Il quadro normativo attuale

La reazione all’intolleranza da parte del popolo iraniano, e soprattutto delle donne, al regime che opprime il Paese, si è vista con l’uccisione della giovane ragazza Mahsa Amini, arrestata e posta sotto custodia della polizia morale perché portava il velo in maniera inappropriata. Il tragico evento, ha provocato l’inizio di  manifestazioni in diverse città del Paese, a partire dal funerale della ragazza nella sua città natale.

Nel tessuto sociale iraniano le donne sono state quelle che maggiormente hanno subito la sofferenza: si possono menzionare, tra i molti diritti negati,  la libertà di scegliere di usare il velo, di cantare da sole e non per forza in gruppo, di usare la bicicletta o avere la patente per guidare la moto, di avere il permesso per andare allo stadio a vedere una partita di calcio.

La violenza di genere può manifestarsi nelle forme più crudeli e impensabili. Si possono citare, oltre le limitazioni dei diritti (in particolare quello allo studio), le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati, la schiavitù sessuale, le “dowry death” (c.d. morte a causa della dote), le violenze sessuali nelle zone di conflitto armato, le violenze sessuali domestiche, i maltrattamenti quotidiani.

Il diritto internazionale rappresenta, indubbiamente, un argine determinante per lo sviluppo dei diritti delle donne nel mondo, se cogente e se recepito dagli Stati, quando a ciò è sotteso un cambiamento culturale che ne permette l’attuazione.

E’ una lunga lista, quella che ha portato la dottrina internazionalistica a separare la tutela dei diritti umani per genere. E’, dunque, nata una vera e propria partizione del diritto internazionale, che può essere definita come “tutela internazionale dei diritti umani delle donne”.

La UNECE  (United Nations Economic Commission for Europe), definisce la violenza sulle donne come un fenomeno endemico che non conosce limitazioni dovute a tempo o spazio; essa colpisce le donne in tutte le zone geografiche del mondo, indipendentemente dal ceto economico o dalla professione svolta.

La CEDAW (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women) è il principale strumento internazionale disposto a tutela dei diritti delle donne e contro ogni forma di discriminazione e violenza di genere.

Entrato in vigore il 3 Settembre 1981, consta di un preambolo e 30 articoli. E’ stato ratificato da 189 paesi, tra cui non figura, ad oggi, l’Iran. Passando ad una brevissima disamina della convenzione, merita particolare attenzione l’articolo 1. Infatti, esso, si impegna a formulare una nozione di discriminazione di genere che è risultata essere punto di riferimento per tutte le convezioni (locali o internazionali) successive.

«Ai fini della presente Convenzione, l’espressione “discriminazione contro le donne” indica qualsiasi distinzione, esclusione o limitazione effettuata sulla base del sesso che ha l’effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio dei diritti  delle donne, indipendentemente dal loro stato civile, sulla base della parità di uomini e donne, dei diritti umani e delle libertà e diritti fondamentali nel campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo.»

E’ una formulazione completa e comprensiva del concetto di discriminazione, che non è limitato solamente al piano formale o giuridico, ma si estende a qualsiasi trattamento o condizione che, di fatto, impedisce alle donne di godere appieno dei loro diritti su base paritaria rispetto agli uomini. Ciò viene trascritto, per la prima volta, in un documento di portata internazionale e certifica l’esigenza di una società nella quale le donne godano della piena uguaglianza.

Altri strumenti internazionali di tutela dei diritti delle donne

Nella Convenzione del Consiglio d’Europa del 11 maggio 2011, la c.d. “Convenzione di Istanbul”la violenza di genere viene definita  come “qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato” e come violazione dei diritti umani.

Meritano un ultimo accenno altre tipologie di strumenti di carattere internazionali; si può citare, ad esempio, la “Dichiarazione sulla eliminazione della violenza contro le donne” del 1993. Tale atto,  più in particolare, richiede che gli stati aderenti tutelino le donne da un punto di vista penalistico, amministrativo e civilistico. O, ancora, la “Beijing Platform for Action” adottata a Pechino nel 1995 che invita gli stati partecipanti a implementare la propria legislazione per tutelare i diritti civili, politici, umani, delle donne.

Conclusioni

Seppur l’estensione di una legislazione internazionale cogente sia fondamentale contro le discriminazioni di genere,  essa, purtroppo, non è sufficiente., se non accompagnata da un  mutamento culturale e della società di riferimento. I fatti che stanno avvenendo in Iran, sembrano andare in questa duplice direzione, e per questo motivi ritengo che la rivoluzione in atto debba essere sostenuta a livello internazionale in modo forte e incondizionato, nella direzione della fine di un regime che soffoca i più elementari diritti della persona, delle donne in particolare, così come sta avvenendo in Afghanistan e in molti altri luoghi del mondo, spesso nel silenzio e dell’indifferenza.

(1) Il presente testo è un adattamento della relazione presentata al convegno “Donne iraniane in lotta per la libertà”, organizzato il 21 novembre 2022 a Genova dalla locale sezione dell’associazione FIDAPA BPW ITALY