Syphilis sive de Morbo gallico (Verona 1530), è un’opera di Girolamo Fracastoro, considerato il fondatore della moderna patologia; è da quel momento che la terribile malattia della sifilide, o lue, viene indicata come “mal francese”. Qui, però, è di un altro mal francese di cui voglio parlare. Un antipatico male che mescola arroganza, superbia, supponenza ed un malsano complesso di superiorità per cui qualcheduno, nel vicino Esagono, si sente in diritto di darci lezioni, soprattutto di umanità in tema di migranti, cosa che ha dato il via alla malaugurata crisi diplomatica tra Francia ed Italia di questi giorni. Per sgomberare, preliminarmente, il campo da ogni equivoco, dirò che neppure alla lontana sono affetto dall’altrettanto antipatica malattia che si chiama gallofobia o misogallismo (dall’opera di Vittorio Alfieri intitolata Il Misogallo). Dirò di più: la Francia è il paese europeo dove – assieme alla Germania e al mondo tedesco in generale, ma per altri motivi – più mi sento a casa mia (a parte l’Italia, ça va sans dire). Della douce France mi piacciono la cucina, la letteratura, il modo di vivere e tantissime altre cose che qui è inutile nominare. Da decenni mi occupo di storia e cultura nizzarda, alcune mie pubblicazioni sono state lette anche in Francia e nessuno (accetto più che volentieri qualsiasi critica, anche aspra, purché fondata), ripeto nessuno, ha potuto mai accusarmi di gallofobia, perché illustrare le radici italiche di Nizza non è gallofobia e ho sempre cercato di essere il più obiettivo possibile. A chi accusa l’Italia di scarsa umanità nella questione del trattamento dei migranti, rispondo che i malati e le donne gravide sono stati da noi sempre aiutati e curati, anche quando erano entrati clandestinamente nel nostro territorio, così come prescrivono le leggi dell’umanità. Ho, invece, ancora davanti agli occhi l’ignobile scena dei gendarmi francesi che strappano giù dal predellino del treno una donna palesemente incinta e la bastonano con i manganelli. Già, la gendarmeria francese, ha avuto una storia non sempre gloriosa; un bellissimo film del 1976, Monsieur Klein, diretto da un grandissimo regista (Joseph Losey) ed interpretato da un grandissimo attore (Alain Delon) non ha avuto il successo che meritava poiché metteva in luce una verità scomoda: la spietata retata degli ebrei parigini conosciuta come retata del Velodromo d’Inverno, non è stata operata dai nazisti (con tutto ciò che hanno fatto non c’è davvero la necessità di addossargli anche colpe altrui), ma dalla gendarmeria francese. Più o meno nello stesso periodo il questore di Fiume, Giovanni Palatucci, rischiava la pelle (finì a Dachau in campo di concentramento per altri motivi) fornendo agli ebrei, fiumani e non, documenti falsi che occultavano la loro origine e salvandoli così dal trasferimento in quelle amene località di villeggiatura che si chiamavano Auschwitz, Buchenwald, ecc. Eh sì, i poliziotti francesi non sono stati tutti sempre così simpatici come il grande commissario Maigret, il personaggio partorito dalla fantasia del belga Georges Simenon. Anche in Europa orientale, notamente in Ucraina, ci sono stati spaventosi pogrom e cacce all’ebreo, dei quali responsabili è stata la popolazione locale, ma questo non si può dire poiché ultimamente gli ucraini sono stati tutti santificati e se lo dici sei amico di Putin, ma vah… Inutile tornare troppo indietro con la storia, ma voglio ricordare l’impegno di Garibaldi a favore della Francia nel 1870 e dei suoi nipoti nel 1914, quando organizzarono una legione di volontari, i famosi garibaldini delle Argonne e due di loro, Bruno e Costante, caddero in combattimento. Un loro fratello, Ricciotti Junior detto Ciotti, che spero non si voglia accusare di gallofobia, lasciò scritta questa frase, che pubblico senza commento, nel suo libro I fratelli Garibaldi dalle Argonne all’intervento, libro fortunato che ebbe più di un’edizione: “Che la guerra italiana sia stata bene o male diretta, che i vantaggi contrattati e contrastati, non hanno corrisposto ai diritti della nostra gente; che gli Alleati per i quali ci battevamo fossero gli stessi che nel ’48 e nel ’49 uccisero la Repubblica Romana; che nel ’59, per l’aiuto militare concessoci si prendevano 60 milioni del nostro denaro, e quello che contava di più, due delle nostre Province; e che ci contrastavano e ci contrastano il libero progresso dei nostri pionieri in Tunisia; o che negli anni dolorosi, ma pur vittoriosi per noi, ci contendevano territori che per diritto di sangue ci appartengono; altre generazioni dopo le nostre, rimetteranno i conti a posto”. Adesso sono altri i conti da rimettere a posto: per esempio con la signora Colonna (non Colonnà, è nata a Tours da genitori corsi ed i cognomi corsi e nizzardi vanno pronunciati à l’italienne, mi dispiace), che ha inanellato una serie di corbellerie contro l’Italia, quell’altra ministra che vuole vigilare sul tasso di democrazia di un governo liberamente eletto dal popolo italiano, ecc. Ma, in fondo, essi fanno solo il loro mestiere di politicanti, non vi è nulla di cui stupirsi. Ciò che stupisce e addolora, invece, è che politicanti italiani si siano accodati ai denigratori dell’Italia. Quando c’è un attacco – oltretutto interessato – dall’esterno, si sta tutti uniti, i nostri conti ce li regoleremo tra noi nelle dovute maniere, senza andare a fare i lacchè di estranei. Mi auguro che presto i rapporti franco-italiani tornino sereni. Non dimenticherò presto, però, i nomi di quei politicanti italioti che si sono accodati agli assurdi ed ingenerosi insulti giuntici da Parigi.
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