Nel 1959 Ermanno Olmi debuttava nel cinema con il lungometraggio Il tempo si è fermato. All’epoca, Olmi, nato a Bergamo, aveva 28 anni, ma era impegnato nella cinematografia dagli inizi degli anni Cinquanta. Al suo attivo aveva una serie di cortometraggi che descrivevano il lavoro operaio o le produzioni industriali. Uno di questi aveva come sfondo elemento le pendici innevate del passo San Giacomo in alta Val Formazza, al confine tra Piemonte e Svizzera, dove un albero abbattuto malamente aveva tranciato i cavi dell’alta tensione. Dalla centrale elettrica, inforcati gli sci, partivano i tecnici per controllare il guasto. La pattuglia dei riparatori era messa in cammino su un percorso che suggeriva alla narrazione fatica e tempi lenti. Dovevano trasportare il necessario per la riparazione e lavorare nel bagliore accecante della neve. La scalata al traliccio, necessaria per riparare il guasto, offriva immagini di grande impatto, una sorta di “alpinismo elettrico” raccontato con piglio neorealista. La pattuglia di Passo San Giacomo, appunto, è uno dei numerosi documentari in cortometraggio che Ermanno Olmi girò in quel decennio, come detto sopra, su commissione della Edison, azienda per la quale a quel tempo lavorava. L’azienda impose come unico limite all’opera del giovane regista poco più che ventenne che il tema centrale fosse il lavoro, narrando per immagini la rapidità di risposta dei tecnici Edison anche nelle condizioni più difficili. Olmi realizzò così una serie di “corti” con interpreti non professionisti, mettendo in luce una grande abilità con la macchina da presa. Ne La pattuglia del Passo San Giacomo, datato 1954, settant’anni fa, la narrazione venne affidata a una voce esterna su un testo scritto da Silvano Rizza, che firmò anche il commento per La diga del ghiacciaio che il regista bergamasco diresse l’anno successivo. Il film, undici minuti di durata in tutto, tanto lontano da intenti celebrativi e privo di slanci retorici quanto attento a testimoniare l’attività di umili e anonimi individui che, davanti alla macchina da presa, diventarono protagonisti di una vicenda corale raccontata con modi e ritmi inconsueti, vinse il primo premio nella categoria I problemi industriali della montagna al Festival di Trento del 1954. Nelle sale cinematografiche la pellicola venne abbinata a La donna del fiume di Mario Soldati, un melodramma padano al quale lavorarono otto soggettisti e sceneggiatori tra cui gli scrittori Bassani, Moravia e Pasolini, consacrando Sophia Loren come una star pronta al grande salto verso Hollywood. Il film fu un successo e venne visto da otto milioni di spettatori. Feltrinelli, nella collana Real Cinema, qualche tempo fa pubblicò il cofanetto Ermanno Olmi, Gli anni Edison. Documentari e cortometraggi 1954-1958. Nel dvd accompagnato da un bel libro di Benedetta Tobagi vennero raccolti quei “piccoli film” del giovane Olmi dove erano evidenti le tracce della grazia e della forza di un maestro che non smise mai di raccontare le meraviglie della vita nelle sue opere.
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