Cari lettori del Pannunzio Magazine, in questi tempi di grande incertezza e di diffusione di notizie false, frammentarie o inesatte, sento l’esigenza professionale di fare un po’ di chiarezza riguardo alla creazione e produzione del vaccino, che ci permetterà di proteggere la popolazione, anche negli anni futuri, dal Coronavirus. Sono una Biologa e ai tempi degli studi alla Facoltà di Medicina, presso l’Istituto di Farmacologia, dove ho svolto il laboratorio che ha portato alla stesura della mia tesi di laurea, mi sono occupata di virus e farmaci antivirali. Produrre un vaccino non è cosa semplice, soprattutto richiede dei tempi tecnici che sono incomprimibili, appena limabili, comunque si parla di vari mesi, almeno un anno.
La prima fase di questo percorso è comprendere come il virus si trasmette, entra nell’organismo umano e si replica, e poi identificare quali sono gli antigeni (i componenti del virus) in grado di attivare una risposta del sistema immunitario, capace di eliminare o bloccare l’agente patogeno.
Una volta identificato il potenziale vaccino, è necessario condurre degli studi “in laboratorio”, utilizzando colture di cellule (in vitro) e modelli animali (in vivo) per valutare la risposta immunitaria, l’efficacia protettiva del vaccino da sviluppare e il suo profilo di sicurezza. Terminata la sperimentazione preclinica, se i dati ottenuti indicano che il vaccino è sufficientemente sicuro e potenzialmente efficace, si passa a quella nell’uomo (clinica).
Nella prima fase si studia il vaccino in poche persone (tra 20 e 80), dopo di che il numero di persone da coinvolgere aumenta fino ad arrivare ad alcune migliaia. Ogni passaggio di questo processo è monitorato e autorizzato dalle agenzie regolatorie e dai comitati etici. In situazioni di emergenza come questa, le autorità sanitarie possono consentire che si passi a una sperimentazione nell’uomo in tempi più brevi e che si coinvolga in fasi sperimentali precoci un maggior numero di persone. Ma il principio di precauzione (primo non nuocere) non può venire meno; solo in caso di infezioni caratterizzate da un elevato rischio di morte (come nel caso di Ebola) può essere eticamente accettabile che i rischi legati alla limitata conoscenza e all’incertezza siano maggiori rispetto allo standard abituale.
In ogni caso, anche se, come ipotizzato da alcuni gruppi di ricerca, sarà possibile identificare entro 3-4 mesi uno o più vaccini con dati sufficienti sulla sicurezza e l’immunogenicità (capacità di stimolare una risposta del sistema immunitario) per poter procedere con la sperimentazione nell’uomo, è alquanto inverosimile che sia possibile una sperimentazione su un gruppo numeroso di soggetti prima del prossimo anno.
Cosa fare in attesa della disponibilità di un vaccino?
Per fermare l’epidemia sono importanti le misure di contenimento messe in atto dal Governo: identificare le persone che presentano i sintomi dell’infezione ed effettuare il test per verificare la presenza del virus, tenere in isolamento i casi positivi, rintracciare le persone che hanno avuti contatti stretti e prolungati con le persone ammalate e monitorare il loro stato di salute.
Come si produce fisicamente il vaccino messo a punto dai ricercatori?
Nel processo di produzione del vaccino le uova giocano un ruolo essenziale, perché forniscono le condizioni necessarie e il nutrimento adatto.
Le uova necessarie per la preparazione del vaccino devono provenire da allevamenti che certifichino la mancanza di patologie anche benigne e vengono tenute in un locale riscaldato, che viene mantenuto a una temperatura costante di 20 gradi.
In queste viene iniettata una piccola quantità di virus. Ciascuna siringa viene usata su un singolo uovo e inietta 2 millilitri di soluzione con il virus vivo da attenuare. Le uova vengono poi messe in un incubatore a 35 gradi per 72 ore, per permettere al virus di crescere. Quando le uova escono dall’incubatore, vengono trasportate nell’area di raccolta dove si usa un grosso taglia uovo per rimuovere la parte superiore del guscio.
La lama corre lungo la parte alta e una sonda risucchia il liquido allantoico, quello vicino al guscio, contenente una quantità del virus attenuato e riprodotto; questo processo viene ripetuto ogni 12 ore, trasportando il virus attraverso molte uova, per giorni, per mesi, sino a che non perde o attenua molto la capacità di dare la malattia e i sintomi violenti della stessa.
A volte il virus può mutare e il vaccino non sarà perfetto ma comunque darà una certa immunità. Anche il vaccino per il Coronavirus sarà un vaccino attenuato; questa strategia consente un indebolimento del virus che quindi si riprodurrà con molta difficoltà all’interno dell’organismo umano, essendo comunque in grado di stimolare il sistema immunitario ma non di determinare la malattia. Talvolta, seppur raramente, durante la replicazione del virus indebolito si possono manifestare sintomi lievi che ricordano la malattia contro cui il preparato vaccinale protegge. I vaccini contro il morbillo, la parotite, la rosolia, la varicella e l’herpes zoster sono costruiti con questa tecnica. Speriamo venga approntato velocemente quello per il Coronavirus.