Vincenzo De Luca lo seguo con interesse e, talora, con divertimento.

Fra l’altro, sospinge a rimembrarmi adolescente, facendomi rivivere gli anni Cinquanta, quando seguendo le orme di mio nonno, un priapesco satiro di nome Remo, mi recavo spesso al cinema “Principe” di Via Cola di Rienzo in Roma, dove, dopo il film, potevo vogliosamente rimirare cosce e tette delle formose ballerine e ridere alle sguaiate battute ed alle allusioni pecorecce dei comici. Ecco, il buon De Luca lo apprezzo come ottimo e gustoso intrattenitore del fu glorioso avanspettacolo. Non c’è dubbio, tuttavia, che il presidente non della Basilicata, essendo lucano verace, bensì della Campania ponga parecchi interrogativi per le sue slavine turpiloquenti. No, non faccio parte di coloro che il ruvese Vincenzo  (è nato a Ruvo del Monte) definisce “sciacalli”, quindi, non lo accuserò di coprolalìa, una morbosità che rimanderebbe a cure psichiatriche brezneviane per dissidenti, essendo associabile alla schizofrenia e al disturbo ossessivo-compulsivo.

Lungi da me, dunque, l’ipotesi della malattia mentale, della demenza senile o di gravi incidenti alla regione frontale del cervello. Il vero coprolalico, del resto, non si rende conto di ciò che sputa fuori, mentre il lucano De Luca appare del tutto consapevole e compiaciuto per il proprio lessico turpi-ammorbante. Ecco, la battuta, anzi il proposito omicidiario, quasi da brigatista non rosso, ma rozzo, rivolto agli studenti vittime degli ideatori dei quiz per l’ingresso alla facoltà di Medicina:

«Che vi possano ammazzare…».

Il battutista assurge se medesimo al Verbo e, infatti, proclama:

«Io scelgo la verità…. Tempo da perdere con le fesserie del Pd non ne ho più».

L’italia, secondo il patriota a giorni alterni, è “un Paese di dementi”.

Intanto, sentendosi guardiano della morale pubblica, denuncia che dentro il Pd, albergano “persone scostumate”.

Il ruvese della buon costume, vantando d’aver accattato il triplo dei voti della spendacciona Schlein, succuba di armocromiste, si arroga il diritto della vera opposizione politica contro le “leggi truffa” della Meloni, tutt’altro che la “pipì” del Pd.

Perciò, a difesa della dignità del Sud, facendo pipì contro “questi farabutti che stanno al governo”, lancia “mesi di mobilitazione”.

Nella città eterna, nonostante la minzione purificatrice, si annidano sia gli “sciacalli” dell’Esecutivo («banda di imbecilli»), sia l’opposizione («imbecilli del Pd che non rappresentano niente»).

Tuttavia, la taccia di deficienti non basta, perché nel caso del ministro Fitto all’imbecillità, alla mancanza di “attributi” e alla codardia da “coniglio” si somma la “delinquenza politica”. In più sussiste per Fitto l’aggravante di far parte di un consiglio dei ministri di “delinquenti”.

I suoi compagni di partito, tanto per par condicio, sono «cialtroni che vivono a Roma di parassitismo che non hanno neanche il voto della madre».

La ferocia fonetica di De Luca, uno che dice e fa quello che vuole, tenendosi stretta la Verità, in luogo dell’ideologia degli altri, si scaglia spesso e volentieri su Gennaro Sangiuliano, colpevole di avergli risposto per le rime («… la Campania è stata incapace di spendere la maggioranza dei Fondi Sviluppo e Coesione 2014-2020, come certificato dalla Ragioneria Generale dello Stato: solo 3,5 miliardi di euro sul totale di 9,3 miliardi stanziati, pari al 37%. Ma nemmeno spostarsi è facile per i cittadini campani, con i disagi quotidiani della Circumvesuviana, sotto gli occhi di tutti, a testimoniare la cattiva gestione deluchiana anche nel settore dei trasporti»).

Al ministro che gli aveva proposto un confronto non risponde sui temi contestati, tanti paroloni e pochi fatti per la Regione, ma offende:

«Non mi confronto con i parcheggiatori abusivi».

E in aggiunta: «Sangiuliano è notoriamente affetto da sindrome cerimoniere compulsivo. Invitatelo a feste e battesimi. Fate quest’opera di carità».

Insomma, il turpiloquente è un acclamato protagonista della politica spettacolo e avanspettacolo, inutile per la soluzione dei problemi, ma adatta all’intrattenimento dei nullafacenti.

Peccato che non assoldi anche formose ballerine discinte, tipo quelle che ringalluzzivano nonno Remo.

Perché mai si è mantecato così in basso un già apprezzato amministratore?

Credo sia l’ansia da giardinetti.

La Schlein, infatti, lo ha già pensionato:

«Basta con i capibastone e con le persone che si sentono i padroni delle tessere».

In più, gli ha commissariato il Pd campano, mandandogli giù il tostissimo Antonio Misiani.

Caro, amaro lucano amareggiato, non te la prendere, anche dai giardinetti potrai seguitare a sollazzarci.