Registrazione di una sconfitta storica, quella del femminismo. O forse no? E’ chiaro che oggi non esiste più neppure l’idea, neppure la percezione degli obiettivi che nel corso del Novecento animarono certe rivendicazioni a favore del mondo femminile. E non c’entra l’immigrazione, l’Islamismo, i nemici politici o religiosi. C’entrano piuttosto il capitalismo, la globalizzazione, la tecnologia, il conformismo ideologico e demagogico, la pervasività del denaro nella società occidentale. I loro portati pratici e valoriali hanno travolto e sconvolto la vita delle persone e delle relazioni sociali, rendendo sconfitte e sorprendentemente superate tesi e rivendicazioni che non molti decenni orsono sembravano essere al centro dell’interesse e dei dibattiti pubblici. Tra queste appunto il femminismo come inteso da generazioni di femministe e in particolare nei decenni del secondo dopoguerra. Occorre oggi onestamente e oggettivamente riconoscere che l’idea dell’indipendenza, della dignità, dell’emancipazione femminile, non passa attraverso la cosiddetta cultura dell’immagine, dove ciò che conta è ‘piacere’, sono i ‘like’ … è proprio agli antipodi. Non passa dallo sfascio della famiglia, con relativa disgregazione dei legami che da questo discendono e dalle connesse ‘protezioni’. Non passa neppure dalla parificazione tout court (per quanto giusta) di tutti i diritti formali, giuridici, economici, in una comunità che è necessariamente diversa per individualità, genere, obiettivi, speranze, aspettative, valori … perché questo si porta dietro una parificazione forzata che spiana e annulla ogni sensibilità, ogni convenzione relazionale proattiva, verso ‘l’altra metà del cielo’. Non passa neppure dalla ‘monetizzazione’ della ‘società liquida’, dove questo sta ad indicare solo la prevalenza su ogni altro discriminante del potere del denaro, che tutti compra e tutto corrompe … il femminismo non sta da quella parte e non ne trae giovamento. Se si può comprare tutto, si comprano anche le persone, in particolare quelle deboli, in particolare le donne, in particolare quelle giovani … questo non è femminismo, non è una rivendicazione di dignità personale, non è ‘io sono mia’. Cosa resta? Rimangono le ‘quote rosa’, rimangono le forzature del politicamente corretto nelle questioni di genere … ma tutto ciò è altra cosa. Rimane il femminismo inteso come accesso delle donne alle carriere e agli incarichi pubblici e privati, una sorta di femminismo di carriera individuale, cosa che è ormai ampiamente acquisita, talvolta anche con inversione delle parti tra i generi, e comunque è articolo ben diverso rispetto a quella evoluzione dei costumi che, sempre un po’ confusamente, si auspicava nelle manifestazioni di un tempo.