Sono trascorsi oltre 70 anni dalla morte di Leone Ginzburg, ma il suo ricordo si è affievolito, nonostante l’importanza di tale figura nella lotta per il ripristino della vita democratica in Italia. Ginzburg nacque ad Odessa in Ucraina da famiglia di religione ebraica, giunse in Italia ancora bambino e frequentò le scuole elementari a Viareggio dal 1914 al 1919. I primi anni delle scuole secondarie li frequentò invece a Berlino, dove la famiglia si era trasferita. Tornato in Italia conseguì la maturità classica a Torino ove fu amico dei compagni di scuola Norberto Bobbio, Vittorio Foa, Cesare Pavese, Carlo Levi, Elio Vittorini, Massimo Mila, Luigi Salvatorelli ed Augusto Monti. Norberto Bobbio ne avrebbe poi ricordato le rare doti di sensibilità e cultura nel volume “ Etica e politica. Scritti di impegno civile” ristampato da Mondadori nel 2013. Nel 1930 ebbe luogo il processo ai giellisti Riccardo Bauer ed Ernesto Rossi, mentre Aldo Garosci riuscì ad espatriare. Dopo tali vicende fu Ginzburg, che già si era avvicinato al movimento Giustizia e Libertà, a reggerne le fila in Italia. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, passò presto a quella di lettere in cui si distinse a tal modo che nel 1932 gli fu affidato l’insegnamento di letteratura russa. In quello stesso anno iniziò la collaborazione ai quaderni di G.L. ( con lo pseudonimo di M.S.)con gli amici Augusto Monti( “veturio”) e Luigi Salvatorelli(“ pens”). Nel 1933 dovette rinunciare all’insegnamento per aver rifiutato il giuramento di fedeltà al regime.
Del settembre 1932 è un primo saggio ( scritto in collaborazione con Carlo Levi) sul N° 4 dei quaderni sul “ Concetto di autonomia nel programma di G.L.” in cui sottolinea il valore morale della politica e afferma la crociana religione della libertà. Nel mese di dicembre 1932 ( quaderno 5 di G.L.) compare una sua recensione del volume di Piero Gobetti sul significato della rivoluzione russa. Sul quaderno 6 del marzo 1933 è un suo intervento dal titolo “ Viatico ai nuovi fascisti” in cui evidenzia come l’obbligo di iscrizione al PNF non esclude una meditazione sul valore della libertà da parte dei nuovi iscritti. Tale articolo fu giudicato il più bello dell’intero fascicolo da Aldo Garosci per la profonda comprensione del problema dei giovani. Del successivo giugno 1933 sul quaderno 7 sono i suoi “ Chiarimenti sul nostro federalismo” in cui è esplicito il richiamo a Carlo Cattaneo. Del novembre è invece la forte polemica col ministro della Educazione nazionale dal titolo “ Note caratteristiche del prof. Ercole” ( scritta con Benedetto Croce) ove si sottolinea la acritica subalternità di Ercole a Starace e la eliminazione dalle biblioteche scolastiche dei testi non graditi. Del febbraio 1934 infine è l’articolo su “ Ipotecare il futuro” in cui mostra come , avendo Mussolini eliminato dalla vita politica quanti potevano fargli ombra ,il futuro può essere più favorevole agli oppositori che al regime. Nel marzo 1934 fu arrestato con la germanista Barbara Alleson e condannato dal tribunale speciale a quattro anni di carcere. Scontati due anni uscì per una amnistia e tornò a Torino, vigilato speciale. Nel 1938 sposò Natalia Levi. Nel 1940 fu inviato al confino a Pizzoli in Abruzzo ove trascorse tre anni. Il primo agosto 1943, in una lettera a Benedetto Croce esprimeva la sua amarezza: “ Le lascio immaginare il senso di malinconia e di rabbia che mi dà il continuare a essere considerato straniero nel mio paese”. Tornato a