Ad El Alamein venne costruito, da Paolo Caccia Dominioni, l’immenso Sacrario che raccoglie le salme di cinquemila soldati caduti nella grande battaglia egiziana della Seconda Guerra Mondiale, avvenuta nel 1942 durante la quale, da parte italiana, si distinse per coraggio e valore la “Folgore”, come attesta anche una famosa lapide. Il Sacrario e la lapide resteranno al loro posto perché il terreno è stato assegnato dal Governo Egiziano (con cui alcuni, a causa del caso Regeni, volevano l’interruzione della relazioni diplomatiche) in comodato d’uso all’Italia. Ma verrà a mancare lo sfondo del deserto, che rappresenta la contestualizzazione del tragico evento di guerra. Al posto delle trincee della “Folgore” c’è già oggi un’autostrada ad otto corsie. Quel villaggio diventato simbolo della guerra, entro pochi anni sarà una piccola metropoli di almeno mezzo milione di abitanti. El Alamein è chiamata infatti ad ospitare funzionari ed impiegati dei vicini giacimenti petroliferi, oltre che i turisti attratti dai grandi resort in costruzione lungo la costa. Molti cantieri, finanziati in gran parte dagli Emirati Arabi Uniti, sono già’ iniziati. C’è da trarre una conclusione positiva da questa notizia che comunque riguarda la vita dell’Egitto che, malgrado il terrorismo di cui è vittima, sta progredendo: il fatto che i campi di battaglia videro scorrere il sangue dei soldati stanno diventando sede di opere di pace. Accadde così anche in URSS, ma i sovietici trasformarono i cimiteri di guerra italiani in campi di grano, offendendo in modo barbaro i caduti di cui non rispettarono le salme. Che si stia costruendo in Egitto, guardando al presente e al futuro, è un segno di speranza. Il caso Regeni ha macchiato la nostra idea di Egitto e ci ha fatto dimenticare, ad esempio, la violenza brutale della dittatura rivoluzionaria di Nasser e del suo odio antiisraeliano. L’Egitto, malgrado abbia subito danni immensi dall’abbattimento di un turismo, che non c’è più stato e che rappresentava la fonte di reddito primario per la sua economia, ha saputo resistere alle immense difficoltà che si è trovato di fronte. Pretendere di importarvi la democrazia occidentale come voleva fare Bush in Irak, è un’idea abbastanza velleitaria. La democrazia non si impone, ma deve nascere dalla scelta dei popoli. Spiace doverlo riconoscere, ma il realismo storico di chi ha letto Machiavelli, porta a vedere le cose nella loro globalità. E l’episodio di El Alamein ci induce a pensare che anche in Egitto si lavori per migliorare le condizioni di vita dei propri abitanti. Ci fu chi qualche anno fa, temendo per la salma di Vittorio Emanuele III, sepolta nella chiesa di Santa Caterina ad Alessandria d’Egitto, idealmente vicina ai caduti di El Alamein, volle trasferirla a Vicoforte in provincia di Cuneo. Pensavano che in Egitto non fosse più al sicuro e scelsero una sede decentrata e la trasferirono alla chetichella. Sbagliarono luogo, ma sbagliarono anche nel sottovalutare l’Egitto che, ripeto, non può essere ricondotto al pur grave e penoso caso del giovane Regeni.
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