Chi fece per viltà il gran rifiuto? E’ un altro punto controverso della Divina Commedia anche se quasi tutti gli studiosi, per primo l’ignoto autore ,quasi contemporaneo, delle “Chiose”, lo attribuiscono al povero Celestino V, al secolo Pietro da Morrone (1210 ?- 1296 ), per essersi dimesso da Pontefice aprendo la strada alla elezione papale di Benedetto Caetani (1234- 1303), che prese il nome di Bonifacio VIII, il grande avversario di Dante, che lo definì “Il principe dei nuovi farisei”(Inferno – c.XXVII – v.85 ). E proprio questa avversione, che porta Dante a condannarlo all’Inferno, prima che morisse effettivamente nel 1303. L’immaginario viaggio dantesco è datato nella Settimana Santa del 1300, mentre nella realtà il poema fu scritto anni dopo, quando effettivamente Bonifacio era defunto, ma la polemica non era cessata per cui molti sono stati indotti a questa identificazione con Celestino V. Ma, anche qui ragioniamo: è possibile che Dante disistimasse tanto il povero Pietro da Morrone, il Pontefice della “Perdonanza”, e non conoscesse la sua precedente esemplare vita eremitica ? Fermiamoci ed osserviamo quanti personaggi sono citati nel poema. Sono centinaia: imperatori, re, regine, ecclesiastici, politici, filosofi, scienziati, condottieri, letterati ed altri, prima e dopo la venuta di Cristo, ma manca stranamente proprio un nome, quello di Ponzio Pilato! Giuda, traditore è nelle fauci di Satana, insieme con Bruto e Cassio, quindi è ben chiara per Dante la colpa e la massima pena per chi consegnò il Cristo nelle mani dei suoi nemici del Sinedrio, ma la condanna a morte doveva essere ratificata dall’autorità romana, impersonata appunto da Pilato, il quale, malgrado la supplica della moglie, si fece portare dell’acqua e se ne lavò le mani. Quale maggiore viltà ,non avendo trovato in Gesù alcuna colpa, di restituirlo al potere giudaico perché fosse crocifisso. Forse il timore fisico delle reazioni anche violente del popolo di Gerusalemme che aveva preferito che fosse concessa la libertà a Barabba invece che Gesù! Perché Dante non mette allora Pilato nell’Inferno? Ci aveva messo dei Papi ed esitava per un proconsole romano? Perché ignorarlo del tutto? In fondo Pilato non condannò Gesù per cui questa processione di spiriti di persone “che visser senza infamia e senza lodo” (Inferno –c.III- v.35), ben si adattava alla sua figura, tanto che ancor oggi si dice “pilatesca”, la mancanza di una decisione chiara e netta!