Alle Donne bielorusse, agli Studenti di Hong Kong, ai Dissidenti
avvelenati, calpestati e infangati, perché da questa età feudale ricorsa
si sprigioni la scintilla della Libertà.
Problema durissimo per le sorti della crociana “Religione della Libertà” è costituito dalle condizioni di Potere a livello globale dettate dalle “vie della seta”, in rapporto alla pretesa egemonica mondiale della Cina, e dal riproporsi delle “vie del petrolio”, con le speciali opzioni tra metanodotto Algeria-Sicilia ( voluto da Enrico Mattei ) e gasdotto polacco e gasdotto russo, alternative nate negli anni della “Patria multinazionale” di Eugenio Cefis, poi rimaste sottotraccia nella stagione italiana delle stragi, riesplose nell’era del dissenso e del suo soffocamento ad opera della politica egemonica russa ( esibita per Ucraina, Bielorussia, avvelenamento di Navalny e persecuzione di tanti intellettuali ). A proposito di Angela Merkel e del gasdotto russo, leggiamo commenti e note a firma di Gianni Rosini sul “Fatto Quotidiano” del 10 settembre 2020 e di Lucio Caracciolo nella “Stampa” dell’ 11 settembre 2020. Si tratta del “Nord Stream 2”, che va dalla cittadina costiera russa di Vyborg, attraverso il Mar Baltico, sino a Greifsweld, nella Repubblica Federale, per un volume di circa 55 miliardi di metri cubi l’anno: progetto che vede nettamente contrari, per ragioni sia economiche che ideologiche, i paesi dell’Est Europa a cominciare dalla Polonia, la Unione Europea e gli Stati Uniti d’America. Questo progetto è frutto della studiata iniziativa di Vladimir Putin, per non passare dall’Ucraina, ostile alla Russia a memoria della “Grande fame” impostale da Stalin negli anni Trenta del secolo scorso; e vede la deminutio del progetto polacco, oltre a rappresentare direttamente o indirettamente “Una minaccia per la sicurezza europea”, nella valutazione del Parlamento europeo, e autentico fumo negli occhi per la politica estera di riequilibrio nei rapporti con l’Europa e i suoi riflessi sul piano mondiale, da parte degli Stati Uniti d’America.Sua genesi ( per fermare una prima data sul problema, nell’arco prospettico a noi vicino ) è nel 2011. Ma la questione ha una storia sì lunga e complessa da potersi persino far risalire al romanzo-saggio incompiuto di Pier Paolo Pasolini ( 1972-1975, edito per la prima volta in forma d’appunti dalla Einaudi di Torino nel 1992 ), Petrolio, sorta di precipitato di tutte le affermazioni e proiezioni ideologiche, letterarie e simboliche dell’autore, in cui sono raffigurate in nuce le stragi italiane, da quella del treno Italicus del 4 agosto 1974 sulla linea Firenze – Bologna all’altra di Bologna del 2 agosto 1980. Benché note, vanno riepilogate le date essenziali del pregresso rapporto tra civiltà italiana e vicende della distribuzione petrolifera e della sua amministrazione. Il 27 ottobre 1962, in un incidente ancora misterioso, moriva precipitando con il proprio aereo vicino Pavia, a Bescapé, Enrico Mattei, fautore di una linea produttiva italiana autonoma rispetto al controllo della “sette sorelle”. Nel 1970, il 16 settembre, veniva sequestrato e ucciso dalla mafia a Palermo Mauro De Mauro, giornalista de “L’Ora”, che si occupava del problema. Nel 1972, Giorgio Steimetz (pseudonimo di Corrado Ragozzino), scrive “Questo è Cefis”. L’altra faccia dell’onorato Presidente, per l’Agenzia Milano Informazioni: libro che immediatamente scompare dalle Biblioteche Nazionali Centrali e dalla circolazione, salvo esser riedito per i tipi di Effigie a Milano, nel 2010. Pasolini avrebbe voluto inserire in Petrolio gli articoli di Eugenio Cefis, subentrato al posto di Mattei alla presidenza dell’Eni, quindi promotore dell’incorporamento della privata Montedison in un assetto pubblico qual è quello dell’Eni, e infine passato a presiedere la stessa Montedison con operazione disinvolta e