Eros e Comunità
I linguaggi dell’Eros viaggiano dentro l’intreccio tempo-spaziale di realtà complesse, fra stato di natura, costumi popolari, strutture socio-economiche e culture. Una dialettica che viaggia nella storia millenaria di ogni Comunità, da Adamo ed Eva ad Elena di Troia, fino ai giorni nostri. L’indagine sulla natura del rapporto d’amore, il suo senso, regolamentazione e narrazione non sono delegabili a legislatori o a sacerdoti, a psichiatri o a sociologi, ad autorità statuali o scientifiche o chiesastiche. Essa richiede sempre accanto alla mediazione sociale l’interpretazione personale e soggettiva. Tre sono i linguaggi che vedo utili a questa ricerca: il primo è quello testé tracciato, la capacità cioè di leggere i sentimenti di una Comunità attraverso la memoria storica, la sintesi possibile di un laboratorio di strutture e soggettività, contraddizioni e passioni, quale trama generale di complessi processi storici; il secondo consiste nel tentativo di immaginare una fisiologia dell’Eros, come la si può interpretare soggettivamente durante l’arco di una vita umana; il terzo tratta invece della patologia, l’interpretazione estrema della prassi dei veleni individualmente versati all’interno della vita di una coppia e di una comunità. Mi soffermerò a trattare due brevi riflessioni su fisiologia, L’Eros autentico, e patologia, Narcisismo e relazione. La prima necessariamente soggettiva, considerate le tante variabili in gioco, molte riferibili alla personalità e al vissuto del soggetto, nella ricerca d’interpretare il punto d’incontro dei più grandi misteri dell’Umanità: la vita e l’amore; la seconda a me pare di respiro più generale, se e in quanto il lettore volesse condividere il mio punto di vista sulla materia trattata.
L’Eros autentico
L’Eros passione è erotismo felice, quello dell’unità mente-anima-corpo, miracolo di un tempo o più straordinariamente di una vita. Esso è autonomo dall’altro Eros, l’Eros sociale, quello fondato su scopi di affettività complice, matura e durevole, o anche di scelte politiche (amicizia, convivenza, contratto matrimoniale, matrimonio come sacramento religioso). L’incontro fra Eros passione ed Eros sociale è il miracolo più grande, lì gli Eros si uniscono, si esaltano e raggiungono le vette più alte dell’amore maturo, dove passione e complicità coesistono compiendo l’opera: l’Eros autentico. Non ho mai creduto al matrimonio ma ne ho fatti due. Evidentemente con l’intento di fondare una comunità, una famiglia, generatrice di equilibrio, capace di organizzare affetti, prole, patrimonio. Diffido profondamente della teoria-celebrazione del matrimonio presente nelle religioni monoteistiche. Quell’idea ebraico-cristiana del matrimonio-amore altro non mi appare se non il travestimento di una funzione e di uno scopo sociale, un tentativo di strutturare intorno alla famiglia valoriale una comunità, di organizzare un equilibrio sociale e morale. Ma l’amore fra un uomo e una donna che dura l’intensità di un tempo o di una vita intera è cosa rara e non la si può imporre per decreto divino, salvo accettare l’ipocrisia chiesastica, e allora si può far tutto, anche sovvertire le regole della natura. Lo stesso vale per l’islamismo. Perché il Corano autorizza fino a quattro matrimoni? Per poi precisare che l’uomo veramente felice è quello che ama e sposa una sola donna. Forse perché la religione islamica, dalla sua fondazione, si pose il problema della sorte sociale di tante donne che cadevano in povertà dopo un’unione affettiva esaurita o fallita, interna ad uno spietato rapporto di dominio, e successiva al ripudio di un dominus esercitante un potere assoluto, all’interno di un’idea patriarcale di società. Fosse così, come credo, la risposta dello stesso Corano, non diversamente dagli antichi testi dell’Ebraismo come del Cristianesimo, sarebbe quella encomiabile di prestare attenzione e ausilio ad un problema politico e sociale. La natura erotica dell’unione fra due protagonisti è cosa preziosa ma soprattutto estranea agli schemi sociali tradizionali interpretati dalle Religioni o dagli Stati, dai loro credo e dai loro statuti, intesi come valori primi. Prospettiva, dentro la quale, è statuita la coerenza e la continuità di una storia d’amore, dove il dubbio è deviazione, e il movimento e la complessità della vita sono manifestazioni dell’effimero, da superare, ordinare e disciplinare dentro regole e fini superiori. Racconto in un mio libro di narrativa già pubblicato e in altro di prossima pubblicazione una storia d’amore che nacque, dentro quel processo di liberazione dei costumi (e a proposito di linguaggio: un conservatore avrebbe scritto “sovvertimento”) che culminò nel teatro della seconda parte degli anni ’70. Un incontro d’amore libero ma schiavo, non oppresso dalle tradizioni ma schiavo della rivolta epocale di quegli anni, esaltato ma mortificato, poi ritrovato, al di là del tempo. Un incontro che nulla ebbe a che fare con l’idea rituale di unione fra una donna e un uomo. Un incontro misterioso, veleggiante fra sogno e realtà, su quei piani metatemporali dell’impermanenza, nella lotta contro o per il senso di qualcosa, momenti esaltati, rotture impietose, testarde continuità. Difficile decifrare l’essenza o il senso della storia, nonché rintracciare un’improbabile sintesi di verità, meglio e più ragionevole affidarsi alla profondità emotiva dei due protagonisti, alle loro gioie e ai loro dolori, alla contemplazione del bello estetico dei due amanti, con lo sguardo rivolto a una riuscita pennellata d’arte del Creato.
