In una bella intervista inedita a Norberto Bobbio fatta dal gobettiano fedelissimo Bruno Quaranta, Bobbio sostiene che Gobetti era un liberale, correggendo lo stesso Quaranta che lo definiva “anomalo“. Gobetti, che secondo Bobbio -avendo avuto un rapporto con il liberista liberale Luigi Einaudi- sarebbe stato coerentemente anti statalista e quindi antisocialista, contro Turati che fu antianticomunista come Matteotti, in nome della libertà. Potrebbe essere oggetto di discussione il carattere liberale della gramsciana occupazione delle fabbriche torinesi, ma non può essere accolta l’interpretazione in chiave di “Rivoluzione liberale“ della rivoluzione bolscevica sorta nel 1917 e quasi subito trasformatasi in una rivoluzione marxista – leninista che guardava al giacobinismo francese e alla Comune di Partigi oltre che ai testi di Marx . Diceva Hegel che “le teste non si tagliano come i cavoli “. Quella rivoluzione ha mietuto più teste che spighe perché il terrore giacobino e leninista insanguinò la grande Russia.
Gobetti visse fino al 1926 e quindi ebbe tempo di vedere e di patire il fascismo, ma anche di conoscere sia pure indirettamente il comunismo sovietico. Come Turati e Matteotti denunciarono il vero volto demoniaco della rivoluzione dei soviet, Gobetti esaltò in modo mitizzato ed acritico la Rivoluzione di ottobre che fu si’ liberatrice dal giogo zarista, ma fu profondamente illiberale fin da subito. Essere antisocialista per Gobetti non significò essere antistalista alla maniera di Einaudi. Gobetti fu antisocialista perché contrario nella sua intransigenza al riformismo socialista e al Giolittismo. Anche Einaudi fu antigiolittiano come Gobetti. Le elezioni del 1919 con la proporzionale e il suffragio universale segnarono la crisi di Giolitti e dello Stato liberale con una forte ascesa di cattolici e socialisti. Il Biennio rosso impedì una democrazia compiuta in Italia dopo la guerra attraverso un rapporto tra liberali, socialisti e popolari che avrebbe scongiurato l’avventura del bolscevismo all’italiana e del fascismo, sfociata nella guerra civile. È difficile orientarsi nella contemporaneità, ma Gobetti si perse nel labirinto delle utopie. La sua “Rivoluzione liberale“ fu assai poco liberale. Carlo Dionisotti colse l’ossimoro del Gobettismo: i liberali non sono rivoluzionari ma conservatori o riformisti e i rivoluzionari sono assolutamente illiberali perché coltivano e praticano la violenza rivoluzionaria. Questo è il motivo vero per cui il liberalismo di Gobetti si lasciò contaminare e snaturare dal Gramscismo. In ogni caso appare con tutta evidenza che lo Stato dei soviet fu da subito oppressivo, totalizzante e sanguinario, in una parola assolutamente statalista. In modo meno esplicito e molto più timido maturò negli anni una mia discussione con Bobbio che considero comunque un maestro. Senza l’ingombrante presenza di segretari il nostro dialogo si materializzò in tante occasioni non pubbliche in cui il maestro ebbe la pazienza di ascoltare i miei dubbi sul liberalismo di Gobetti, dubbi che ebbe anche Manlio Brosio. Bobbio mi ascoltò con pazienza e poi mi disse che per lui Gobetti rappresentava il modello di una giovinezza che non aveva saputo vivere “eroicamente“. E il discorso ebbe termine e tante altre volte venne ripreso su altri temi. Da quel dialogo rispettoso ho Imparato molto, ma il culto di Gobetti non mi ha mai convinto. Dopo il fascismo i gobettiani diventatorono quasi tutti comunisti, anche se i comunisti non divennero certo liberali. Basti pensare alla parabola di un gobettian comunista come Augusto Monti. Anzi essi divennero stalinisti di stretta osservanza. A Bobbio non ebbi mai il coraggio di obiettarlo, ma questa è l’idea che ho maturato nei decenni. Mi piacerebbe invece un dialogo con Quaranta che ritengo un intellettuale onesto ed equilibrato che ho sempre stimato. In tempi in cui Filippo Burzio era ignorato e persino disprezzato, con Quaranta abbiamo ricordato insieme il grande intellettuale demiurgico . Anche Burzio non amava Gobetti. Anche a Bobbio mi permisi di dirlo perché Bobbio aveva studiato Burzio e lo aveva considerato un conservatore illuminato e non solo un antifascista. L’intervista inedita di Quaranta consente di riprendere una riflessione che appare sempre importante come ogni scritto di Bobbio.