spregiudicata di potere. Ma questi articoli, per cui il poeta di Casarsa aveva segnato nel manoscritto il luogo opportuno d’inserimento, non si ritrovavano. Tutto ciò avveniva, prima della tragica morte dello scrittore, assassinato all’Idroscalo di Ostia nella notte tra il 1° e 2 novembre del 1975. I tre articoli gravitavano tra il 1973 e il 1974: Un caso interessante. La Montedison ( marzo 1973 ); L’industria chimica e i problemi dello sviluppo ( lezione disegnata per il Centro Alti Studi per la Difesa, Roma 1974 ); e La mia patria si chiama multinazionale ( 1973 ), che traeva spunto dalle tesi del libro di Christian Tugendhat, The Multinationals ( in edizione italiana per Mondadori, 1972 ). Le varie tessere, così riepilogate, del rapporto tra “testimonianza” civile e “vie” del petrolio in Italia si raccolgono, ad esempio, da Giuseppe Lo Bianco, Profondo Nero. Mattei, De Mauro, Pasolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di stato ( Milano 2019 ); e da Ripensare Cefis di Enrico Petri, “Geopolitica” del 23 settembre 2016, in “Scenari”. La Rivista di approfondimenti culturali di Mimesis Edizioni. Di fronte a codesti “scenari”, la risposta della “religione della libertà”, da quella ‘manzoniana’ del 1848 ai Commercianti di Praga ( fortemente restituita e rivalutata da chi scrive queste note ) all’altra ‘crociana’ di circa un secolo dopo ( questione Croce-Einaudi, la più citata in sede di dibattito etico e filosofico, quasi come la “teoria della relatività” generale e ristretta di Albert Einstein ), porge riparo e argine: ma, ovviamente, in termini ben più ardui e planetari, di quanto potesse immaginare Don Lisander, fautore del ‘Sorgimento’ italiano, o prefigurasse l’alternativa economica e ideologica tra Liberismo e liberalismo. Occorrono “nuovi modi per la religione della libertà”, al vertice dei quali si pone il “Giudizio”, la “guisa delle guise”, superiore anche alle “regole” o “modalità”, alle forme di attività storica, e alle modalità di passaggio dall’una all’altra attività. Occorrono “idee, idee, idee”, come argomentano alcuni amici dell’orizzonte liberale pannunziano; e occorrono vigilanza e altezza di sguardo, proprie di una “nuova classe dirigente” ( onde la stessa cancelliere Merkel possa districarsi tra gli interessi meramente economici di raccolta petrolifera offerti da Putin, e la difesa della libertà e del dissenso e dei diritti umani, sonoramente calpestati dallo stesso ). Il punto è sì cruciale da indurci a sostare ancora per un attimo sulla virtù previsionale-prospettica della intuizione e narrazione pasoliniana, dove alla santificazione dello sperma e della fellatio (curiosamente lasciata in pagina, mentre sono soppresse le parti ‘strategiche’) potremmo sostituire, ‘idealisticamente’, il “logos spermatikòn” originario di Eraclito e notato dallo stoico Cleante, di “In principio era il Logos” (“Pannunzio magazine”, 8 settembre 2020). In effetti, una forma di “nostalgia dell’idealismo” si affaccia ancora nell’ ‘Appunto 65’, Prologo al giardino medioevale (dal ‘Mistero’), di Pasolini. “Ecco, ciò che mi respinge rovinosamente indietro da quell’ambiente ( i.e.: la ‘parte nuova dei Parioli’ ) è la mancanza di un alone in cui esso sfumi e si deformi, oppure di una zona libera da cui possa contemplarsi e analizzarsi. Esso è tutto lì, davanti agli occhi e ai sentimenti: senza idealismo. Sì, ripeto, senza idealismo, senza il famigerato idealismo. Esso è una totalità, che viene realizzata da pochi ma che è però espressa dalla maggioranza”. “Io suppongo che come è idealistico l’odio per il potere, sia idealistico anche il desiderio del potere” ( cfr. l’edizione Oscar Mondadori di Petrolio, Milano 2019, pp. 261-262 ). Pasolini accenna all’assassinio Casalegno ( p. 99 ); dispiega l’analisi del Potere ( pp. 138-139 ); curiosamente riferisce al nome di Cefis quello del “Troya”, alternativamente detto “Aldo” e “Carlo”, come per il cattolico liberale e storico cui è titolato il Liceo Classico di Andria ( pp. 100, 108 sgg. e 114 ); rimpiange la morte di Feltrinelli al traliccio di Segrate ( pp. 247-250 ); nel Potere vede la presenza di Satana e una sorta di sopravvivenza dei Demoni di Dostoevskj o della Chiesa “Peccatrice Santa” ( pp. 196-199 e 254-255 ); la “continuità della vita”, nello sdoppiamento del proprio io in Carlo della Polis e Carlo di Tesis ( pp. 201-205 ); prevede l’ “epoca delle stragi” ( pp. 476 sgg. ); rivaluta l’idealismo della Teoria della prosa di Sklovskj ( ‘Appunto 103‘, p. 484 ); denunzia senza mezzi termini le “mezze calzette” della politica e il fenomeno del “parassitismo”, derivante dall’occupazione sistematica della cosa pubblica da parte dei partiti e degli apparati ( pp. 562 sgg. ). Dal punto di vista ermeneutico, alcuni spunti rientrano perfettamente nell’orizzonte della coeva critica liberale svolta da Nicola Matteucci a carico del sistema “burocratico-parassitario” ( v. Il liberalismo in un mondo in trasformazione, Il Mulino, Bologna 1972 ); come la critica del Potere è affine al perenne guanto di sfida lanciato dal pensiero liberale. E la critica dell’abuso del mezzo televisivo, omologante e tale da calcellare le differenze e radici storiche regionali, ricorda la Cattiva maestra televisione di Karl Popper nella intervista a Giancarlo Bosetti, anche se di impianto più generale e vasto rispetto al fine pedagogico di preoccupazione per l’indottrinamento dei fanciulli rivendicato dal maestro austro-inglese. Il dramma di Pasolini, il “Malvolio” della Lettera a Malvolio di Eugenio Montale ( cui Pasolini rispose con Outis, “Nessuno”, in “Nuovi Argomenti” del maggio-giugno 1972 ), è d’aver appreso in ritardo della uccisione del fratello Guido, partigiano della brigata Osoppo-Friuli della Carnia sin dal 1944, ad opera dei comunisti titini, nelle Foibe del 10 febbraio 1945. Iscrittosi al Partito Comunista nel 1947, Pier Paolo mostra, quindi, di che lacrime grondi e di che sangue il totalitarismo. Espulso nel 1950 per atti osceni, Pasolini attesta uno sdoppiamento interiore tra ragioni dello “schieramento” politico e ragioni della “esistenza” e “renitenza” personale alla tirannide, che si afferma nelle compresenze di Carlo di Polis e Carlo di Tesis, Karl e Carlo, Aldo e Carlo Troya, Cefis-Fanfani e Andreotti; contestazione giovanile borghese e ragioni dei poliziotti proletari; e così via in una serie di complicazioni e diramazioni progressive ( omosessualità, trasgressione, ‘Porcile’, ‘Teorema’, fino a ‘Uccellacci e uccellini’ con la critica che Totò è chiamato a declamare rispetto ai “corvi neri della ideologia” ). Certo, in questo ambito fa specie che Pasolini, oscillando tra “Aldo Troya” e “Carlo Troya”, alluda al personaggio cui è dedicato il glorioso Liceo andriese, e del quale poté aver avuto notizia girando il film Il Vangelo secondo Matteo, tra i Sassi di Matera e Castel Del Monte; sì da essere post mortem gratificato con la istituzione di un percorso a lui dedicato nell’ Alta Murgia, tra il 1964, data del Vangelo, e il 2014, memoria del ‘percorso’ ( Michele Palumbo, Murgia, un sentiero chiamato Pasolini, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 22 ottobre 2014; “Pasolini. Centro Studi Casarsa della Delizia”, 10 novembre 2014 ). Pure ( ed è l’ultimo importante tassello della comparazione ermeneutica, prima di tornare al tema del ‘Potere’ ), non va dimenticato che il Canzoniere italiano. Antologia della poesia popolare ( Guanda, Parma 1955 e Garzanti, Milano 1972 ) riesce debitore verso l’amorosa cura crociana della ‘poesia popolare e poesia d’arte’, e della letteratura popolare del Seicento in specie ( esaltata ne Lo Cunto de li cunti di Giambattista Basile ). Nella Introduzione, articolata per vari capitoli, Un secolo