L’Eros passione, l’amore come forma d’arte, come esplosione estetica e passionale della natura, raramente è durevole, esso è destinato all’archivio dei ricordi belli o tragici, al mondo di un fantastico vissuto o forse immaginato.
L’Eros autentico dura nel tempo, esso è fondato sull’incontro fra passione e complicità, ma ha posti limitati, è una felicità grande quanto riservata a pochi.
Narcisismo e relazione
Narciso, rifiutati molti spasimanti, non sa abbracciare la propria immagine riflessa nell’acqua, unica realtà che riesce compiutamente ad amare, e cade così in un senso di fallimento interiore, lasciandosi morire di inedia. Questa storia mitologica fa da modello allo studio del fenomeno umano, fra rapporto d’amore e rapporto sociale, soggiornando stabilmente tra fisiologia e patologia dei sentimenti. Un senso di magnificenza, di superiorità, d’irraggiungibilità, trasforma l’Io medesimo in principio superiore, in potere allo stato puro, unica ragione, esercizio di una condizione che prescinde dal mondo esterno. Narcisismo è dunque l’”atteggiamento psicologico di chi fa di sé stesso, della propria persona, delle proprie qualità fisiche e intellettuali, il centro esclusivo e preminente del proprio interesse e l’oggetto di una compiaciuta ammirazione …” (Treccani).
La psicoanalisi si interessa al tema, trattando il narcisismo come uno stato normale che può talora assumere dimensione e significato patologici che interferiscono seriamente nella vita di relazione. Nel saggio Introduzione al narcisismo (1914), Sigmud Freud distingue: un tipo primario, tipico del primo stadio dell’esistenza e antecedente alla formazione dell’Io, in cui è assente (all’interno della vita intrauterina) qualsiasi genere di relazione con oggetti esterni; e un tipo esistenziale e secondario, quello della vita mondana, dove la libido si sprigiona appropriandosi dell’Io.
La psichiatria tratta il fenomeno come disturbo mentale, più precisamente come disturbo della personalità. Le persone che ne sono affette tendono a esagerare le proprie capacità e i propri talenti, sono costantemente assorbite da fantasie di successo illimitato, manifestano un bisogno quasi esibizionistico di attenzione e di ammirazione. Incapaci di riconoscere e percepire i sentimenti degli altri, tendono a sfruttare il prossimo per raggiungere i propri scopi o per poter ingrandire sé stesse.
Lo spiritualismo. L’indagine che a me pare più interessante è quella proposta dal mio teologo preferito e geniale, Vito Mancuso: “Il narcisista ossessivo è dominato a livello mentale da una tale forza di gravità che è come se ospitasse dentro di sé un buco nero che risucchia tutto quanto gli passa vicino; oggetti, persone, ed esperienze risultano incurvati verso di lui e alla fine annullati. Per questo il destino del narcisista è un’oscura solitudine, perché anche quando è circondato dalla gente egli in realtà negli altri pensa e vede solo sé stesso … il narcisista può giungere a trasformare in menzogna tutto quello che dice e che fa … una terribile malattia spirituale …”. Per concludere questa breve riflessione sul tema, può essere utile la seguente domanda: esiste un superamento, una risposta positiva e di sintesi alla malattia narcisistica? Si, esiste nella relazione. Interessante la riflessione sul tema di Vito Mancuso nel suo libro La vita autentica: una relazione con il mondo è fondata, prima che in chiave religiosa, nella struttura unitaria di tre elementi: l’essere: l’energia, l’equilibrio bio-fisico in natura; l’io: “ogni essere naturale è soddisfatto di sé quando procede per la via giusta”, “quando dirige i suoi impulsi solo verso il bene comune” (Marco Aurelio, Pensieri) e infine l’ordine: che nell’organismo psico-fisico si chiama salute, nelle relazioni sociali si chiama giustizia. Alla domanda “ognuno di noi è definito dall’equazione Io=Io, oppure dall’equazione Io=Noi?”, la risposta è: l’Io è fondamentalmente relazione, relazione con il mondo, momento stesso della costituzione dell’Io, frutto delle relazioni di una Comunità, dalla procreazione alla socialità. In questa risposta focalizziamo la capacità di un Ego sano, che nasce dal mondo e ama il mondo, che sa vivere un’igiene mentale e sociale, che sa riconoscere profondità e autenticità della vita stessa.