Nel giugno del 1946, nei giorni che seguirono il referendum istituzionale, serviva per la giovane Repubblica italiana un Presidente pacificatore. Curiosamente l’Italia scelse il suo primo Presidente fuori dal Parlamento. Fu scelto Enrico De Nicola, di tendenze monarchiche. Già Presidente della Camera nell’Italia prefascista, De Nicola era un avvocato napoletano, molto originale e privo della barocca teatralità dei suoi colleghi partenopei: “La retorica è il cloroformio delle corti d’Assise” scrisse in un appunto ritrovato nel suo archivio personale. Eletto Presidente provvisorio ‘ dall’Assemblea Costituente il 2 luglio 1946, De Nicola approdò a Montecitorio in incognito, con la sua valigia di cuoio, senza farsi precedere e seguire da motociclette e da automobili di scorta. Gli suggerirono di insediarsi al Quirinale, ma disse no perché, come Presidente provvisorio, non poteva risiedere in quella che era stata la reggia di monarchi effettivi. Fu mandato ad abitare a Palazzo Giustiniani, nell’appartamento più basso e più buio di Roma. Un giorno, ad un ministro che era andato a visitarlo, De Nicola confidò: “Ma lei lo sa che ogni mattina al primo visitatore devo chiedere se fuori piove o c’è il sole?”. Le ristrettezze economiche in cui versava non impedirono a De Nicola di rinunciare del tutto ai 12,5 milioni di lire dell’appannaggio annuale presidenziale. Senza appannaggio, con lo studio legale che risentiva della sua assenza, De Nicola non viveva nell’oro ed è in questo contesto che il Capo dello Stato indossava un cappotto logoro e rivoltato, anche quando andava in missione. In principio quel Presidente così strano e originale fu circondato da sguardi stupiti. Poi qualcuno dell’entourage sussurrò: “Eccellenza, ma il cappotto…”. Finché un bel giorno, contro la volontà del Capo dello Stato, il paltò fu portato in riparazione da un sarto napoletano, che lo aggiustò gratis. La storia del cappotto rivoltato risale ad una stagione di stenti collettivi ed appartiene ad un personaggio, Enrico De Nicola, che aveva fatto del rigore la sua unica ragione di vita. Il successore di De Nicola, il piemontese Luigi Einaudi (era nato a Carni, in provincia di Cuneo nel 1876) non fu da meno. Per indole non per imitazione. Egli nella sua guerra all’inflazione, aveva una specie di fissazione per gli sprechi, al punto da biasimare pure gli incassi crescenti per i biglietti del cinema che toglievano risorse al risparmio privato. Di Einaudi rimane memorabile e proverbiale l’aneddoto della pera tagliata a metà. Durante un incontro conviviale al Quirinale con la redazione del “Mondo”, Einaudi offrì a Flaiano mezza della sua pera. Lo scrittore accettò e venti anni più tardi descrisse l’episodio ne la Solitudine del satiro. Con Enrico De Nicola e Luigi Einaudi, ci fu il “boom”, del risparmio e l’Italia conobbe, dal punto di vista economico uno dei momenti migliori della sua storia. L’analfabetismo crollò sotto il 10%. La Borsa crebbe ad un ritmo annuo del 14%. La Fiat aumentò enormemente la produzione, passando da 71.000 a 650.000 veicoli all’anno. Nacque la televisione e i televisori che nel 1954 erano 88.000, arrivarono a 634.000. “Il simbolo della voglia degli italiani di competere e di distrarsi fu “Lascia o raddoppia?” il quiz televisivo condotto dal presentatore italo-americano Mike Buongiorno dal 19 novembre 1955. Durante la trasmissione settimanale del seguitissimo programma (alla Rai giunsero 300.000 richieste di partecipazione), i bar dotati di televisori aumentavano i prezzi delle consumazioni, mentre le sale cinematografiche sospendevano la programmazione per trasmettere le puntate sul grande schermo. Lo strepitoso sviluppo che l’Italia subì sotto il profilo della economia e del costume negli anni ’50, suggerì all’inviato del quotidiano britannico “Daily Mail” la definizione dì “Miracolo Economico” per sintetizzare l’efficienza e prosperità del sistema produttivo italiano”.
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