di studi sulla poesia popolare, Il problema, Italia settentrionale, Italia centrale, Italia meridionale e La Poesia folclorica e canti militari, Pasolini attinge a piene mani alla impostazione metodologica di Croce; oltre a rifarsi alle di lui prime edizioni di canti popolari in “Giambattista Basile”, “Napoli Nobilissima”, “Archivio Storico delle Province napoletane”, accompagnate per la Puglia e la Campania dalla conoscenza dei ‘nostri’ eruditi Riccardo Zagaria, Giuseppe Pitré, Saverio La Sorsa, Luigi Molinaro Del Chiaro nonché dall’antologia curata da Casetti e Vittorio Imbriani, Canti delle provincie meridionali ( Torino 1871-1872 ). L’informazione del Pasolini è irreprensibile e generosa; lo sguardo metodologico, riconoscente e attivo. Nella restituzione, che è illuminazione, storica delle “vie oscure” della sapienza dei secoli, còmpito delle scienze storiche, Pasolini ci riporta non solo al nostro mondo e alle nostre radici ( come per l’uovo di Palomar di Italo Calvino, che finisce col rivedervi se stesso, metafora idealistica della contemporaneità della storia, di ogni ‘vera’ storia ); ma – di più – nella dèdica al fratello scopre la censura esercitata dal proprio Super-io sulla traumatica ferita delle Foibe, in cui cadde Guido, e che è stata oggetto di rinnovati studi e ricerche ( Raoul Pupo, Dario Fertilio, Gianni Oliva ). Infatti, Pasolini scrive: “A mio fratello Guido, caduto nel ’45 sui monti della Venezia Giulia, per una nuova vita del popolo italiano” ( p. 5 de “I Garzanti”, Milano 1972, vol. I ). Così facendo, l’autore cela e nasconde per un verso, rivela nella sublimazione ideale per l’altro, il proprio dramma interiore e quello di un’intiera generazione, “la nuova vita del popolo italiano” essendo null’altro che “la barbarie dal volto umano”, come dirà più tardi Bernard Henri Levy a proposito dei tanti crimini del totalitarismo comunista, in questo caso degli eccidi titini e partigiani versati a piene mani nelle “Foibe” istriane. Ma Pasolini sconta nel proprio seno il profondo trauma: quindi lo ‘dis-loca’ sulle tracce psicologiche, letterarie, simboliche e politiche che ho potuto più sopra esemplificare. E anche in questo caso emblematico, l’illuminazione di “vie oscure” comporta un nuovo giudizio storico sulla complessità della sua opera e persona.
Senza dire che, negli stessi anni ( 1972 e dintorni ), Le città invisibili di Italo Calvino citano tra le “donne fantastiche” l’unica che risulti sia ideale che storica, “Andria”, la ‘città leibniziana’, i cui abitanti sono saggi e prudenti, calcolando i possibili risultati delle proprie azioni, nell’immortale dialogo tra Marco Polo e Kubla Kan ( v. il mio Italo Calvino e Andria, Matarrese, Andria 2016 ).
E se tra Calvino e Pasolini vi fu parziale dissenso polemico ( ad altro proposito, come per la interpretazione della fiaba ), resta il comune sfondo ‘ideale’ e ‘storico’, ‘ideal-eterno’, del castello ‘diadema di Puglia’, il ‘sonetto di pietra’ ( come lo ebbe a dire il Gregorovius ), da cui “tutta la Puglia viene scoverta” ( al dire dell’abate cisterciense Placido Troyli ), e che Calvino illustrò in una sapiente Posfazione al Libro del Touring Club diretto da Giancarlo Lunati e dedicato ai Castelli, ad emblema dei “Castelli del Potere”.
1972, dunque: Pasolini e Calvino sul piano letterario e simbolico; d’altra parte, Nicola Matteucci o Raffaello Franchini, stanno sul piano del pensiero politico e liberale ( rispettivamente, per il “Liberalismo in un mondo in trasformazione”, compreso “Il liberalismo come risposta a sfida”; oppure con “Il sofisma e la libertà” e “Il dissenso liberale”, nella collana sansoniana di Firenze ).
Anche il liberalismo italiano, infatti, su moduli e contesti categoriali differenti, è stato posto in condizioni di “Ecclesia pressa”, e quindi come indotto all’esercizio di propri “Scritti corsari”.
