Il primo marzo di quest’anno, a soli tre giorni dall’inaugurazione della sua prima mostra in Italia a Palazzo Pallavicini di Bologna, Jack Vettriano, l’autore del celebre The Singing Butler, ci ha lasciati. La sua scomparsa porta con sé una triste ironia: l’Italia ha avuto un ruolo non solo nella sua nascita, ma anche nell’addio di questo amato pittore scozzese, la cui opera è tra le più iconiche e riprodotte al mondo. Jack, nato nel 1951 a Methil, in Scozia, portava nel suo nome un legame profondo con l’Italia. Suo nonno, infatti, era un ciociaro di Belmonte Castello, emigrato in Scozia per lavorare in miniera. In seguito, Jack, inizialmente chiamato Hoggan, scelse di adottare il cognome Vettriano, modificando leggermente quello della madre, Vittraino. Un gesto che, forse, testimonia l’importanza delle sue origini italiane, che lo accompagnano fino alla fine della sua vita. Proprio in questi giorni di marzo, la sua prima mostra italiana, preparata con nuovi inediti, si è trasformata anche in un tributo postumo, diventando la sua prima celebrazione. Una beffa del destino, o forse un regalo inaspettato? La vita di Jack Vettriano prese una svolta determinante quando, a ventun anni, ricevette in regalo dalla sua fidanzata un set di pennelli e acquerelli. Nonostante fosse destinato a una carriera segnata dalla povertà, lavorando in miniera per aiutare la famiglia, quel dono cambiò radicalmente la sua esistenza. Si lanciò nell’arte da autodidatta, copiando i maestri del passato. Non potendo permettersi una formazione accademica, prese ispirazione da tutti, cercando un proprio stile che fosse immediato e accessibile. Quindici anni dopo aver scoperto la sua vocazione, nel 1988, Vettriano inviò due dipinti all’Accademia Reale Scozzese: furono venduti lo stesso giorno, attirando l’attenzione dei mercanti d’arte. Da lì iniziò una progressiva ascesa alla notorietà che lo portò a esporre nelle gallerie più prestigiose del mondo, guadagnandosi l’amore del pubblico. Tra i suoi collezionisti figurano nomi celebri come Jack Nicholson, Sir Tim Rice, Sir Alex Ferguson, Robbie Coltrane e Madonna. Nel 2004, la Regina Elisabetta lo insignì dell’onorificenza OBE per i suoi servizi alle arti visive. Lo stesso anno, la sua opera più celebre, The Singing Butler, fu venduta per 750.000 sterline, dando vita anche a un documentario dal titolo Jack Vettriano: The People’s Painter. Nonostante la popolarità, la critica d’arte “alta” ha sempre guardato con sufficienza alla sua produzione, accusandolo di essere troppo commerciale, derivativo o addirittura misogino. Un’etichetta che Jack ha sempre considerato ingiusta. Forse sarà il tempo a rendergli giustizia, ma il riconoscimento più grande per lui è stato l’affetto del pubblico e, simbolicamente, il tributo di Banksy. Tre giorni dopo la morte di Vettriano, il 4 marzo, un dipinto di Banksy, intitolato Crude Oil (Vettriano), ispirato proprio a The Singing Butler, è stato venduto all’asta da Sotheby’s per oltre 5 milioni di dollari. Il dipinto, appartenente al musicista Mark Hoppus della band Blink-182, riprende l’immagine iconica di Vettriano, aggiungendo però una petroliera che affonda sullo sfondo e due uomini protetti da tute antiradiazioni mentre trasportano rifiuti tossici sulla spiaggia. Un riferimento potente al nostro tempo, ma anche un omaggio inaspettato a Vettriano.Tra le molte opere di Vettriano, The Singing Butler è senza dubbio la più famosa. L’immagine di un uomo e una donna che danzano sulla spiaggia sotto un cielo tempestoso, circondati da vento e pioggia, è entrata nell’immaginario collettivo. I loro abiti eleganti e le movenze raffinate evocano classe e un certo erotismo, mentre ai lati della scena, il maggiordomo e la cameriera cercano di proteggerli con gli ombrelli. Il maggiordomo canta Fly Me to the Moon, una melodia che sembra quasi risuonare nell’aria. Come in molte delle opere di Vettriano, i volti sono celati, aumentando il mistero sulla loro identità e i loro pensieri. In questa scena, tra sogno e realismo fotografico, si intrecciano malinconia, struggimento e una bellezza senza tempo.
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