Roma dopo il 25 luglio fu esponente fra i più eminenti del Partito d’Azione e ne diresse il quotidiano clandestino Italia Libera. Il 27 e 28 agosto 1943 fu a Milano fra i fondatori del Movimento Federalista Europeo nella villetta di Mario Alberto Rollier in via Carlo Poerio 37. Il 5 settembre 1943 fu a Firenze fra i partecipi delle rappresentanze regionali del Partito d’Azione, fra cui ricordiamo Ferruccio Parri, Ugo La Malfa, Carlo Ludovico Ragghianti, Duccio Galimberti, Livio Bianco, Riccardo Bauer, Nello Traquandi, Adolfo Tino, Oronzo Reale ed Emilio Lussu. Partecipò alla lotta di Liberazione con lo pseudonimo di Leonida Gianturco. Arrestato il 19 novembre, dopo pochi giorni fu scoperta la sua vera identità. Fu trasferito nel settore tedesco del carcere di Regina Coeli dove fu torturato fino alla frattura di una mascella e morì il 5 febbraio 1944 in seguito alle sevizie subìte. Sul muro dell’edificio che ospitava la tipografia clandestina in cui Ginzburg fu catturato , vi è una lapide che lo ricorda così: “ Un agguato poliziesco/ nella tipografia/ de “L’Italia Libera”/ strappava alla lotta clandestina/ Leone Ginzburg/ italiano/ per passioni di risorgimento/ europeo/ di pensiero e di ideali/ era nato ad Odessa/ il IV.IV.MCMIX morì a Regina Coeli/ vittima del terrore nazista/ il V.II.MCMXLIV/ viva la sua memoria/ nel cuore di chi spera e / combatte/ per una giusta libertà.
Dopo la sua morte numerose sono state le manifestazioni di sintonia ed affetto degli amici superstiti.
Leo Valiani in “ Azionisti, comunisti e cattolici nella Resistenza”( ed. Angeli, Milano 1971, pag.36) scrisse : “ Il manifesto della federazione europea, certo il documento più lungimirante di politica internazionale di quell’epoca. Tramite Ada Rossi quel manifesto giunse ai gruppi di G.L. e al nascente Partito d’Azione, nel quale trovò con Luciano Bolis, Mario Rollier ed altri i suoi più entusiasti diffusori. La maggior parte degli intellettuali del Partito d’Azione, a cominciare da Leone Ginzburg, ne fece senz’altro proprie le idee…” Massimo Mila nel numero 6 del 1945 della rivista Il Ponte ricorda come “ Fra i nomi dei miei amici più cari, scomparsi prima del crollo del fascismo, quelli di Vannucci e Pilati sono associati nella mia memoria ai nomi di Carlo e Nello Rosselli, di Ceva, di Berneri, di Colotti, di Leone Ginzburg, di Jervis e di Manci: uomini di diversa provenienza e di diverse tendenze politiche, ma tutti di eccezionale valore morale”. Ernesto Rossi scrisse a Bobbio : “ Io ho visto poche volte Leone, ma prima di incontrarmi con lui, me ne avevano parlato spesso Foa, Mila e Monti a Regina Coeli, e i loro discorsi mi avevano già dato un’idea del suo valore…dopo la sua morte, ho anch’io una specie di culto per la sua memoria…Carlo Rosselli e Leone Ginzburg: due capi che avrebbero potuto dirigere l’azione del nostro piccolo gruppo di “ pazzi malinconici”… Ma, se ci sono mancati, non è venuta meno la loro influenza sulla nostra azione”. Bobbio, infine, lo ricordò con commosse parole in varie occasioni…” Leone Ginzburg era crociano ardentissimo e tale resterà devoto, fedele e riconoscente fino alla fine…” “ La sua moralità non aveva fondamenti ultramondani: per quanto rispettoso, da buon liberale, delle fedi altrui, non praticava alcune religione…” “ E’ morto solo, come se non avesse più nulla da dire. E invece il suo discorso era appena cominciato.”
A quanti ancora oggi si riconoscono nei suoi ideali il compito di proseguirne il cammino.
Mario Barnabè