di LPremessa

Che si trovassero in mezzo al mare è opinione comune degli studiosi. C’è chi le colloca nel Canale di Sicilia, cioè in quel tratto del Mediterraneo che corre tra la costa meridionale della Sicilia e quella   tunisina; chi le identifica con lo Stretto di Gibilterra, chi le posiziona altrove. È certo che il superamento delle Colonne d’Ercole ha a che vedere con la navigazione e chi le conosca è giustamente considerato un abile marinaio che sa condurre un’imbarcazione in mare aperto. Può ritenersi che, nella fantasia popolare, le Colonne d’Ercole costituiscano la prova che un campione di nuoto è in grado di superare. In certo modo è vero. Il bravo capitano non può non saper nuotare. Il mare è un po’ il suo elemento.

1. Il mare della vita

Gli italiani di oggi difettano di coscienza politica e facilmente si perdono nel gran mare di una cronaca di avvenimenti difficili da interpretarsi. Nessuno si è premurato di insegnar loro quanto sia importante la partecipazione che si dà agli eventi della vita politica. Non lo fa la scuola, anche nel timore di influire sulle opinioni degli studenti, distogliendo la loro attenzione dallo studio delle materie di insegnamento, cosa che fa orrore a tante mamme e a tanti papà. Uno studio che – la verità va anche detta – si rivela spesso inutile perché fuorviante dalla realtà. Studi la letteratura e scopri che nei poeti e nei grandi scrittori palpita sempre un cuore generoso, altruista, leale. Lo stesso per quanto riguarda la storia dell’arte e e perfino quella degli eventi politici, per cui Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi avrebbero agito tutti disinteressatamente nell’esclusivo bene dell’Italia e degli italiani. Tutte balle! Tanto Cavour quanto Vittorio Emanuele e lo stesso Garibaldi seppero apportare delle novità al paese, ciascuno badando però, finché gli fu possibile; di portarsi dietro qualcosa del mondo che gli apparteneva e a cui sarebbe stato per loro impossibile rinunciare. A pagare di più furono Garibaldi a Cavour ai quali si dovette però lasciare qualche contentino. E in Cavour si celebrò lo statista, in Garibaldi l’eroe, oscurando il politico. La storia della letteratura consiste, giustamente, in una corale manifestazione di dissenso rispetto a quanto detto e fatto da Francesco d’Assisi. Se Dante è cauto nel sostenere che non deve esagerarsi con l’esaltazione della povertà, Petrarca e Boccaccio sono espliciti: la vita va vissuta, assaporandola. Il rinascimento conclude che la povertà porta all’abbrutimento. Sarà questa l’eredità che il Cinquecento consegnerà a tutta l’Europa colta. Scandalizzarsene è da sciocchi. Ma poi abbrutisce anche quel fare a gomitate, dare sgambetti, mettere alla berlina i rivali, operazioni di cui furono maestri tanti artisti, poeti e intellettuali della civile Europa. Pietro Aretino fu più mordace del Dracula “vampiro dal nero mantello” cantato qualche decennio fa da Dino Verde in una sua celebre canzonetta. Paolo Giovio lo aveva pesantemente apostrofato, mentre giaceva ammalato, scrivendo, uccello del malaugurio, questo epigramma da porsi sulla sua tomba: Qui giace l’ Aretin poeta tosco / di tutti disse mal fuorché di Cristo / scusandosi col dir: non lo conosco. Accusare qualcuno in quei tempi di non conoscer Cristo – cioè dis-conoscerlo – significava additare il poveretto al Tribunale dell’Inquisizione. Pietro Aretino, una volta guarito replicò: Qui Giace il Giovio, storicone altissimo / di tutti disse mal fuorché dell’asino / scusandosi col dir “egli è il mio prossimo”. Si noti l’egli riferito all’asino, al quale si finge che Giovio si rivolgessa come a un suo pari.

E che dire del cinismo di un D’Annunzio, poeta di indiscusso valore? Dei debiti accumulati da Foscolo? Di quanto di lui disse Vincenzo Monti dopo che il giovanotto gli aveva insidiato la moglie? E dei premi letterari? 

