[Kalòs kai agathòs, in greco “Il bello e il buono”, è una rubrica di Simone Tempia che propone sul Magazine del centro Pannunzio uno stimolo culturale proveniente dalla rete, gratuito e immediatamente fruibile, selezionato secondo criteri stringenti di qualità artistica e culturale.]
La febbre da pubblicazione è una delle malattie più diffuse e -ahinoi!- incurabili del panorama preletterario italiano. Con “preletterario” intendiamo quella massa mai censita realmente (se lo fosse stata non avremmo mai sentito parlare, improvvidamente, di “biblioteche dell’inedito”) di scrittori e aspiranti tali -dato che si può essere scrittori anche senza aver pubblicato e non esserlo anche se si ha una lunga bibliografia alle spalle- che ha all’attivo almeno un romanzo o una raccolta di racconti che non hanno mai trovato ancora il favore dell’editoria. Se tuttavia la febbre, come fenomeno fisiologico, è considerata da sempre dalla medicina come un sintomo, nel caso della febbre da pubblicazione dobbiamo parlare di un vero e proprio male che colpisce l’aspirante scrittore, paralizzandolo nella creatività e chiudendolo nel proverbiale cassetto ove è tenuta, per l’appunto, l’opera. La febbre da pubblicazione è uno stato di apparente catatonia artistica caratterizzata da un’afasia letteraria a cui si accompagna una produzione ipertrofica mail, spesso molto simili tra di loro, a tutti gli editori di cui si viene a conoscenza o, nei momenti di peggior sconforto, lunghe gemeriadi sullo stato malsana del mercato editoriale. Lo stesso mercato editoriale di cui non si vede l’ora di far parte. Ci sono vari modi per tamponare questo male, ma una sola è la cura: la consapevolezza. La consapevolezza, cioè, che nessuna grande casa editrice pubblicherà un romanzo di un esordiente che arriva inviato via posta (figurarsi elettronica) nudo come è o, se va bene, accompagnato da una breve sinossi e da una lettera di presentazione. Se però la rassegnata consapevolezza è un buon modo per iniziare una terapia di questa febbre, come l’esordiente può guarirne completamente magari portando a realizzazione il suo sogno? La risposta è semplice: iniziando un cursus honorum graduale. Il primo passo per l’autore che voglia arrivare a una pubblicazione è prima di tutto provare a testare la propria penna. Per fare questo il modo migliore è cercare di venire pubblicati da una o più riviste letterarie. I motivi sono semplici: le riviste letterarie sono spesso curate da editor di case editrici ma soprattutto sono lette dagli editor delle case editrici. Le riviste letterarie non sono solamente un palco in cui mettere in mostra cosa si sa fare; le riviste sono anche il modo che si ha per dimostrare a un’eventuale casa editrice di avere un curriculum di qualità: la pubblicazione su una rivista letteraria certifica che quello che si è scritto è stato ritenuto meritevole di pubblicazione da qualcuno. Nell’attuale mercato editoriale questo vale più di amicizie, appoggi e fantomatiche raccomandazioni che -comunque- non esistono e non hanno mai funzionato. Sebbene in molti non ne siano a conoscenza, il panorama delle riviste letterarie in Italia è molto ricco e vario con molte proposte che vanno dalla pubblicazione online a quella cartacea, dall’autoproduzione alla produzione professionale. A tracciare una mappa di queste riviste ha pensato Vanni Santoni, scrittore, editor e talent scout letterari, probabilmente quello con l’intuito più felice con all’attivo due nomination al Premio Strega con gli autori da lui scoperti nella collana da lui diretta per Tunuè fino al 2021. Santoni per il Libraio ha stilato una lista aggiornata e ragionata delle attuali riviste letterarie in Italia, facilmente consultabile e con tutti gli indirizzi internet per poterle contattare e, sopratutto, leggere. Una risorsa unica per chiunque voglia pubblicare che vi riportiamo oggi sul Pannunzio Magazine.
Guida alle riviste letterarie italiane, cartacee e online di Vanni Santoni