1974-1975. Pasolini attinge a piene mani agli articoli di denuncia nel “Mattinale”, Cefis e il Sid, o Strage dell’Italicus, pubblicati sull’ “Espresso” del 4 agosto 1974, e a seguire; onde Petrolio può dirsi anche una trascrizione-traduzione di quell’esteso “Dossier” giornalistico. Ma nel 1974, l’idealismo residuale pasoliniano sfiora, incrociandolo, l’idealismo filosofico di Rosario Assunto, che inizia a collaborare con sapienti e coraggiosi elzeviri al “Tempo” (per i temi del giardino, il Tempo, il ‘paesaggio’ distinto da ‘territorio’ e ‘ambiente’, la rilettura di Dostoevskj e segnatamente dei Demoni), lo stesso giornale cui Pasolini affidava le proprie “Descrizioni di descrizioni” ( cfr. Emanuele Cutinelli Rendina, Tra etica ed estetica. Rosario Assunto elzevirista in Gesualdo Bufalino e la tradizione dell’elzeviro. “Atti del Convegno di Studi”, Comiso, Fondazione Gesualdo Bufalino, 9-10 novembre 2017, a cura di Nunzio Zago, Euno Edizioni, Leonforte (Enna) 2019, Parte seconda, pp. 167-184; con la mia antologia di Rosario Assunto, Il sentimento e il tempo, Guglielmi, Andria 1997.Vi è un punto della “filosofia della storia”, ove le “interpretazioni dei fatti” divengono – esse pure – “accadimento”, nella “fatticità” dell’ermeneutica ( per dirla con Gadamer, erede di Nietzsche e Heidegger ). Pasolini, nell’attingere ai sondaggi puntuali e alle rivisitazioni filosofiche dei momenti e problemi della storia civile italiana, ‘idealizza’ e ‘sistema’ ( per quanto gli fu consentito ) tutte le letture del problema del Potere; le trascrive in allegorie; le entifica in nuovi asserti; e, ciò facendo, contribuisce a prefigurare l’avvenire. Tale complessa operazione può in quache modo ricordare la lotta ai tre gran mali del mondo, “Tirannide Sofismi Ipocrisia” di Tommaso Campanella; le “Cinque piaghe della Chiesa” di Antonio Rosmini; il “1984” di Orwell; “La Fine della civiltà” del Croce 1946; “La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci, di fronte alle Twin Towers; la “Madonna Sistina”, sulla via che porterà a Treblinka, nella passionata lettura di Vasilj Grossman. L’anno dopo la morte di Pasolini, la Camera dei Deputati imbastisce un convegno a più voci tra Istituzioni e rappresentanti o dirigenti delle “Sette sorelle” petrolifere, a proposito della gestione dei prezzi e della distribuzione del petrolio in Italia ( Seduta Pomeridiana, 1° dicembre 1976, in Atti, pp. 294-339 ). Vi partecipano gli on.li Formica, Cacciari, Compagna; e per la Mobil Oil lo stesso Jean Luis Lehman, che Pasolini aveva trovato nei fascicoli dell’inchiesta condotta per l “Espresso” da Giuseppe Catalano ( v. anche le Note a Petrolio, cit., nella edizione a cura di Walter Siti ospitata da “I Meridiani”, pp. 595-615 ). Tutti i partiti italiani entravano in rapporti di intermediazione e collaborazione, di finanziamento e sovvenzione a vario titolo, con le “sette Sorelle” ( persino il Partito Repubblicano di Ugo La Malfa, per cui conto Francesco Compagna trattava dei gravi problemi della Mobil di Napoli, sia strutturali che occupazionali ). Si procede nella ‘lunga durata’. 1989. Il 10 luglio, dopo il fallito attentato dell’Addaura del 21 giugno alla villetta di Giovanni Falcone ( ospitante il magistrato svizzero Carla del Ponte e il giudice istruttore Carlo Lehman ), Giovanni Falcone rilascia un’intervista a Saverio Lodato per “L’Unità”. “Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa Nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi”. La cooperazione internazionale propiziata da Giovanni Falcone era sulle tracce dei fondi neri per il riciclaggio del traffico stupefacenti e il finanziamento ai partiti italiani. Perciò ogni parola, meditata e scandita dal coraggioso magistrato, va soppesata adeguatamente ( ben oltre tutti i tentativi di depistaggio o delegittimazione, dalle lettere del “corvo” alla Procura di Palermo, alle rivalità di corleonesi e tra narcotrafficanti operanti in Svizzera ).
