Non mi riferisco certo alla fiducia parlamentare che tanto ha angosciato le ultime giornate del premier Conte. Anche se dagli anni 60  ho seguito il teatrino della nostra politica, con i governi che ogni sei mesi cadevano e sempre veniva incaricato lo stesso Presidente del Consiglio democristiano, oppure un altro DC, con gli stessi partiti, con soltanto piccoli aggiustamenti insignificanti, ma utili a far si che tutti mantenessero le poltrone. Un sistema politico bizantino che, purtroppo, continua anche oggi  e che ci penalizza sempre di più. Intendo parlare invece della mancanza di fiducia da parte degli investitori esteri  (IED ovvero investimenti esteri diretti). Investimenti che possono aiutare lo sviluppo del Paese, carente ,purtroppo, sia di investimenti pubblici che privati. A parte la Gran Bretagna, colpita non solo dalla pandemia, ma anche dalla Brexit, l’Italia è il paese che ha attirato zero investimenti esteri nel corso del 2020, come testimonia l’Investment Trends Monitor dell’ONU, pubblicato dalla UNCTAD, struttura delegata al commercio ed allo sviluppo mondiale. Roma e Londra hanno subito una riduzione del 100% degli investimenti esteri, al contrario degli altri paesi, tutti in flessione, ma non come noi. Noi non abbiamo neppure la scusa della BREXIT che si è autoinflitta la Gran Bretagna. Perché questo dato così negativo? Perché chi deve investire dall’estero nel nostro Paese  trova  un’amministrazione pubblica di stampo borbonico, una giustizia estremamente lenta e farraginosa, una scuola che laurea pochi laureati e, soprattutto, pochi in discipline scientifiche: servono esperti in intelligenza artificiale, in informatica, nelle discipline green, in tutte le forme di digitalizzazione invece di avvocati, letterati e diplomati in scienza della comunicazione in  gran parte inutili. E poi aggiungiamo che una parte del Paese (il SUD) è in parte inquinata dalla criminalità e dalle mafie, nonostante l’impegno di tanti meridionali onesti. Inoltre l’instabilità politica, con forze politiche  occupate alle dispute di potere, piuttosto che allo sviluppo del Paese e dunque incapaci di supportare adeguatamente l’investitore estero. Risultato : investono altrove e non in Italia. Ma accanto a quanto sopra descritto esiste ancora un altro dato altrettanto preoccupante: la mancanza di fiducia degli italiani stessi. Un dato eclatante: immobilizzata sui conti correnti in banca, al 30/9/20, vi era la cifra “monstre” di 1.682 MLD di euro (statistica ABI). Nessun paese dell’UE dispone di una cifra simile sui conti correnti delle proprie banche. Se pensiamo che tutti in Italia ci stiamo preoccupando come investire i 200 MLD del Recovery Plan, convinti che grazie ad esso, l’Italia potrà ripartire e certo speriamolo. Ebbene la cifra che gli italiani (privati ed imprese) tengono ferma in banca è 8 volte superiore al Recovery !!!! Questo dato evidenzia due fenomeni: il primo che, nonostante tutto, nel nostro Paese esiste una ricchezza largamente diffusa, certo con evidenti e sempre più accentuate disuguaglianze, e che continua a lievitare, in parte anche per l’evasione fiscale ed il lavoro sommerso. Il secondo fenomeno è la grave mancanza di fiducia degli italiani nel loro Paese. Capitali così ingenti lasciati sui conti correnti a tasso zero o quasi, è l’evidente conferma di una diffusa sfiducia nel sistema Italia. Non si investe e non si compera e l’economia è tragicamente ferma. Ecco dunque un tremendo mix: sfiducia degli investitori esteri e sfiducia degli italiani stessi. Temo che tutto quanto sopra, non sia dovuto solo a COVID 19, che certo ha dato un colpo micidiale alla nostra già non brillante situazione economica e sociale. Ritengo che la spiegazione di questi dati negativi sia ben più profonda e tocchi tutti noi. Siamo una società di vecchi con pochi giovani, una società che non fa figli e che ha perso la fiducia nel futuro. Sono i giovani che possono iniettare fiducia e speranza in una società. Con tante Rsa e pochi asili  non si può essere fiduciosi nel futuro del Paese, indipendentemente dai vari  governi che si succedono.