Il virus ha prodotto una nuova figura in Italia: il nuovo bigotto volgarmente chiamato “restocasista martire”. È una forma di virus psicologico, in realtà. Si tratta di persone che, animate dal sacro furore di essere nel giusto, predicano il rispetto in modo ossessivo delle regole anti-contagio. Perseguono questo fine e perseguitano chi non lo fa. Come i bigotti del tempo passato, anche questi italiani zelanti si ritengono moralmente superiori. È fondamentale, per il bigotto, tracciare una linea invalicabile tra lui e il resto degli Italiani, sempre descritti con disprezzo e indignazione. Lui o lei, ovviamente, ha una sensibilità, una comprensione degli avvenimenti, un rispetto per chi soffre, una volontà a sacrificarsi, che gli altri non hanno. È sfortunato, poverino, deve vivere in un mondo di persone chiaramente non alla sua altezza. Ah! Se tutti fossero come lui! Sfortunatamente deve coabitare con il resto del paese!

Il bigotto dei tempi passati, come ci insegna la Treccani, è una persona “che mostra zelo esagerato più nelle pratiche esterne che nello spirito della religione, osservando con ostentazione e pignoleria tutte le regole del culto”. Il nuovo bigotto è identico solo che, al posto della religione, ha scelto come testo sacro il DCPM del 26 Aprile sul Covid19.

Il nuovo bigottismo, molto più contagioso del Corona virus, si è diffuso a macchia d’olio in tutti gli strati della popolazione, anche se ha infettato soprattutto i più fortunati che possono lavorare a casa e che temono meno i rovesci economici dei provvedimenti. Ma ci sono state eccezioni, quindi non si può essere sicuri.

Il nuovo bigotto non apre bocca per criticare le regole, quali esse siano, lui parla solo per giudicare (negativamente ovvio) le altre persone che non si adattano alle restrizioni. E infatti fa sentire la sua voce, a volte dai balconi con grida indignate, a volte con cartelli ammonitori posti sui balconi, più spesso sui social network. Stranamente rifugge il dialogo diretto. Quasi sempre non accetta il dialogo, si mostra infastidito dall’esistenza degli altri e, ancora di più, dalle loro parole. Trova intollerabile che qualcuno metta in discussione il suo credo. Come il bigotto antico giudica severamente il peccato, ma ancora più duramente chi lo difende con argomentazioni pretestuose! Il bigotto, infatti, si fida soltanto di fonti certificate, che lui seleziona in base alla conformità con il suo credo.

Un sintomo diffuso del nuovo bigottismo è quello di bannare dalle proprie reti sociali chi non condivide le sue idee. Nei casi più gravi, il restacasista martire smettere di rispondere a telefonate, email o messaggi di chi non è puro come lui; teme di essere contaminato dalle parole di chi non è un fedele come lui. Meglio difendere occhi e orecchie da certi spettacoli inverecondi.

All’inizio il bigottismo, come tutte le malattie si manifesta in forma acuta e ha tre manifestazioni chiarissime: la paura, la frustrazione, l’invidia. All’inizio, il nuovo bigotto è un fobico che vive le notizie sul virus con particolare apprensione. La paura lo spinge ad adottare scrupolosamente ogni regola preventiva. Fin qua, il bigottismo è asintomatico e, se si è fortunati, non si sviluppa la forma acuta. Si rimane in una condizione di generale apprensione. In molti, purtroppo, la combinazione di paura e di limitazione alla libertà fa scattare la forma acuta! Dopo qualche giorno di prigionia domestica, il bigotto non soffre più per i limiti alla propria libertà, ma comincia a provare un sottile piacere: finalmente si sente nella condizione di poter dimostrare la sua superiorità morale agli altri. Questo è il primo sintomo inequivocabile che la patologia è iniziata. Laddove gli altri si lamentano, lui sopporta con pazienza e diligenza. Laddove gli altri protestano, indubbiamente per motivi poco edificanti, lui tace e obbedisce. La differenza non potrebbe essere più chiara. 