“Menti raffinatissime tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa Nostra e centri oculti di potere che hanno altri interessi”. Poi, Falcone aggiungeva di vedere un precedente nel modo con cui era stato “delegittimato” il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: “Il copione è quello”. Qui la mente corre alla uccisione di Mauro De Mauro ( Foggia 6 settembre 1921 – Palermo 16 settembre 1970 ), che indagava sulla morte di Enrico Mattei; al qual proposito il Procuratore capo di Palermo Vincenzo Calia raccoglieva i verbali dell’ex senatore padovano Graziano Verzotto, già coinvolto nell’inchiesta sui fondi neri delle banche di Michele Sindona e curatore degli interessi dell’Eni in Sicilia ( cfr. Egidio Ceccato, Delitti di mafia, depistaggi di stato, Chiarelettere 2019 ). Verzotto è interrogato nel 1998 dal Procuratore Calia: onde si ricavava l’ipotesi che l’uccisione di De Mauro sarebbe stata la conseguenza ‘non voluta’ di una presunta operazione ricattatoria tentata dallo stesso con il giornalista palermitano, per convincere i dirigenti dll’Eni, Eugenio Cefis e Vito Guarrasi, a recedere dalla opposizione al metanodotto Algeria-Sicilia, voluto invece fermamente da Enrico Mattei. Il Procuratore Vincenzo Calia, da parte sua, riconosce il valore storico, e non solo di espressione letteraria, per il Petrolio di Pasolini.
Tutto ciò riporta alle alternative alla via “mediterranea” ( voluta dal Mattei ), alternative che si collocavano, e tuttora insistono, nella linea di “diversificazione” polacca: “Il Governo polacco progetta un gasdotto per raggiungere tramite la Slovacchia le forniture di gas dell’Azerbagjan in Europa. Simili progetti con Lituania, Germania e Danimarca. La Slovacchia, ma anche la Danimarca, i Paesi baltici, la Repubblica Ceca e gli Stati Uniti d’America” ( cfr. “La Voce Arancione”. Il Blog di Matteo Cazzulani, 21 giugno 2013: Gas. La Polonia implementa la diversificazione delle forniture di gas ). Operatore e mediatore tra i più attivi in codesta diversificazione, che agisce da sponda tra Europa e Stati Uniti, è il Ministro degli Esteri polacco Radolslaw Sikorski, stato spesso in Italia e specie in Sicilia.
In effetti, dal “BlogSicilia. blog di nome, giornale di fatto”, del 25 ottobre 2011, a firma della “Redazione” (WG), recuperiamo: “Oggi a Palermo c’è stata la visita del ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, dove ha fatto scalo tornando da Bengasi, in Libia. Accompagnato dalla moglie, la famosa giornalista americana Anne Applebaum ( firma prestigiosa del “Washington Post” e vincitrice del Premio Pulitzer ), è arrivato ieri notte, ha dormito a Villa Igiea e nella mattinata, prima di riprendere il volo per Varsavia, ha chiesto di visitare la Cappella Palatina, San Giovanni degli Eremiti e la Martorana, dove si stanno svolgendo i restauri dei mosaici”. Con la contestuale didascalia fotografica: “Nella foto Giovanni Di Fisco, direttore dei lavori di restauro della Martorana; Davide Farina, candidato console onorario della Polonia per la Sicilia; Wojciech Ponikiewski, ambasciatore della Repubblica di Polonia a Roma; il ministro Radoslaw Sikorski e la moglie Anne Applebaum”. Non sembri, codesta, una restituzione peregrina, nell’arco dei rapporti che si stanno saggiando sulle “vie” petrolifere in Italia e in Occidente. Questa polacca ( il Ministro degli Esteri del 2011 è di ritorno da Bengasi ) è la alternativa gradita agli Stati Uniti e all’Europa ( la moglie del Ministro Sikorski è una autorevole giornalista e opinion maker americana ), rispetto alla via ispiratrice dello sfortunato Enrico Mattei. E’ la linea di Eugenio Cefis, legato ad Amintore Fanfani, come nuova linea del Petrolio, prefigurata – ancora una volta – da Pasolini, addirittura un quarantennio innanzi: e “prefigurata” ma ancora “attuale”. “Come dichiarato dal Ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, la Polonia intende acquistare gas non convenzionale liquefatto dagli Stati Uniti d’America, che, con l’avvio dello sfruttamento dello Shale, hanno progettato l’avvio delle esportazioni all’estero di oro blu. Oltre al gas non convenzionale statunitense, la Polonia è tra i Paesi più attivi nella ricerca di Shale in Unione Europea. Secondo le stime EIA, la Polonia possiede la più cospicua riserva di Shale in UE, pari a 148 Trilioni di piedi cubi” ( cfr. Mateo Cazzulani, La Polonia implementa la diversificazione delle forniture di gas, “La Voce Arancione” dell’ 8 Luglio 2013 ).
