Debbo essere sincero, non ho mai amato Nanni Moretti, un regista di cui non ho mai condiviso le idee e i cui film non mi sono mai piaciuti. L’ultimo suo film “ Il sol dell’ avvenire” che si rivela già il successo dell’ anno, si ambienta nel 1956 quando l’ URSS  post staliniana invase l’Ungheria e il Pci si schierò a sostegno dell’Unione sovietica. Solo un centinaio di intellettuali comunisti espresse il suo dissenso dal Partito. Da Togliatti a Napolitano, da Ingrao ad Amendola  tutti i capi comunisti plaudirono all’Urss che stava attuando la destalinizzazione con Kruscev. Io concedo a priori a Moretti il diritto di modificare in nome della sua arte il corso della storia, ma è difficile concedergli alcune confusioni che appaiono nel film. Il primis il titolo è in qualche modo rubato al socialismo perché quel sole nascente era nel simbolo del PSI e del PSDI che appartengono ad una storia diversa rispetto al PCI. L’idea di strappare la fotografia di Stalin e non quella di Lenin è assai discutibile, perché fin dagli Anni Cinquanta ed anche prima Saragat, Silone, Pannunzio, Herling, Tasca  videro lucidamente che il problema non era solo lo stalinismo che non fu una degenerazione totalitaria del marxismo leninista, ma lo sbocco tragico ed inevitabile della Rivoluzione d’Ottobre che andava “normalizzata“ con il pugno di ferro di Stalin. Non si tratta di opinioni, ma di giudizi storici ai quali è difficile sottrarsi. Certo anticomunismo nato sulle macerie del Muro di Berlino è cosa troppo facile e persino ingenua, così come certo antifascismo a costo zero dopo il 25 aprile 1945 appare poco sincero e spesso trasformistico e persino utilitario. Moretti è ancora fermo al 1956, mentre il tema cruciale è quello del 1989, quando il comunismo tornò ad essere un’utopia, come riconobbe persino Nicola Tranfaglia. In discussione non è tanto lo scontatissimo dissenso da Stalin, ma la presa di distanza dal comunismo sovietico in particolare e del comunismo in generale, a partire da quello cinese. Il punto vero che sfugge a Moretti è che la libertà -come diceva Nenni- non è né borghese né proletaria ma umana. Il pensiero e l’azione politica di Lenin sono agli antipodi della libertà. Non voglio dare giudizi su un film che va visto come una creazione artistica, ma essersi rifatti al ‘56 impedisce di capire il senso della storia. Solo Massimo Salvadori prese l’abbaglio di vedere nell’ Eurocomunismo lo sbocco della storia contemporanea. Essa prese invece strade totalmente diverse anche se poteva aver ragione Bobbio a scrivere che il problema della giustizia sociale restava irrisolto. Certamente, però,  l’egualitarismo giacobino e marxista uscì dall’ 89 novecentesco totalmente smentito dalla dura lezione della storia, che difficilmente consente appelli.