Verrà conferito alla memoria di Emilio Germano la più alta onorificenza di Israele, quella di “Giusto tra le nazioni”per il suo coraggioso impegno nel salvare Ebrei braccati da nazisti e fascisti. Germano lo fece per la sua innata e intrepida dolcezza di sentimenti, lui autentico cristiano e filantropo. Scrisse Galante Garrone all’atto della sua morte: “Moltissimi Torinesi hanno conosciuto Germano e lo ricordano per una sua caratteristica (piuttosto rara, specialmente al giorno d’oggi): una illimitata bontà ingenua e piuttosto disarmata.”
La morte di un figlio ancora bambino lo colpì provocandogli un dolore indicibile. Da allora si dedicò con passione alla causa delle adozioni, dando un grande contributo umano e giuridico per affrontare un problema ancora non risolto negli Anni Cinquanta. Questo suo impegno lo fece passare come un sostenitore dei diritti civili propri del mondo laicista. Ma la sua natura era altra. E gli va resa giustizia. Aiutò, a rischio della vita, molti partigiani. Valdo Fusi nel suo “Fiori Rossi al Martinetto scrisse di lui, anche se il suo operato fu diuturno e dicerto. Aiutò anche dei fascisti in pericolo di vita alla Liberazione di Torino, impedendo gesti efferati: una sensibilità, anch’essa nobilissima, che andò oltre la politica dell’odio di parte e della vendetta.
Lo conobbi quando Arrigo Olivetti lo invitò al Centro Pannunzio nella sede “catacombale“ di piazza Castello. Mentre stava tenendo una magistrale lezione, irruppero in sala dei goliardi che non osarono interromperlo, ma iniziarono a lanciargli in testa e attorno al palco degli aeroplanini di carta. Era il 1971. La goliardia sembrava morta, ma in quella occasione fece capolino. E ogni mio intervento per correre ai ripari fu inutile. Germano continuò a parlare imperterrito, indifferente alla stupida provocazione del tutto inspiegabile. Da vero signore egli non fece cenno all’incidente, mentre Olivetti tentò di scusarsi senza riuscirci. Lo vidi altre volte e un magistrato così non lo conobbi mai più: un uomo disponibile a capire gli altri, ad interessarsi dei loro problemi, privo totalmente di quella boria accigliata che spesso caratterizza certe toghe.