Negli stessi anni, si attiva, o riattiva, il gioco russo dettato da Vladimir Putin ( cfr. Accordo Russia Polonia per un transito senza visto, “VisitRussia”, Politica, 14 dicembre 2011 ); e si imposta il trattato ( non ancora concluso ) tra Germania e Russia per il “North Stream 2”, da Vyborg a Greifsweld. La pressione petrolifera è massiccia e prepotente, ben più delle sorti delle povere anime di dissidenti coraggiosi ma liquefatti e avvelenati in Siberia e in Occidente ( v. il caso Navalny e quello precedente di altro dissidente, Aleksander Litvinenko, avvelenato a Londra con il polonio radioattivo, del Presidente ucraino Viktor Yuschienko o della leader dell’opposizione Anna Politkoskaya, avvelenata prima quindi uccisa a colpi di pistola nel 2006 ).
La “Religione della libertà” abbraccia come fratelli e compagni tutti questi martiri del dissenso liberale, ben oltre la tutela di meri interessi economici o vitali, meglio ‘utilitaristici’; ricomprende nel proprio seno le letture anche di intellettuali e testimoni diversamente e profondamente tormentati, quale è quella del poeta e scrittore Pier Paolo Pasolini, per quanto recano di contributo non solo utile ma prezioso alla causa della libertà e della denuncia avverso il Potere; si commuove alla vista delle tante donne coraggiose e colte che scendono in piazza contro Lukascenko, da circa un trentennio despota in Bielorussia, la “Alba Rutenia” del comitato liberale promosso dallo storico dell’arte e amico dell’Italia Valery Buyval; vede con tristezza le prigionie e torture afflitte ai giovani di Hong Kong, desiderosi di mantenere lo status promesso dal patto britannico con la superpotente Cina; e chissà di quanti altri ancora a Pechino o a Shangai.
La “Religione della libertà” è chiamata a porre attenzione alle “guise della prudenza”, a vigilare sulle forme e tutele della libertà, a puntare i piedi persino ( senza favoleggiare gesuiticamente di riunificazione di Corea del Sud con Corea del Nord, di crocifisso e falce e martello scolpiti insieme, di ‘opposti integralismi’ che finalmente ‘si integrano’, come alle volte sembra con ogni sollecitudine propiziare Papa Bergoglio ).
E alla obiezione di ingerenze indèbite negli affari interni ai paesi di Russia e Cina, Bielorussia o Venezuela ( obiezione ben prevedibile e scontata, come la teoria staliniana dell’ “accerchiamento” dell’Unione Sovietica, con i carri armati già pronti all’invasione della Polonia ), la “religione della libertà” è chiamata a rispondere con i versi di John Donne: “Nessun uomo è un isola”, versi citati da Ernest Hemingway in anteporta a Per chi suona la campana ( “For whom the bell tolls” ), a proposito delle vicende della Guerra civile spagnola del ’36. Come dire con l’universalismo dei diritti umani, del rispetto delle donne e delle libertà di parola di stampa e di fede, che l’Occidente ha maturato nella secolare coscienza, a sconfitta dell’intolleranza e della idra sempre rinascente della “barbarie della riflessione” di “menti arruginite” e “malnati intelletti”. L’ultimo risultato di tale “ricorso” storico è l’Italia dei Baroni, l’Italia neo-feudale degli strapoteri locali, dei costi esorbitanti e degli sprechi regionali, degli abusi amministrativi, della doppiezza qualunquistica e personalistica, per giunta concomitante con lo svuotamento progressivo dei poteri parlamentari e della democrazia rappresentativa. “Che Dio disperda la profezia !”, piace ripetere tuttora con Luigi Sturzo.
Giuseppe Brescia – Società di Storia Patria per la Puglia.