Friedrich Nietzsche soggiornò a Torino in due distinti periodi, tra la primavera del 1888 e il gennaio del 1889. Meno di sei mesi che furono sufficienti perché il filosofo tedesco, che all’epoca aveva 44 anni, s’innamorasse della città ai piedi delle Alpi e della sua gente. L’autore di Così parlò Zarathustra dimorò in un appartamento ammobiliato al quarto piano di via Carlo Alberto 6 e l’affitto gli costò la cifra di 30 lire al mese. La stanza dava sulla piazza, proprio sopra l’ingresso della galleria Sulbalpina. Questo suo entusiasmo per la capitale sabauda Nietzsche lo consegnò a diverse lettere: “Trovo che qui valga la pena di vivere sotto tutti gli aspetti…La mia camera è in centro.. sole dalla mattina al pomeriggio, vista su Palazzo Carignano, sulla piazza Carlo Alberto e in lontananza sulle verdi montagne…Torino è una scoperta capitale.. sono di buon umore e lavoro dal mattino alla sera. Riesco a dormire nonostante il rumore delle carrozze che passano di notte. E l’aria è secca, energizzante, allegra”. Di Torino il filosofo amò la severità e l’eleganza dei portici, gli specchi, le tappezzerie e le decorazioni dei plafonds degli antichi caffè rococò. Come ricorda la lapide di via Carlo Alberto, preparata dallo scrittore Rubino per il centenario della sua nascita, Nietzsche “conobbe la pienezza dello spirito che tenta l’ignoto, la volontà di dominio che suscita l’eroe”. Fu proprio in questa casa torinese che il filosofo scrisse il libro della sua vita, Ecce homo. Fu l’ultima opera compiuta di Nietzsche prima della follia, scritta nelle sue grandi linee durante tre settimane di grande esaltazione in quell’autunno torinese. Ma il suo soggiorno, com’è risaputo, culminò nella follia. Il 3 gennaio del 1889 nel centro di Torino Nietzsche, uscendo di casa, vide un cocchiere frustare e prendere a calci il suo cavallo. “Tu, disumano massacratore di questo destriero!”, inveì il filosofo furibondo, abbracciando e baciando sconvolto il cavallo. Qualche giorno dopo fu portato via dalla città dall’amico teologo Overbeck per essere curato a Basilea. Ci fu chi giurò che, abbandonando Torino, intonò canzoni napoletane nei pressi di Porta Nuova, convinto di essere il re d’Italia. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse, accudito dalla sorella Elisabeth in Turingia, nella casa di Weimar e lì morì, a poco meno di 56 anni, il 25 agosto del ‘900.
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