2. E se fosse diseducazione?

La scuola e la famiglia educano a parole, diseducano nei fatti. La scuola si rivela una palestra di ipocrisie, la famiglia è un legame e come tutti i legami, si rivela poco piacevole. Al punto che la “cameretta” – di cui peraltro non tutti i ragazzi dispongono – è nel migliore dei casi una prigione dorata, un guscio da cui Ercole sarebbe scappato, se non materialmente, almeno intellettualmente, imparando a navigare nel mare dei pensieri dove veramente si trovano le famose Colonne che dall’eroe greco prendono il nome. L’adolescente risolve i suoi problemi quando studia la strategia adatta a diventare adulto. A quel punto potrà, divenuto giovane responsabile e, col magro fardello della sua esperienza, dire “ciao” a papà e a mamma, magari aggiungendo con un pizzico di ironia e un altro pizzico di verità: “vi voglio tanto bene”. Ed è vero perché, superate le Colonne d’Ercole, voltandoci indietro, mamma e papà ci fanno finalmente tenerezza con quel loro salutarci sorridendo forzatamente al figlio che va per la sua strada.

L’uomo navigato si sa guardare attorno. Non ha bisogno di chiedere alla stampa di dichiarare la verità. Non ci mette molto a capire che nel mare di bugie naviga anche il più bravo dei giornalisti, accanto a noi. Anche lui è stato a scuola ed ha avuto e ha, come noi, una famiglia.

3. Un po’ di malignità guasta davvero?

Il torto maggiore della politica, volendo essere maligni, è la pretesa di trattare i cittadini come elettori la cui età ideale sia compresa tra i 14 e i 16 anni. Un target scoperto dalla pubblicità da che gli adolescenti sono diventati, grazie alla paghetta e alla capacità d’arrangiarsi, consumatori a volte accaniti di prodotti nocivi nell’indifferenza della famiglia e della scuola.

Ed ecco il leader che, nella fantasia bambina degli italiani, è un raffinato paragulo (espressione volutamente ossimorica, fino all’assurdo) che, avendo recitato nel ruolo non facile del dominus del baretto di periferia, giunge a un premio “ch’era follia sperar” e diventa capo di un partito. Mi domando quanto sia possibile reggere questo gioco per chi sappia di dover risolvere problemi veri e non inventati.

Io sono convinto che chiunque abbia governato e governi l’Italia sappia che il debito pubblico ci ha impedito di alzare in Europa più di tanto la voce, rivendicando un qualche ruolo all’interno di un’alleanza resa necessaria dai fatti e dal progressivo bruciarsi delle distanze sul pianeta. Nell’Ottocento Parigi era lontana e Berlino lontanissima. Oggi possiamo far colazione a Parigi, consumare un pranzo a Berlino e rientrare per cena in Italia, magari un po’ affaticati da una digestione resa difficile dal frenetico correre da un aeroporto all’altro. Oggi anche i fenomeni climatici hanno un carattere internazionale e sappiamo che l’alluvione che ha colpito Valencia (dove vivono degli italiani) potrebbe colpire anche le coste tirreniche e adriatiche. 

Chiunque governi e abbia governato sa che l’evasione fiscale è un grosso problema. D’altro canto, volendo essere maligni fino in fondo e chiedendo scusa ai virtuosi uomini d’affari che rispettano le leggi e generosamente si spendono per il bene del paese, mi spingerò a dire che il ricco imprenditore (uso il singolare per prudenza e non volendo generalizzare) che già paga una mazzetta di qua, un’altra di là e, per non dispiacere a nessuno, regala favori a destra e a manca, punta i piedi ed esige delle garanzie in cambio. Come cambiare rotta e togliere privilegi che, concessi, sono poi diventati legittimi?

Chiunque abbia governato e governi in Italia sa che la guerra non piace agli italiani, sia adulti sia bambini. E la teme. Ma che succederà quando non sarà più possibile chiamare la guerra “operazione di pace?”

4. A mo’ di conclusione…

Il mondo si trova oggi di fronte a una scelta assai grave. Da un lato operare un’inversione di rotta e adoperarsi per la salvaguardia dell’ambiente e delle ricchezze comuni che sono risorse economiche di rilievo note anche agli antichi per i quali i mari, i fiumi erano divinità e i monti e i boschi le residenze scelte dagli dei. Dall’altra c’è la scelta più facile che consiste nel proseguire lungo il cammino intrapreso, col rischio però di dover rinunciare alla possibilità di una graduale conversione che consenta di guardare al futuro con più ottimismo. Lo capiremo dalle storie che ci verranno raccontate nel prossimo decennio.   udovico Fulci