Nel 2009  presentai una proposta di legge alla Commissione Giustizia della Camera, di cui ero membro.

Quel mio progetto legislativo potrebbe risultare tuttora degno di attenzione.

All’epoca, ogni tentativo di riforma della giustizia veniva rimandato alle calende greche, argomentando che il Presidente della Repubblica non l’avrebbe mai controfirmata perché non del tutto aderente alla Costituzione, la nostra Magna Carta da sempre elasticizzata e tirata da tutte le parti come la famigerata pelle.

Era la stagione nella quale Forza Italia mirava più ai salvacondotti per Silvio Berlusconi che ad una qualche messa a punto della macchina giudiziaria.

Delle incisive riforme – ma il particolare sfuggiva agli Angelino Alfano ed ai Gianni Letta -, sarebbero state utili a rendere giustizia sia a Silvio, sia ai tanti signori Nessuno schiacciati da anni di tribolazioni giudiziarie fondate sui castelli in aria di un pubblico ministero di parte.

Visto che la Costituzione veniva tirata in ballo per giustificare inerzia e rinvii, mi venne in mente di stilare una proposta che di incostituzionale aveva soltanto l’eccesso di costituzionalità.

Proposi, cioè, che il Csm di gran lunga esondato, per lievitazione corporativa, dai compiti assegnati dalla Costituzione, tornasse ad occuparsi esclusivamente di quanto espresso nell’art. 105:

«Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati».

Mi aspettavo non applausi, trattandosi dell’uovo di Colombo, ma almeno approvazione e consenso, dato che intendevo togliere, ad esempio, ogni possibilità di comizi e di sparate ideologiche e corporative, a cominciare dalle pratiche a tutela di un magistrato colto in flagranza di premeditata ibridazione tra codici e opera omnia di Lenin.

La Commissione Giustizia, allora presieduta da Giulia Bongiorno, valida avvocatessa, ma, in quegli anni, utilizzata da Gianfranco Fini come guastatrice nei confronti del Pdl e di Berlusconi, decise di non incardinare la proposta sul Csm non più Praesidium del Soviet Supremo, ma risospinto ben dentro il dettato costituzionale.

Il testo dovrebbe trovarsi ancora lì, ma chiunque potrebbe in pochi minuti riformularlo e ripresentarlo.

Resto in attesa di veder finalmente varata una legge costituzionale per eccesso, che faccia dimenticare il CSM combattente, riconducendolo ai compiti previsti dai padri costituenti: assumere, assegnare, trasferire, promuovere –  la progressione automatica della carriera rende, però, pleonastico tale verbo – dedicarsi ai provvedimenti disciplinari.

A proposito della sezione disciplinare,  sarebbe utilissimo alla salute pubblica un Csm, oggi spudoratamente  innocentista più che garantista, teso a sanzionare e magari cacciare i magistrati indegni, megalomani, politicamente impegnati.