini […]: “Rivoluzione liberale”. Perché la sua rivoluzione non è diretta contro lo Stato, contro lo stato liberale e democratico. Direi anzi, che la sua è una rivolta contro i nemici palesi ed occulti non solo della libertà ma dello stato liberale. Egli combatte contro il quietismo, contro ogni forma di compromesso e non esita a denunziare le “vigliacche dedizioni degli intellettuali ai fasci” e “gli istinti ferocemente collaborazionisti di oppositori che volevano battere Mussolini sul terreno dell’astuzia e dei giochetti parlamentari”. È nemico del parlamentarismo ma non dell’istituzione parlamentare. Si scaglia contro l’industria alla ricerca del protezionismo e del privilegio, mai contro il coraggio e la libera iniziativa dell’imprenditore […]» (pp. 119-120). La discussa discutibile controversa figura di Pietro Badoglio trova (in una commemorazione del 1957) una finale assoluzione da parte dello storico. Lo scritto sembra configurarsi come un’arringa che palesa la formidabile cultura (e abilità) giuridica dell’ “avvocato difensore” (che non senza ironia e spirito a un dato punto afferma: «Non vorrei che taluno potesse per avventura reputare la mia una modesta arringa di difesa, che, sia ben chiaro, non occorre», p. 133), ma sarà giusto osservare che, con la consueta onestà, lo storico non tende a nascondere o a minimizzare le ombre dell’ “imputato” (che, in taluni casi, potrebbero anche essere fatti o non commessi o non costituenti reato…), anche se altrettanto onestamente considera in fine prevalenti le luci. È probabile che la figura del generale piemontese (di cui, se non altro, è lodevole la inattaccabile e incorruttibile fedeltà al suo Re) resti perennemente sospesa in un limbo storicamente spalancato tra il bene e il male; quel che peraltro ci pare innegabile è che nell’ampia ricostruzione storico-saggistica di Badini Confalonieri sia da individuare una delle voci più documentate e attendibili in merito allo scabroso argomento.
Vittorio Badini Confalonieri, a cura di Luca Badini Confalonieri, Torino, Centro Studi Piemontesi, 2020, pp. 268.