La scomparsa dell’ultranovantenne Dedi Casalegno, priva l’Italia di una grande testimone che fu vittima di una immensa tragedia: la barbara uccisione del marito, Carlo Casalegno, vittima del fanatismo assassino delle Br. Dedi è sempre stata in prima fila sul terreno del ricordo della del terrorismo, senza gli studiati oblii di certe altre vittime del terrorismo. Sposava la linea della fermezza di Massimo Coco, il grande musicista che aveva avuto il padre, Procuratore generale di Genova, trucidato dai brigatisti. Non amava i cedimenti di Mario Calabresi il figlio del commissario ucciso 40 anni fa dai sicari di Lotta continua, istigati da Sofri. Con Lei il Centro Pannunzio, quando si incominciò a parlare della concessione della grazia a Curcio ed ad altri terroristi fondò il Comitato “Carlo Casalegno“ di cui venne nominata presidente onoraria, per opporsi al facile, languoroso e forse ipocrita perdonismo verso i terroristi neppure pentiti. In tutte le manifestazioni promosse in ricordo di Carlo dal Centro Pannunzio fu sempre presente e si associò al Centro, di cui divenne socia sostenitrice. Mi consentì per preparare la bozza di una ricerca – faziosamente bocciata dalla Compagnia di San Paolo – di accedere all’archivio Casalegno e alla biblioteca di Carlo. Fu un’esperienza molto emozionante maneggiare le carte di Carlo che nessuno aveva toccato prima di me. Un atto, il suo, di estrema amicizia di cui Le sarò sempre grato. Era una donna dolce ma molto ferma nelle sue idee. Mi impose d’autorità al direttore Anselmi come relatore ufficiale nel ricordo di Carlo alla redazione della “Stampa” di via Marenco. Il mio discorso non piacque ad Anselmi, uomo molto fazioso che poco prima aveva definito Casalegno “uomo di destra“ e infatti nel pezzo di cronaca dell’evento a firma di Marina Cassi fece saltare il mio discorso, suscitando l’indignazione ironica di Dedi. Era una donna che aveva molto sofferto ma era anche una donna che era riuscita a tornare a vivere. Quanto cene con Lei e con Alberto Ronchey ed Arrigo Levi, quante telefonate cordiali, parlando di un giornale in sfacelo, dei sedicenti amici di Carlo, che approfittavano di una conoscenza di lavoro per vantare un’amicizia che non c’era mai stata anche perché Carlo li disprezzava, come mi disse più volte Dedi. E’ stata una donna con una forte dignità personale, a volte anche ironica verso le miserie della vita e del mondo del giornalismo. Si indignò quando l’ordine dei giornalisti accomunò faziosamente in una stessa manifestazione di ricordo Mauro Rostagno, tra i fondatori di “Lotta Continua” ed amico di Curcio e Carlo Casalegno, ucciso dai brigatisti rossi. Ci mancherà Dedi ,ma vogliamo dirle ,adesso che è mancata, che finché avremo vita, ricorderemo Carlo, come abbiamo sempre fatto. Egli è stato un maestro della nostra giovinezza che ha saputo mantenere una coerenza pagata con la vita. Non un maestro di parole ma di fatti, non di sterili esortazioni ma di nobili esempi. Un mazziniano che sentiva la lezione dei doveri come una religione laica della vita.
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