A questo punto si manifestano l’invidia e la frustrazione. Il bigottismo, come quello tradizionale, si nutre dell’invidia che chi segue le regole prova per chi non le segue. Chiaramente c’è una ingiustizia, resa ancora più bruciante, dal fatto che chi è meno virtuoso gode di più. E questa crea frustrazione. Dalla sua finestra chiusa, il restacasista martire, spia chi esce all’aperto incurante della sua paura e dei suoi desideri di mortificazione, e dentro di sé prova invidia e frustrazione che trovano sfogo soltanto nel formulare minacce apocalittiche: vedrete che cosa succederà, ci faranno tornare tutti in casa per sempre, la quarantena diventerà permanente. Il bigotto non riesce veramente a godere della propria autoinflitta penitenza e quindi augura in cuor suo, a chi non è come lui, castighi danteschi, scenari da fine del mondo, un giorno del giudizio non lontano dove finalmente i peccatori saranno puniti per la loro mancanza di morale.

Il bigotto loda pratiche purificatrici anche se igienicamente inutili, come la sanificazione delle strade; condanna comportamenti innocui, come le escursioni o i giochi dei bambini. Non ragiona, giudica. Non pensa, crede. Non vuole, obbedisce. 

Come i flagellanti del medioevo, che infatti avevano introdotto pratiche di automortificazione, così il restocasista si punisce, si mette la mascherina quando guida, si lava le mani tra la camera da letto e la cucina, si propone di restare in casa ad oltranza, ben oltre le date chieste dal governo, si vieta contatti con amici e parenti anche dopo che la quarantena dovrebbe aver ridotto il rischio di contagio al di sotto di ogni soglia critica, indossa (l’ho visto più volte) molteplici mascherine anche per portare l’immondizia nel cassonetto sotto casa. Non sono pratiche sanitarie, sono esercizi spirituali, percorsi di purificazione, sacrifici umani.

Purtroppo, il bigottismo, una volta raggiunta questa fase, diventa cronico. Le persone continuano a perseguire nuove misure limitanti la propria libertà e, proprio perché lo fanno, aumentano la propria frustrazione nei confronti di tutti gli altri, che sono visti con crescente fastidio e sdegno. Se prima dello sviluppo della malattia, uno aveva una generica invidie per i comportamenti altrui, dopo la fase acuta, uno si è autolimitato e quindi è ancora più invidioso, in una spirale di crescente voluttà di mortificazione e di fastidio per la libertà altrui. 

A nulla valgono gli appelli alla ragione di amici e conoscenti, inutile citare percentuali e buon senso. Il restacasista martire vuole dimostrare che il proprio sacrificio è l’unica via alla salvezza o, come seconda opzione, che l’immoralità e sconsideratezza altrui porteranno al disastro. Lo abbiamo visto nei giorni della riapertura di Maggio, quando i restocasisti, si stracciavano le vesti predicendo che il paese sarebbe finito preda della irresponsabilità di tutti. E invece non è successo niente. Lo vediamo ogni giorno quando il minimo segno di gioia – come quei ragazzi che ballavano in strada (con mascherina e distanza sociale) – suscita sulle labbra dei benpensanti dichiarazioni di sdegno, richieste di repressione, giudizi morali, annunci della imminente apocalisse e, persino, invocazione a un asteroide di portarci all’estinzione. 

Il restacasista martire trova conforto nelle parole del suo testo sacro, il Vangelo secondo Giuseppe Conte dove, all’art 1., comma F si legge “non è consentito svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto; è consentito svolgere individualmente attività sportiva o attività motoria”. In queste parole il nuovo bigotto intravvede il segno che è il suo sacrificio personale che ci monderà dal virus. Infatti il DCPM condanna lo spirito e non la materia, l’attività ludica e non quella motoria, il ballo ma non l’attività ginnica, il piacere ma non la riproduzione: il movimento è consentito ma il gioco no! E perché? Se la differenza tra ludico e motorio non è, ovviamente rilevante da un punto di vista sanitario? È ovvio a tutti, infatti, che il virus non distingue da un movimento fatto per gioco a un movimento identico fatto per esercitarsi. Perché il gioco è libertà e gioia. Sempre secondo la Treccani, infatti, un’attività ludica è qualcosa con “particolare riferimento all’aspetto libero e gioioso, svincolato per lo più da regole” Il gioco è, per semplificare, gioia e libertà, le due cose che il nuovo bigotto ha deciso di togliere dalla sua vita in nome di una presunta superiorità morale. Purtroppo l’unico vaccino efficace contro il bigottismo, ovvero la ragione e lo spirito critico, funzionano solo se inoculati in giovane età. Nella maggior parte dei soggetti colpiti in età adulta, il bigottismo rimarrà a vita in forma cronica e si manifesterà ogni qual volta qualcuno vedrà gioia e libertà.