Questo gennaio è iniziato all’insegna del Covid e di una non troppo mascherata forma di lockdown, dovuta all’innalzarsi del numero dei contagi, soprattutto tra i giovani e i giovanissimi. L’interrogativo che emerge riguarda, però, un processo parallelo di progressiva disumanizzazione dell’umanità, mi si perdoni il gioco di parole, cui si sta progressivamente assistendo da quasi due anni. Forse a rendere questo percorso progressivo, speriamo non inarrestabile, concorrono certo il proseguire del contagio, nonostante i vaccini, anche se grazie a loro decisamente meno grave, e la progressiva disillusione degli individui nei confronti di un rapido ritorno alla normalità. Questa situazione di allontanamento e progressiva disumanizzazione mi suggerisce un parallelismo con un’opera davvero molto profonda dello scrittore Jose’ Saramago, dal titolo ‘Cecità’, romanzo del Premio Nobel portoghese, pubblicato nel ’95. Testo amaro, spietato, a tratti difficile, il romanzo di Saramago presenta una cecità, che è da contagio, come nel caso della peste nell’opera di Camus, e che costituisce semplicemente il pretesto per riflettere sull’uomo, sulle sue relazioni interpersonali, sui rapporto di forza, esasperando nella cornice dell’internamento le ordinarie caratteristiche dell’animo umano. La comunità dei ciechi è costretta a organizzarsi per la sopravvivenza e vengono, così, ad emergere le personalità in grado di fare i leader, provocando l’insorgere di conflitti e le brutture di una condizione che risulta degradata al livello animalesco. Sorge spontanea la domanda su fino a che limite possa giungere la malvagità umana in un mondo di disperati. Se la disperazione fosse generata da una pandemia incontrollata capace di rendere chiunque cieco, sarebbe ancora possibile conservare un briciolo di umanità o, piuttosto, l’individuo, per paura e per spirito di sopravvivenza, diventerebbe presto una sorta di belva in una società senza regole? ‘Cecità’ di Saramago rappresenta uno scavo nel profondo dell’animo umano, mettendo a nudo l’aspetto animalesco che è sopito in ognuno di noi. Ha rappresentato, davvero, un romanzo profetico e anticipatore dei tempi sospesi e difficili che stiamo vivendo. Nel libro il prossimo diventa il pericolo dal quale fuggire, per non essere contagiati e il nemico da imprigionare. Se probabilmente oggi, in epoca di Covid potrebbe sembrare ancora più dura la lettura di questo romanzo di Saramago, tuttavia potrebbe davvero essere istruttiva, indicando fin dove possano spingersi l’egoismo del singolo e la sua cattiveria, che si espanderebbero, proprio come in una guerra, con un aumento incontrollato della violenza. Rimane, però, un messaggio molto importante da trarre da questa lettura, un monito che emerge da questo romanzo e che è tanto più attuale in un’epoca come questa di pandemia, improntata a un sempre maggior individualismo. Solo la solidarietà, l’aiuto reciproco, l’empatia e la comprensione rappresentano i sentimenti che ci rendono pienamente umani e ci consentono di superare, uniti, seppur momentaneamente più distanti fisicamente, le avversità della vita.
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