L’eredità di Falcone e Borsellino a trent’anni dalle drammatiche stragi. Il teatro Regio dedica loro un lavoro intitolato “L’eredità dei giusti”, con la musica di Marco Tutino, in prima esecuzione assoluta.

Quest’anno si celebra una ricorrenza speciale a trent’anni dalla strage di Capaci, dove perse la vita il giudice Giovanni Falcone insieme alla moglie Francesca Morvillo e la sua scorta. Il prossimo 19 luglio sarà  il momento di ricordare un’altra pagina tremenda della nostra storia contemporanea, l’attentato di via d’Amelio al giudice Paolo Borsellino. Il teatro Regio di Torino ha deciso di portare in scena, venerdì  27 maggio alle 20 e sabato 28 maggio alle 19, in prima assoluta, il racconto in musica “Falcone e Borsellino. L’eredità dei giusti”, una coproduzione che vede uniti, nel trentennale dell’uccisione del giudice Giovanni Falcone e del collega Paolo Borsellino, diversi enti lirici, il teatro Regio di Torino, il Piccolo Teatro di Milano, teatro d’Europa, la Fondazione per la Cultura-MITO Settembre Musica e il Teatro Massimo di Palermo. Autore della musica originale è il compositore Massimo Tutino; Emanuela Giordano è autrice della drammaturgia e della regia. A dirigere l’Orchestra e il Coro del Teatro Regio sarà il maestro Alessandro Cadario, il coro è istruito dal maestro  Andrea Secchi. Tra gli interpreti il soprano Maria Teresa Leva e diversi attori del Piccolo Teatro di Milano, Jonathan Lazzini, Anna Manella, Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Simone Tudda. Immagini e video sono realizzati da Pierfrancesco Li Donni e Matteo Gherardini. Il lavoro è diviso in tre parti riconoscibili dal punto di vista narrativo e temporale, dal titolo rispettivamente “Le stragi”, “La reazione” e “Il presente”, in cui immagini, canto e narrazione si intrecciano con grande intensità e, al tempo stesso, delicatezza, ai documenti video originali, materiale Teche RAI su licenza di RAI COM S.p.a, in cui emerge la drammaticità della voce di Paolo Borsellino che, dopo la morte di Giovanni Falcone, denuncia l’isolamento in cui è stato lasciato l’amico. Emerge con forte intensità un sentimento di orrore, di paura, un senso di sconfitta e di sgomento di un intero Paese, l’Italia in lutto. Sono numerosi i rimandi poetici a Gesualdo Bufalino, uniti al ricordo corale di quei giorni contraddistinti da un senso di sconforto, capace, però, di virare verso un profondo desiderio di riscatto, individuale e collettivo.  Emergono, così, le assemblee, le piazze gremite, il riaffermarsi di valori imprescindibili, quali la verità, la giustizia e l’onestà. Il Presente rappresenta la sezione che si domanda  quale sia l’eredità lasciata dai giusti. La mafia si è trasformata e adattata, riuscendo ad agire ancora più  profondamente nell’ombra. Ci si pone la domanda di quale sia la nostra responsabilità di cittadini, che consiste nel non dimenticare e nel continuare ad agire nel senso di appartenenza. “Vi era il rischio concreto –   ricorda il magistrato Gian Carlo Caselli – che con le due stragi del ’92 la nostra Democrazia potesse cedere, addirittura crollare. Ma una forte reazione corale da parte delle forze dell’Ordine, della magistratura, della società civile  e della politica, per una volta almeno unita, ha permesso il recupero del metodo proprio del pool di Falcone e Borsellino, riuscendo a produrre risultati che hanno salvato l’Italia dall’abisso. Ha iniziato ad avverarsi quanto Paolo Borsellino aveva sempre sostenuto, vale a dire che “la lotta alla mafia non deve essere soltanto un’opera distaccata di repressione, ma rappresentare un movimento morale  e culturale, anche di natura religiosa, capace di coinvolgere tutti e di aiutarli a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si contrappone al puzzo del compromesso morale, della complicità e dell’indifferenza”. L’eredità di Falcone e Borsellino e delle altre vittime di mafia, parafrasando l’espressione dello storico Salvatore Lupo, è stata rivoluzionaria, in quanto queste figure sono state creatrici di credibilità e di rispettabilità. Operando come hanno operato in vita, sacrificandosi fino alla morte, hanno restituito alle persone lo Stato, dando un senso completo all’espressione “Lo Stato siamo noi”. “L’eredità dei giusti – spiega il compositore Marco Tutino –  è sicuramente ingombrante in quanto ci costringe a sapere che contro l’ingiustizia, la violenza, il sopruso, l’arroganza della criminalità e della mentalità mafiosa si può  lottare e si può dire di no. Falcone e Borsellino, con la memoria del loro sacrificio,  continuano a ricordarci che non ci si può  girare dall’altra parte, che non si può  abbassare lo sguardo”. Il racconto per musica, canto e parole recitate che viene proposto al teatro Regio rappresenta una modalità  di ribadire la possibilità di ribellarsi. In una terra estremamente complicata, ma al tempo stesso molto bella, accanto al male è nata una grande poesia, insieme alla profondità  di un pensiero prezioso. In questo racconto fatto di testimonianze e di speranza la musica non è una componente secondaria, ma diventa anch’essa protagonista. Se le opere a sfondo storico sono sempre esistite, certamente può far effetto veder nascere un nuovo spettacolo dedicato a due ferite che, dopo trent’anni ancora,  mostrano visibili le loro cicatrici. “Falcone e Borsellino – spiega la drammaturga e regista Emanuela Giordano – non devono soltanto essere ricordati, ma diventare per le nuove generazioni un modello, uno stimolo costante per non arrendersi a quello che degrada e umilia l’Italia, il nostro bellissimo Paese”. Direttore artistico  del Teatro Regio dal 2002 al 2006, Marco Tutino è nato a Milano  nel 1954 e, parallelamente agli studi classici, ha conseguito due diplomi al Conservatorio della sua città,  in Flauto e Composizione, ed è  stato ideatore e promotore, con altri sei compositori, nonché  autore del Requiem per le vittime della mafia, eseguito nella cattedrale di Palermo il 27 marzo 1993.