L’aggressione a mano armata della figlia Margherita mi impone di prendere le difese di una donna straordinaria, al di là dei suoi nipoti Elkann che disistimo profondamente. Gli Elkann hanno distrutto gli Agnelli. La scomparsa di Marella Agnelli nel 2019 ha riportato alla ribalta un volto rimasto in ombra dal momento della morte del marito Gianni avvenuta nel 2003. L’aggressione perdurante  di  Margherita intende distruggere la memoria di Marella per una questione di soldi. L’ho conosciuta ed anche un po’ frequentata: era amica di Mario Soldati e di Alda Croce, due persone a cui sono stato molto legato. Conservo di lei un biglietto molto affettuoso che mi scrisse quando commemorai, insieme a Jas Gawronski e Marcello Sorgi, suo marito al liceo “d’Azeglio” di Torino che non voleva ricordare Agnelli per la faziosità stupidamente incredibile di un preside ignorante e della cellula dell’ex Pci. Tra tanto settarismo che permeava quel liceo declassato, fu difficile promuovere il ricordo di Gianni che pure ne era stato un allievo. Ci imposero come oratore anche il segretario torinese della Cgil. Donna Marella apprezzò anche un mio ricordo alassino di Gianni e mi mandò una mail di ringraziamento carica di parole gentili. Era una donna forte e discreta che seppe vivere a fianco di un uomo straordinario e difficile come Gianni Agnelli che ebbe una concezione del matrimonio non proprio tradizionale.  Aveva uno stile innato, era un’aristocratica che non esibiva mai la sua origine, tanto diversa da certi ambienti dell’altissima dirigenza Fiat, spesso volgare. Era una donna colta, che amava l’arte, la fotografia e i giardini.  Si era quasi rifugiata a Marrakech dove viveva frequentemente. Quando andai in Marocco, dovevamo vederci, poi un disguido impedì l’incontro. Ricordo che era stata molto provata dalla morte del figlio Edoardo ed era molto amareggiata per come si era comportata la figlia Margherita che mise in piazza delicati affari di famiglia e continua a farlo in modo volgare e becero. Su quelle vicende sguazzò e continua a sguazzare un giornalista dozzinale e scandalistico che credeva di costruire la sua fortuna sulle vicende della famiglia Agnelli. Va ricordato il suo bel libro Ho coltivato il mio giardino che riprende nel titolo la conclusione del Candide di Voltaire.  Era tanto diversa dalla sua famiglia di origine, quella dei principi Caracciolo di Castagneto, espressione di un certo radicalismo legato all’ “Espresso”, di cui fu editore suo fratello Carlo.  Era elegante e riservata, con uno stile che ritroviamo anche nella sorella Allegra che aveva sposato Umberto Agnelli e che dedicò in modo esemplare la sua vita alla lotta al cancro.