La morte di Gorbaciov consegna alla storia uno dei più grandi personaggi del Novecento, un secolo tormentato da due guerre mondiali e dittature di diverso orientamento politico. Gorbaciov è tra le poche figure positive del secolo in cui le ideologie presuntuose e le violenze più sanguinarie hanno avuto un ruolo privilegiato. In un secolo che gronda sangue Gorbaciov si colloca come l’uomo che riesce a porre fine ad un regime oppressivo della libertà nato dalla Rivoluzione bolscevica del 1917. Per molti  quel regime fu la patria della democrazia e della giustizia sociale, una idealizzazione assolutamente falsa e propagandistica di un mondo migliore, quello di un socialismo rivoluzionario che stava realizzando una società di liberi ed eguali.  Abbiamo constatato come  l’Unione Sovietica rappresentasse un mostro di violenza che non si limitò al regime staliniano, ma si rivelò congenita all’URSS in tutto il periodo storico in cui essa visse. Il gulag fu il simbolo di un’operazione  politica che calpestava i valori umani più irrinunciabili, creando un’egualitarismo militaresco che finì per negare gli stessi ideali del socialismo. Il comunismo sovietico ebbe anche un risvolto imperialistico che mise a nudo il  suo vero volto. L’uomo che seppe vedere questa realtà drammatica che stava soggiogando il popolo russo, fu Gorbaciov che seppe vincere tutte le nomenclature imponendo un modo nuovo di intendere la politica e le relazioni internazionali. Nel giro di un anno tra l’89 e il ‘90 riuscì  ad imporre Lea perestrojka e la glasnost’ parole che divennero in ogni parte del mondo simbolo di una trasparenza politica finalmente liberata dal machiavellismo sovietico leninista. Le sue scelte sancirono in modo non sanguinoso la fine di un regime il cui simbolo rappresentò una falce che aveva mietuto più teste che spighe e un martello che aveva forgiato più spade che aratri. Il comunista Gorbaciov fece cadere la cortina di ferro che imprigionava milioni di uomini dell’est europeo e fece cadere le speranze di un Eurocomunismo impossibile che solo storici come Massimo Salvadori videro come il futuro del socialismo. Centinaia di intellettuali che avevano osannato l’URSS dovettero prendere atto che quel mito era improponibile. Gorbaciov fu tra i pochi premi Nobel per la pace davvero meritati. Non riuscì a mantenere il potere e a guidare la nuova Russia ed oggi vediamo le conseguenze drammatiche nell’aver perso Gorbaciov che resta comunque l’uomo coraggioso che seppe determinare uno scossone storico impensabile. Il processo innescato non ebbe gli sviluppi desiderati e la stagione di Putin ha rivelato una drammatica regressione poliziesca e militarista nella storia russa. Ma sulla lunga distanza c’è da sperare che la linea impressa da Gorbaciov possa tornare ad essere quella della futura storia russa. Nessuno potrà dimenticare questo grande protagonista della storia mondiale. Io faccio difficoltà a trovare altri nomi da abbinare al suo. Fu un comunista che seppe vedere la libertà  e la pace come valori irrinunciabili e seppe trarne le dovute conseguenze. Un comunista che pose la parola fine ad un regime che aveva portato la Russia non al progresso ma alla repressione ed alla povertà. Sarà la storia a dire l’ultima parola sulla fine politica di Gorbaciov nel 1991, anche se resta il fatto indiscutibile del ruolo che egli ha avuto nella svolta storica della fine del comunismo reale, ridimensionato ad utopia marxiana come riconobbe persino Nicola Tranfaglia.