La crescente invadenza o supplenza del potere giudiziario (o meglio, della Giuristocrazia) è direttamente proporzionale alla crescente subalternità e abdicazione del potere politico (governi, parlamento). Ma la colpa di questa grave anomalia è soprattutto della stessa classe politica che da anni usa la giustizia come principale arma di lotta per combattere e far fuori gli avversari politici (ben sperimentata con la fine della Prima Repubblica e la decapitazione di buona parte della classe politica e dirigenziale); una sindrome, questa, tipica della sinistra comunista e post comunista, che ha contagiato anche altre forze politiche; ma tale sindrome ha trovato la sua massima esaltazione con il Grillismo che ne è causa ed effetto al tempo stesso. Dunque, una classe politica siffatta, che aveva abdicato al proprio ruolo, non poteva che essere debole e subalterna, specie nei confronti del potere giudiziario. In questi anni, infatti, abbiamo avuto un crescendo di leggi e norme che aumentano sempre più l’ambito di azione della giustizia (penale, civile, amministrativa) e il potere discrezionale dei magistrati, oltre al potere implicito che gli deriva da questo La ruolo dominante, egemonico e persino salvifico che gli viene attribuito da una certa cosiddetta “società civile”. Dunque, un potere sempre più forte e, ancor più, pressoché irresponsabile. Un nodo per la società italiana che diventa sempre più grosso; un nodo che è parte del problema relativo all’affrontare con tempestività ed efficacia la situazione catastrofica determinata dalla pandemia del coronavirus, di dimensioni mondiale, e per l’Italia sicuramente il problema più grave e disastroso dal dopoguerra, sia per l’emergenza sanitaria, sia per gli effetti nefasti sulla nostra economia che era già in crisi prima della pandemia.
E mentre questa guerra è in corso (perché di guerra mondiale si tratta) e l’Italia è tra i paesi più colpiti, il dominus è sempre il giustizialismo, dimostrato dalla valanga di inchieste, per l’alto numero di decessi nelle strutture sociosanitarie, case di riposo, ecc. Ma con tutto il rispetto per le vittime e per la doverosa opera di fare chiarezza sui tragici avvenimenti, queste inchieste lasciano un po’ perplessi, anche perché gonfiate e innescate in un clima da caccia alle streghe, dai soliti circoli politici-mediatici, focalizzati solo su alcune realtà geopolitiche, e che si sono aperte anche con l’accusa addirittura di epidemia colposa. E’ un dejà vu. “Finirà come nel 1992-1994” diceva, a proposito, Mattia Feltri nella sua rubrica de “La Stampa” del 17 aprile 2020, e lo definirà un “clima da corrida” il giorno successivo sempre su “La Stampa”. Insomma, a parte lo strabismo, e l’effetto deprimente, di sfiducia e di deresponsabilizzazione che possono creare sul personale che opera dentro e intorno a tale sistema, mentre la guerra è ancora in corso, queste inchieste sembrano nate coi paraocchi, sembrano una astrazione, che sembra ignorare il contesto, ovvero che si tratta di una delle più letali pandemie degli ultimi 100 anni che ha investito tutto il mondo, e l’Italia in particolare; un’Italia in quarantena, con il blocco totale delle attività, con il virus che ha causato e continua a causare migliaia di morti, una valanga di ammalati, feriti, contagiati che hanno collassato tutto il sistema ospedaliero e sociosanitario. Un contesto dove ci sono responsabilità a monte, a livello internazionale e ancor più a livello nazionale, circa le sottovalutazioni, gli errori, i mancati provvedimenti di coordinamento nazionale e di prevenzione e lotta della malattia.
E se il clima è questo per come si sta gestendo l’emergenza sanitaria, ci chiediamo preoccupati come una classe politica e dirigenziale siffatta possa affrontare come si deve la disastrosa situazione economica, finanziaria, produttiva, che era già in crisi prima del coronavirus, e che ora si prospetta in versione catastrofica, da piena recessione, con un PIL previsto al -9%, il più basso tra i Paesi Europei.
Io credo che le condizioni minime per sperare di poter uscire da questo inferno sono principalmente due:
- Un governo di unità, o di emergenza, nazionale (non tecnico).
- Che agisca tempestivamente, adottando provvedimenti straordinari, in deroga a quella giungla di leggi e norme (per poi abolirli o ridimensionarli), (la Giuristocrazia di cui parlavamo prima), che impedirebbero qualsiasi possibilità di interventi rapidi ed efficaci. Come si fa a governare un paese, ancor più in questa emergenza, con l’esistenza di leggi come:
Il concorso esterno in associazione mafiosa; il voto di scambio; la legge Severino; il traffico di influenze; il codice degli appalti; le nuove leggi sul falso in bilancio; le nuove leggi sul caporalato; il decreto spazzacorrotti; il decreto dignità; il nuovo codice per la crisi d’impresa, ecc.
Salvatore Vullo, 20 Aprile 2020